#2 Legge e giustizia: Giustizia e retroattività
È giusto che con la nascita di un nuovo ordinamento giuridico si applichino delle norme che dichiarano fuori legge un comportamento che prima non era sanzionabile? È giusto quindi punire retroattivamente?
Nei primi anni del dopoguerra, nelle aule dei tribunali internazionali di Norimberga, Varsavia e di altre città europee si svolgevano i processi contro i “crimini di guerra” compiuti dagli alti ufficiali nazisti coinvolti nella seconda guerra mondiale e nella Shoah. La decisione di sottoporre a processo i principali esponenti dell’Asse venne presa ancora prima della fine del conflitto e durante il celebre Processo di Norimberga, rispettando la decisione di Winston Churchill, Franklin Delano Roosvelt e Stalin, gli imputati vennero giudicati tramite leggi retroattive.
Ed è proprio sulla retroattività della legge che vorrei focalizzarmi in questo articolo:
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E’ corretto applicare sanzioni sulla base di leggi che vanno a punire crimini compiuti sotto un altro ordinamento giuridico?
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È giusto che con la nascita di un nuovo ordinamento giuridico si applichino delle norme che dichiarano fuori legge un comportamento che prima non era sanzionabile? È giusto quindi punire retroattivamente?
Dal punto di vista strettamente giuridico questo processo ha prestato il fianco fin da subito e negli anni successivi a numerose critiche. Il terreno è scivoloso e vorrei cercare di far chiarezza in merito, facendo da megafono per la voce di alcuni dei più grandi giuristi del Novecento.
In effetti, partendo proprio dal caso emblematico che tale processo rappresenta, è possibile esporre l'opinione di alcuni studiosi che si sono dimostrati dubbiosi sulla sua legittimità.
Attenzione, in questo senso non si sta parlando di un giudizio morale che voglia assolvere gli imputati dalle atrocità compiute durante la Seconda guerra mondiale, si sta piuttosto cercando di definire quei criteri che permettano di elaborare un modello legislativo fondato su premesse solide ed eventualmente riapplicabili in futuro.
Un esempio di perplessità nei riguardi della legittimità del processo venne sollevato da Otto Stahmer, invocando il principio Nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali. La prima formulazione di tale principio di giustizia, che mira alla salvaguardia delle libertà individuali e vieta di incriminare un comportamento non proibito dal diritto al momento della sua commissione, risale alla Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, incarnazione delle rivendicazioni dei rivoluzionari francesi, che reclamavano sicurezza e autonomia dal potere politico.
Credo sia fondamentale in materia il contributo di uno dei più grandi giuristi del Novecento, Hans Kelsen.
Un punto chiave del suo pensiero è questo:
Se i principi applicati nel giudizio di Norimberga dovessero diventare un precedente, allora al termine della prossima guerra i governi degli stati vittoriosi giudicherebbero i membri degli stati sconfitti per aver commesso crimini definiti tali unilateralmente e con forza retroattiva dai vincitori. C’è dunque da sperare che questo non avvenga.[1]
Cosa ci vuole dire Kelsen con queste parole?
Il suo ragionamento è più immediato di come appare. Se dovessimo dare la possibilità di riapplicare il principio della giustizia retroattiva come avvenne per Norimberga, siamo sicuri che in ogni caso possa rappresentare una strada efficace?
Proviamo ad esempio a immaginare un caso pratico per rendere il tutto più chiaro:
Immaginiamo che in un governo democratico nell'istante temporale X vengano emanate nuove leggi. Secondo l’ordinamento giuridico in vigore prima del momento X il matrimonio tra persone con i capelli di colori diversi non consisteva in un reato punibile con una sanzione. La nuova legge che viene formulata al tempo X afferma, invece, che il matrimonio tra persone con colore di capelli differente non è ammesso. Ne consegue che tutti coloro che si erano sposati prima del momento X e si trovano in un matrimonio di questo tipo, se la retroattività della legge è ammessa, devono essere processati e incriminati, con una pena stabilita dalla nuova legge che propone la reclusione dai 6 ai 12 anni.
Il mio esempio è volutamente fantasioso e poco realistico nella scelta del crimine di “avere un coniuge con il colore di capelli diverso dal proprio”, per evitare di scendere in un terreno legato alla moralità dei singoli lettori.
Alla luce dell’esempio potremmo affermare che non sia corretto applicare una legge retroattivamente, in quanto renderebbe molto arbitrario il criterio di applicazione della stessa, portando anche a negare diritti preesistenti. In effetti il principio di irretroattività della legge penale incriminatrice è una conquista della civiltà di fronte alle invadenze arbitrarie dei poteri costituiti.
Quindi potremmo dire che in generale la retroattività della legge rappresenta un punto molto delicato degli ordinamenti giuridici.
Ritornando al Processo di Norimberga, sorge la necessità di chiedersi se il tribunale istituito nel 1945 avesse calpestato progressive conquiste della civiltà a partire dalla Dichiarazione dei Diritti dell’uomo del 1789, o se piuttosto la violazione del principio di irretroattività della legge penale potesse essere giustificato da superiori esigenze di giustizia.
In effetti lo stesso Kelsen, pur avendo sollevato la questione, nei suoi scritti sul processo di Norimberga e il diritto internazionale rifiuta fermamente di riconoscere l’innocenza morale di coloro i quali erano responsabili per il crimine internazionale della seconda guerra mondiale. Davanti al male assoluto, Kelsen riconobbe che:
la giustizia richiede la punizione di questi uomini.
Opzione resa praticabile proprio dall’introduzione di sanzioni retroattive, giustificabili nella misura in cui:
[tra] due postulati di giustizia in conflitto l’uno con l’altro, prevale il più alto e il punire coloro i quali erano moralmente responsabili per il crimine internazionale della II guerra mondiale può certamente essere considerato come più importante che osservare la regola che si oppone alle leggi ex post facto, aperta del resto a così tante eccezioni. [2]
Il filosofo austriaco si oppone fortemente all'idea dell'esistenza di un ideale di giustizia assoluta sempre valido, avendo l'accortezza, allo stesso tempo, di evitare una ricaduta nel relativismo totale dei valori. È quindi bene capire che la giustizia si può dire relativa, ma le diverse posizioni possono sempre essere confrontate tra loro e messe in una scala gerarchica. Tornando al caso preso in esame: confrontando la giustizia nazista con quell'ideale di giustizia proposto nel Processo di Norimberga, è chiaro come la seconda sia di grado molto più alto. Infatti, dal processo è scaturita una condanna nei confronti dei capi nazisti per crimini di guerra, contro la pace e contro l'umanità.
Alla luce di questa analisi possiamo sostenere la possibilità di giustificare, una tantum e in momenti storici eccezionali, la violazione del principio di irretroattività della legge, in virtù dell'affermazione di quei valori che rendono la vita umana degna di essere vissuta.
Approfondiamo assieme
Come funziona attualmente l'ordinamento giuridico italiano in materia di leggi retroattive?
Come regola generale le norme giuridiche non hanno effetto retroattivo[3]: esse, cioè, possono regolare solo casi sorti successivamente all’entrata in vigore della norma stessa e non quelli, invece, già realizzatisi.
Nel caso delle norme penali il regolamento è differente:
- quelle che comportano un trattamento più sfavorevole a chi ha commesso un reato (per esempio un inasprimento di pena) non possono mai avere efficacia retroattiva;
- al contrario, le norme penali che comportamentano un trattamento più favorevole (per esempio, cancellano un reato, diminuiscono una pena, ecc.) assumono sempre efficacia retroattiva.
C'è poi il caso delle sentenze della Corte Costituzionale
Le sentenze della Corte Costituzionale hanno, di fatto, valore retroattivo perché esse (quando accolgono un ricorso) cancellano dal nostro ordinamento una legge. In pratica è come se la norma non fosse mai esistita e ciò non può che riversarsi anche sui fatti passati perché il giudizio di contrarietà della disposizione alla nostra Costituzione riguarda non solo il presente e il futuro, ma anche il passato.
Per esempio, se una sentenza della Corte Costituzionale cancella un’agevolazione fiscale, i contribuenti saranno chiamati a versare la differenza.
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