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Le difficoltà degli studenti iraniani: a un passo dall'illegalità

Cosa significa per un giovane iraniano studiare a Bologna? Quanto costa arrivarci, quanto restare? Il racconto di chi ha lasciato casa e combatte per un futuro migliore.

One glance away from being illegal: Iranian students struggling to chase a better future
What is like for a young Iranian to study in Bologna? How much does it take to get here, how much to stay?The story of those who have left home and are fighting for a better future.
English version

Bologna è, per eccellenza, la città degli studenti. Centinaia di loro sono studenti internazionali, giovani menti provenienti da tutto il mondo che si trovano a camminare sotto gli stessi portici. Ma per alcuni è diverso che per altri. Ho intervistato due studenti iraniani: mi sono fatta raccontare il lungo, faticoso e costoso iter per arrivare in Italia e la vita da lì in poi. Volevo capire se questa città e la sua università fossero davvero così accoglienti come vogliono apparire. Le testimonianze che ho raccolto sono dure, tristi, deludenti; spesso, durante la nostra conversazione, mi sono arrabbiata, pensando a quanto poco basterebbe per alleviare la sofferenza di chi è costretto ad andare via.
Riporto la loro esperienza con l’impegno di fare di più.

Per mantenere un certo anonimato, userò dei nomi di fantasia.
Azzam ha 24 anni, studia ingegneria elettrica ed è un mio coinquilino e amico.
È un tipo estroverso e quando gli ho parlato dell’intervista mi ha fatto conoscere Lila, 30 anni, studentessa di giurisprudenza.

Pochi istanti dopo il nostro incontro, Lila mi ha detto qualcosa che è rimasto impresso nella mia mente.

"Venire qui, per noi, è l’obbiettivo della nostra vita. E se fallisci, è come se avessi perso tutto."

L'intero processo, infatti, è lungo e arduo.
Prima di tutto è necessario essere accettati dall'università ospitante, in questo caso l’Università di Bologna. Questo comporta una selezione che può essere estremamente competitiva.

Se riesci a essere uno dei pochi eletti, devi poi superare lo scoglio dell’ambasciata italiana, il che vuol dire chiedere un visto.
L’iter verte principalmente su una accurata verifica della situazione finanziaria: devi dimostrare di avere un tutore legale che provveda economicamente per te in caso di bisogno. In sostanza, l’ambasciata deve avere la certezza che non finirai per rimanere in Italia come una persona emigrata illegalmente.

Ma se si desidera fare richiesta anche per la borsa di studio ERGO, si deve contemporaneamente dimostrare di non disporre di un reddito pari a quello di un cittadino europeo benestante.

Lila lo spiega in modo conciso.
"Prima devi dimostrare all'ambasciata che hai i soldi; poi, devi dimostrare ad ERGO che non ce li hai."

Ingenua come sono, ho pensato che sarebbe stata una procedura facile, considerando l’instabilità economica dell'Iran.
Invece, nel calcolo del reddito, si pone un grosso problema: il valore della valuta iraniana. Il Rial iraniano ha infatti due tassi di scambio: quello governativo, fisso, utilizzato per transazioni intergovernative; e quello regolare, ovvero il tasso “reale”, fortemente instabile a causa delle sanzioni internazionali.
A detta del tasso governativo, e di Ergo, 1 euro equivale a circa 46.000 Rial;
Ma, nella realtà, 1 euro equivale a quasi 550.000 Rial. Cioè, undici volte di più.

"Ergo sta bullizzando gli studenti provenienti da paesi del terzo mondo!"
mi dice Lila.

Lila e Azzam mi confessano quanto sia stressante pensare che Ergo possa continuamente richiedere nuovi documenti da reperire e inoltrare.

Una volta messi insieme, tutti i documenti devono essere tradotti in italiano ed essere consegnati all'ambasciata. Entrambe le cose hanno molto a che fare con la corruzione e il denaro.

"L'intero sistema di traduzione nel mio paese è una grande mafia. Ti fanno pagare cinquanta volte di più perché hai fretta e devi rispettare le scadenze. O paghi o non avrai il tuo documento in tempo. Io ho dovuto pagare circa 1.000 euro. E c'è un'altra enorme mafia dietro l'ambasciata. Devi entrare in contatto con qualcuno che a sua volta conosca qualcun altro in ambasciata e pagarlo. Altrimenti, ti ci vorranno almeno sei mesi per ottenere un appuntamento. Solo per presentarti lì e dire 'tenga'”.

Consegnato il fascicolo, arriva il momento dell’attesa.
Per Azzam, sono stati i tre giorni peggiori dell'anno più stressante della sua vita.
Non riusciva a dormire e beveva un caffè dopo l'altro.

Una volta ottenuto il visto, si può finalmente partire.
Rincorrere l’occasione di una migliore istruzione, una laurea europea che si spera porti a un buon lavoro e un futuro migliore. Tutto ciò per avere una vita normale; qualcosa che la maggior parte degli italiani ottiene, senza troppi sforzi, a vent’anni.

Ma le difficoltà non sono terminate.

"Arrivare fin qui, mi è costato circa 2000 euro. Sono un sacco di soldi. Equivalgono a 1200 milioni di Rial. Solo per arrivare in aeroporto! E poi, una volta in Italia, entri nel vero campo di battaglia.”
Lila ha un tono di voce forte, autorevole; viene fuori quando al dolore s’intreccia la resilienza.

Una volta arrivati, è importante trovare alloggio tempestivamente.
Considerando la situazione abitativa di Bologna, è tutto tranne che un’impresa facile. In più, non basta un tetto sopra la testa: serve un contratto legale.
È imprescindibile per ottenere il permesso di soggiorno, attivare l’assicurazione sanitaria e aprire un conto bancario.
Fino a quel momento gli studenti iraniani sono costretti a portare con sé migliaia di euro. A causa delle sanzioni, aprire un conto bancario è un processo macchinoso, che può richiedere diversi mesi.

"Io stessa,” - mi racconta Lila – “sono stata costretta ad avere migliaia di contanti con me per tre mesi. E non potevo lasciarli a casa, o da nessuna altra parte. Ho rischiato di essere rapinata, o peggio, molestata."

Uno degli amici di Lila è stato derubato nella casa in cui abitava. Non ha potuto denunciare il furto perché i contanti non erano tracciati ed è stato costretto a lasciare l’università e trovare un lavoro.

"(..) suo padre ha dovuto vendere molte cose per poterlo mandare qui... non poteva tornare indietro. Tutto perché? Perché non hanno voluto aprire un conto in banca!"

Anche una volta ottenuti i documenti, la banca spesso da appuntamenti distanti nel tempo.

Lila mi ha parlato della sua esperienza con un operatore bancario.
"Gli ho chiesto: 'Puoi farmi un favore? Sono una ragazza, non mi sento al sicuro, ho soldi su di me in contanti' e lui mi ha risposto 'Prendiamo solo tre appuntamenti al giorno'.”  

Lila scuote la testa. Mi dice: “Perché non quattro! Fammi un favore! Sei un essere umano!".

Azzam replica lo stesso movimento.
"Il mondo non è giusto" - ripete.

Mettiamo in conto di aver finalmente ottenuto il permesso di soggiorno e aver aperto un conto in banca.
Come studenti internazionali, avete attraversato un processo estenuante.
Siete stati umiliati, e avete ancora paura di diventare illegali – nel caso in cui non riusciste a superare gli esami o a presentare un nuovo documento.

Venite dal Medio Oriente. Avete un retroterra di problemi con il governo, la società, la religione, la tradizione.
Pensate costantemente alla gente della vostra terra che combatte contro il regime. Giovani adolescenti, ancora bambini, fucilati per strada.
La vostra famiglia è lì, mentre la repressione incalza, a migliaia di kilometri da voi.

Lila mi racconta uno dei periodi in cui si è sentita più sola e sconfortata: lo scorso ottobre, quando il governo ha staccato la connessione ad Internet per settimane.
"Anche ora al pensiero mi viene da piangere. Mio padre aveva subito un intervento agli occhi e io non ho avuto sue notizie per due settimane.”

Mi ha anche spiegato come una sua amica fosse rimasta bloccata in Iran.
Lila ha chiesto al professore del suo corso di registrare le lezioni. Lui l’ha guardata con pietà e ha detto di no. "Non voglio la tua pietà; voglio il tuo aiuto!"

Ho poi fatto delle domande a proposito del supporto psicologico dell'università e sono rimasta scioccata da ciò che ho ascoltato. Quando Lila si è rivolta al servizio, mentre era alle prese con la solitudine e la depressione, la persona che avrebbe dovuto aiutarla le ha suggerito di andare in una moschea e chiedere aiuto.

“Io non sono musulmana, vengo solo da un paese musulmano.”

Il razzismo in Italia è una realtà.
Azzam ha faticato a trovare un lavoro in una città turistica e multiculturale perché non conosce l’italiano. Lila è stata minacciata da un controllore del servizio di trasporti TPER pur avendo un biglietto annuale; lo ha denunciato alla polizia.

Ogni singolo giorno è una battaglia enorme.

"Devi studiare, combattere la depressione, la mancanza della famiglia, della tua cultura, della vita che avevi costruito prima di partire. A un certo punto ti guardi allo specchio e dici: Oh, sto ancora sopravvivendo!" mi confessa Lila, esausta.

"Abbiamo cura della nostra dignità. Ecco perché abbiamo superato tutto questo e siamo venuti qui a studiare. Altrimenti avremmo oltrepassato i confini illegalmente o avremmo fatto qualcosa del genere.”

Certo, non tutto è nero. Gli italiani sanno essere accoglienti, e sorridono.
Quando ho chiesto cosa ne pensassero della posizione dei media e del nostro governo rispetto alla situazione in Iran, Azzar e Lila erano orgogliosi dell'Italia.
"Se c'è solo una cosa di cui sono felice in questo paese è questa. Sono stati d'aiuto, hanno fatto notizia, hanno cercato di far conoscere a tutti la situazione, non hanno permesso che la gente dimenticasse. Anche il governo è stato di supporto. Non tutti i paesi europei lo hanno fatto, ma l'Italia è stata diversa. Lo abbiamo apprezzato molto."

Parlando di cosa si può fare per migliorare la situazione degli studenti che, come loro, sono anche rifugiati, Lila mi ha ricordato l’importanza di fare da cassa di risonanza.

"Ho trovato molte persone buone, qui, che volevano davvero poter fare di più. Italiani impiegati nell’amministrazione dell’università. Brava gente che cerca di trasmettere i problemi di cui abbiamo parlato ai propri superiori. Non possiamo ignorarli. Penso che le nostre lamentele sarebbero affrontate più seriamente se provenissero dalle voci degli studenti italiani."

Azzar e Lila fanno battute per andare avanti nonostante il loro paese stia cadendo a pezzi. Ridono parlando del matrimonio di Selena Gomez e dei furti di biciclette.
"Non sarebbe meglio rubare un'auto?"

Fanno progetti per il futuro. Vanno avanti.

Loro sono nati lì; io sono nata qui. È stato solo un caso.