Le opere d'arte sono un'espressione importante dei fondamenti dell'orizzonte culturale in cui vengono realizzate. Un confronto tra un'opera occidentale e una cinese ci mostra i tratti essenziali delle rispettive civiltà.
Cosa sia l'arte è un tema indagato da molti, con le risposte più diverse. Sorvolando sulle specifiche o su una definizione essenziale, possiamo dire che l'arte va ben oltre la rappresentazione di un oggetto. Ogni opera d'arte ci trasporta attraverso di sé per portarci dietro di sé. Cosa si trova in questo spazio nascosto? Certamente abbiamo la visione del suo autore, quella poetica che spiega in modo insoddisfacente l'opera, dal momento che non può fare a meno di chiuderla a ulteriori visioni. Ma questa dimensione personale, seppur universalizzabile, non è il fondo del mare. L'arte contiene una dimensione di pensiero più vasta, ascrivibile non tanto all'autore quanto alla sua cultura di provenienza e alla sua concezione della realtà.
L'arte contiene e svela il mondo culturale che l'ha prodotta. Se prendiamo per buono questo punto, diventa interessante porre a confronto opere che provengono da diversi orizzonti per rilevarne così la differenza.
Particolarmente interessante diviene il raffronto tra quelli che possiamo generalmente chiamare il mondo occidentale e il mondo orientale, due culture fondate sin dall'inizio su basi differenti, come vedremo tra poco. La scelta di un'opera d'arte adeguatamente rappresentativa per entrambe le civiltà è sicuramente parziale e arbitraria, dato che non si può negare il panorama immenso e variegato dell'arte occidentale e orientale, oltre che la soggettività degli artisti coinvolti. La speranza, tuttavia, è che questo confronto reciproco possa regalare nuovi spunti di interpretazione cogliendo quelli che sono i caratteri di fondo dei due mondi. Va subito precisato che questa analisi non intende affatto istituire una gerarchia di valore tra le opere, ma sostenere la loro originalità e capacità di suggestione, secondo il loro proprio modo.
Le opere che analizzeremo sono Il bacino di San Marco (1730 circa) di Canaletto e Inizio di primavera (1072) di Guo Xi. Sicuramente sono opere eterogenee e di epoche ben diverse, ma le caratteristiche che andiamo a a considerare non sono riferibili al tempo in cui sono state prodotte. La loro scelta è parziale, ma guidata dalla particolare rappresentatività culturale e filosofica che queste opere possono rivestire nel panorama geografico e antropologico di riferimento, una portata che non viene modificata significativamente dalla lontananza temporale. Due opere cronologicamente più vicine non sarebbero state più simili, insomma.
Il dipinto cinese colpisce innanzitutto per la verticalità quasi vertiginosa, contrapposta al panorama orizzontale e alla bellezza più rassicurante del canale veneziano, che cerca con grandissima finezza e abilità di catturare un istante in tutti i suoi particolari fin nelle increspature dell'acqua, uno degli elementi più difficili in assoluto da rendere. Laddove infatti Canaletto ha una forte pretesa di realismo, tanto che anche dal formato orizzontale possiamo assimilare l'opera a una fotografia, Guo Xi intende evocare, richiamare, suggerire.
Il bacino di San Marco è realizzato per l'esposizione, la contemplazione del pubblico che deve vedersi restituita un'impressione veritiera di ciò che potevano vedere tutti i giorni, che fosse bella in quanto rispecchiamento. Inizio di primavera, invece, era destinato alla sola persona dell'imperatore della Cina perché potesse cogliere l'essenziale del mutamento delle stagioni, del ciclo della natura al quale gli era precluso assistere, dall'interno del suo palazzo. Riprodurre la realtà quotidiana di ognuno da un lato, dunque, o portare un'idea del mondo a chi, pur dotato del massimo potere, non vi poteva assistere direttamente.
Ma quali sono questi mondi che vengono raffigurati? Ai nostri occhi certamente Canaletto risulta più familiare, congeniale, persino amichevole. Il mare di Venezia ci viene incontro, si spiega davanti all'osservatore, che comprende immediatamente ciò che vede, cogliendo l'insieme e tutti i particolari in modo analitico. L'attenzione non può che soffermarsi sui dettagli sopraffini delle gondole, degli edifici della città e sulle piccole figure di uomini affaccendati, che sono forse i veri soggetti della rappresentazione. Quello che vediamo è infatti tutto o quasi frutto dell'opera umana, di un homo faber che usa le proprie facoltà e tecniche (abbiano esse origine nella trascendenza o meno), fidandosi della ragione e del proprio ruolo di plasmatore del mondo. L'antropocentrismo è sempre centrale nella cultura occidentale, per quanto attraversi crisi sempre più profonde.
Tutto il paesaggio è rischiarato dalla luce solare, consentendo una visione chiara. Tale è sempre stata l'aspirazione dell'uomo in Occidente, quella della piena comprensione di un mondo sfuggente che va indagato con sguardo critico, preciso, razionale e scientifico, estrapolandone sezioni fenomeniche per studiarle e risintetizzarle in un insieme composto di altri fenomeni studiabili, in continuità causale tra loro. Proprio questo osserviamo nell'opera di Canaletto.
A ciò si accompagna anche una precisa visione del tempo. All'interno della sua linea, il Bacino di San Marco congela un momento del percorso. La natura è abitata e vissuta dall'uomo, che vi proietta sé stesso e così facendo la ricrea. Al centro del Bacino di San Marco non vi è tanto la veduta quanto l'esperienza dell'uomo di questa veduta, come osservatore e partecipante, che può vedere tutto e goderne nella sua bellezza commisurata.
Inizio di primavera di Guo Xi viaggia su binari totalmente diversi. Nella sua rappresentazione del mutamento naturale non vi è nulla di familiare o riconoscibile a occhi occidentali. Sicuramente non c'è nessuna aspirazione al realismo, ma anzi un senso di disagio e straniamento per l'osservatore. Questa primavera è aliena, incolore, incomprensibile, sfumata, enorme e imponderabile. Lo sviluppo in verticale accresce in noi il senso di piccolezza, ma va notato che questo non era affatto l'intento dell'autore. Nella cultura cinese, infatti, vi è un fortissimo rapporto con il macrocosmo, quella dimensione divina comunemente chiamata Tian (il Cielo) e variamente interpretata. Questo è il motivo della verticalità.
Sarebbe impreciso parlare di assenza totale dell'uomo nel dipinto, in quanto il problema di rappresentazione dell'uomo non si pone nemmeno. Il focus è anzi la presenza assoluta della natura, del macrocosmo e della realtà tutta, davanti alla quale l'uomo può solo armonizzarsi seguendo la Via giusta, il Dao. Non esiste alcuna aspirazione a plasmare il mondo, a cui bisogna essere soltanto preparati.
Ed è proprio la preparazione a essere un altro punto essenziale di Inizio di primavera. In questa rappresentazione non c'è nessuna fioritura, nessun colore (del tutto superfluo), niente dello splendore comunemente associato a un momento di primavera, ma un paesaggio aspro di rocce, alberi spogli, foschia e acqua che scorre. Diversamente dal mondo occidentale, non c'è nessuna aspirazione mimetica, nessun attimo da cogliere. Il senso del mondo si trova, per la cultura orientale, nel flusso e nell'alternanza costante tra ciò che è manifesto e ciò che è nascosto, e che prima o poi si manifesterà inevitabilmente. La mira di Guo Xi è più che altro il pallore del principio di primavera ancora legato al gelo invernale, di mostrare una transizione insomma, coerentemente con la quale notiamo nell'opera un certo senso di incompiutezza mentre il realismo e la rifinitura dei dettagli erano fondamentali in Canaletto. La nebbia si leva rivelando piano piano la realtà e il ritmo del mondo (Tianxia in cinese antico, letteralmente "tutto ciò che è sotto il Cielo"). Troviamo dunque una visione profondamente correlativa e organica basata sulla ciclicità del tempo, dove le cose non sono legate dal nesso causa/effetto ma dall'unità del principio che le anima.
Alla fine di questa sommaria presentazione possiamo concludere che non è affatto necessario scegliere in modo decisivo uno dei due approcci come migliore o come l'unico adatto a una presunta vera idea dell'arte. Ogni opera e ogni cultura mostrano un orizzonte di immaginazione e riflessione del tutto peculiare, la cui varietà va solo a rafforzare il senso profondo dell'arte, la comunicazione di una verità essenziale su come sentiamo il mondo in una dimensione esperienziale profonda.
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