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#3 Legge e giustizia: Distruggere un Van Gogh

Di recente, ha fatto scalpore il caso delle due attiviste che hanno imbrattato I Girasoli di Van Gogh per portare all’attenzione del pubblico un messaggio ambientalista: da quel momento in poi, si è scatenata un'ondata di proteste quanto mai controversa. Parliamone.

#3 Legge e giustizia: Distruggere un Van Gogh

Il 14 ottobre 2022, le due attiviste del gruppo ambientalista Just Stop Oil[1] Phoebe Plummer e Anna Holland hanno lanciato della zuppa di pomodoro contro il celebre quadro I Girasoli di Vincent Van Gogh, incollandosi poi alla parete del museo con indosso delle magliette riportanti il nome del loro movimento. Il quadro in questione, esposto alla National Gallery di Londra, non ha subito danni perché protetto da un vetro; nondimeno, il gesto ha avuto una risonanza mediatica vastissima e una ondata di emulazioni[2] in tutte le maggiori gallerie occidentali.

Cerchiamo, quindi, di chiederci: quali sono i motivi di quest'azione? La risposta è apparentemente semplice: attirare l’attenzione del pubblico sui problemi ambientali del nostro tempo. Di fronte a un simile atto, però, le reazioni sono state principalmente sfavorevoli: in moltissim* hanno definito questo genere di protesta una follia estremistica, un gesto da bambini viziati o un nonsense tale da, addirittura, allontanare le persone dalla causa ambientalista.

La risposta delle attiviste risuona con altrettanta potenza: “Cosa vale di più: l’arte o la vita?” – ha dichiarato Plummers – “L’arte vale più del cibo? Più della giustizia? Siete più preoccupati di proteggere un dipinto che il nostro pianeta e le persone?”. Il concetto viene ribadito anche in un tweet sul profilo di Just Stop Oil[3]: “milioni di famiglie inglesi non riusciranno a permettersi di riscaldare neanche un barattolo di zuppa questo inverno”. In altre parole, il messaggio di quest* attivist* è che l’imminente disastro climatico e sociale deve essere messo sotto gli occhi delle persone in qualsiasi modo – e un atto eclatante è il modo perfetto per raggiungere l’obiettivo di svegliare le masse.

In questa accesa diafonìa di punti di vista, tornano in mente le parole di Lepido ne “Il sogno” di Leon Battista Alberti: “Stai attento a non credere vuoto quel che è pieno di follia”[4]. In altre parole, ritenere che degli atti che noi giudichiamo folli e irrazionali siano privi di significato può essere pericoloso. Questo lo mostra bene anche il Penteo delle Baccanti di Euripide[5], che ritenendo il culto di Dioniso qualcosa di vergognoso, insensato e folle, decide di scacciare tale dio dalla città di Tebe: le conseguenze, per lui, saranno disastrose. Allo stesso modo, è assodato che la nostra reazione immediata di fronte ad atti folli è quella di giudicarli come inutili e nocivi; tuttavia, si fa poderosamente avanti la necessità di fermarsi a riflettere per ricostruire il pensiero che c’è dietro a ciò che abbiamo guardato con stupore e fastidio. Se non facciamo così, rischiamo di non capire qual è la vera notizia: in questo caso, cioè, il secco rifiuto di fronte al mondo disastrato dei nostri padri da parte di una generazione che è nata già quasi senza speranze. Chi scrive, infatti, ritiene che tutti noi siamo esposti alla minaccia di un cataclisma imminente. Preferiamo rimuovere questo problema per scacciare l’ansia, quando dovremmo fronteggiarlo per trovare delle soluzioni: il risultato è che un quadro di Van Gogh sembra valere più dell’esistenza stessa di ogni vivente. Un’ipocrisia finalmente venuta alla luce.

Una terza visione della vicenda, che vorrei portare all’attenzione dell* lettor*, è quella che è stata recentemente espressa sul Guardian da Lucy Whelan [6], storica dell’arte presso l’università di Cambridge: per la Whelan, questi atti di protesta non sono che una pantomima. “Queste proteste sono qualcosa che sembra pericoloso, ma che è mero spettacolo, non è reale” – dice la studiosa – “finché si continuerà a lanciare zuppa a un vetro protettivo, si continuerà a provare ancora e ancora che il sistema ci salverà. Ma alla fine non lo farà. Un giorno, la colla del vetro protettivo non funzionerà, e almeno verrà provato che i disastri possono succedere, e succedono”. Il punto espresso dalla Whelan è, in effetti, interessante: colpendo non quadri, ma vetri protettivi, il messaggio che trapela è che il sistema, alla fine, torna sempre a vincere. La teca viene ripulita, nessun danno è fatto: un lieto fine per tutti, e lo shock che si voleva innescare nelle persone si assopisce. La “profezia” dell’accademica, però, è che un giorno un vetro non farà il suo lavoro e che un quadro si rovinerà irrimediabilmente così da mostrare, finalmente, che i disastri accadono davvero. Siamo ai limiti della metafora tra il quadro e la società, e proprio per questo piace concludere richiamando i burattini de "Il fu Mattia Pascal" pirandelliano: “Beate le marionette su le cui teste di legno il finto cielo si conserva senza strappi! Non perplessità angosciose, né ritegni, né intoppi, né ombre, né pietà: nulla!” Ma se avvenisse, a un certo punto, un evento sconvolgente – come uno strappo nel cielo di carta – la marionetta cosa farebbe? Rimarrebbe terribilmente sconcertata. E noi, così dormienti da traumatizzarci già solo per una zuppa su un vetro, forse avevamo bisogno di questa scarica; o forse, come dice la Whelan, avremmo bisogno di molto di più.


  1. https://juststopoil.org ↩︎

  2. questo tipo di protesta si è diffuso a macchia d’olio ed è arrivato anche a Roma e Milano, dove il gruppo Ultima Generazione ha “colpito” un altro Van Gogh e la BMW M1 di Warhol: https://www.huffingtonpost.it/cronaca/2022/11/04/news/ambientalisti_van_gogh-10562064/ / https://www.google.com/amp/s/www.gazzetta.it/motori/la-mia-auto/18-11-2022/milano-8-kg-di-farina-sulla-bmw-m1-di-andy-warhol_amp.shtml ↩︎

  3. https://twitter.com/JustStop_Oil/status/1580869474064175105?ref_src=twsrc^tfw|twcamp^tweetembed|twterm^1580869474064175105|twgr^f8914c31dabfcf5f2ed42c71fba68cea9c6799c0|twcon^s1_&ref_url=https%3A%2F%2Fwww.open.online%2F2022%2F10%2F14%2Flondra-national-gallery-ambientalisti-van-gogh-video%2F ↩︎

  4. Si tratta della quarta delle Intercenales, dialoghi destinati alla lettura a cena scritti dall'Alberti. https://adotom.files.wordpress.com/2012/11/alberti-intercenales-il-sogno.pdf ↩︎

  5. Le Baccanti è un'opera di Euripide, scrittore di tragedie nell'antica Grecia, dove Penteo, re di Tebe, scaccia dalla città Dioniso, dio nuovo e appena arrivato in Grecia di persona. L’accostamento della massima di Alberti con le Baccanti risale alla filologa Elisa Rosati [non pubblicato]. ↩︎

  6. https://www.theguardian.com/artanddesign/2022/nov/17/im-an-art-historian-just-stop-oil-soup-attacks-prove-theres-nothing-to-worry-about ↩︎