Attraverso i pensieri di Heidegger e Jaspers, Galimberti analizza le modalità e le cause del tramonto dell'Occidente. Tramonto inteso come mondo dell'uomo tecnico che sia Jaspers che Heidegger rinnegano in favore dell' uomo autentico.
L'uomo è al tempo stesso creatura e artefice del suo ambiente, che gli assicura la sussistenza fisica e gli offre la possibilità di uno sviluppo intellettuale, morale, sociale e spirituale. Nella lunga e laboriosa evoluzione della razza umana sulla terra, è arrivato il momento in cui, attraverso il rapido sviluppo della scienza e della tecnologia l'uomo ha acquisito la capacità di trasformare il suo ambiente in innumerevoli modi e in misura senza precedenti.
Dichiarazione delle nazioni Unite, 1972
Dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite, tenutasi a Stoccolma nel 1972, si evince come l'uomo sia al tempo stesso creatore e componente del suo ambiente. Questo significa che l'essere umano è responsabile di ciò che lo circonda, che a sua volta influenza il suo stare al mondo. Nella contemporaneità stiamo assistendo dunque a una ciclicità degli eventi.
Il filosofo Galimberti nel suo libro "Il tramonto dell'Occidente nella lettura di Heidegger e Jaspers", dove ci parla del perché quello che chiama "evento occidentale" tende sempre verso la sua fine. Tra le cause di questa finitudine vi è "la fiducia che l'occidente ha riposta nella sua via, perché dopo averla percorsa ne ha avvertito l'essenza nichilistica che fin dall'inizio l'animava."
Per nichilismo Galimberti intende "che l'essere è niente, o è pensato e trattato come se fosse niente", riferendosi al disinteressamento dell'uomo contemporaneo nei confronti delle cose, del problema dei valori, della vita, del mondo, della storia e di Dio. Questa attitudine odierna è rivelatrice del fatto che l'individuo continui a non misurare ma a essere misurato dal nichilismo, "ossia dalla persuasione che l'essere in se è niente, perché è qualcosa solo l'ente che vale, che vive, che è utile, che diviene, che è causa di altri enti o di tutti." Come scrive anche Heidegger: "Nella dimenticanza dell'essere promuovere solo l'ente, questo è nichilismo".
Galimberti poi prosegue dicendo:
l'essenza del nichilismo è costituita dall'oblio dell'essere, la cui radicalità è da rintracciarsi nella stessa instaurazione del punto di vista umano che fa di ogni filosofia e più in generale di ogni espressione culturale dell'Occidente, un'antropologia.
Che significa fare di ogni filosofia un'antropologia? Significa trasformare ogni riflessione in un ragionamento che parte dall'uomo-tecnico. L'uomo-tecnico, infatti, è quel tipo di uomo che giunge al centro di ogni discorso solo quando da quel centro ha spodestato l'uomo del molteplice o autentico, ovvero colui che vive e fa esperienza insieme a tutto l'ambiente circostante, in grado di pensarsi come parte attiva di un tutto. Così facendo, l'uomo occidentale pone se stesso come obiettivo di tutte le cose; in particolare, egli imposta il proprio pensiero in termini "tecnici", ovvero utilizza se stesso come mezzo per raggiungere i propri scopi e cerca "la ragion sufficiente" per tutto e anche per se stesso, disinteressandosi dei fini e dei valori.
Heidegger e Jaspers se da un lato sottolineano la finitudine dell'uomo tecnico, il suo limite di non conoscere nient'altro oltre se stesso, dall'altro spostano il focus verso la ricerca del senso e del valore dell'uomo autentico: "Che senso ha che l'essere sia l'ente e non il nulla?". A ricercare il senso e il valore, invece, è l'uomo autentico o globale, il quale, consapevole dei limiti della propria conoscenza dell'ambiente circostante, lo vive nella sua imprevedibilità storica.
Difatti, secondo Jaspers:
è nichilista chi non crede a nulla, se non a ciò che è percepibile nella realtà; chi ritiene illusorio tutto ciò che non puo ne vedere ne toccare: chi crede di sapere con certezza che cosa sia la realtà; chi non ha la minima delle parole goethiane: "ogni fatto è già una teoria" , chi nega la libertà e considera se stesso un mero esser-ci concluso nel suo 'ci'".
Heidegger, invece, accusa il nichilismo di aver causato un ambiente privo di presupposti, avendolo risolto con se stesso avendo privato l'uomo di una storia e di un intorno su cui vivere. In questa esigenza dunque di rifondazione dell'ambiente umano, della ricerca dell'uomo autentico, vi è la fine del nichilismo che porta Jaspers a interrogarsi su cosa nasconda questo sviluppo della tecnica. A differenza dell'uomo-tecnico, che come detto è un uomo impoverito, che funge da mero ingranaggio per raggiungere un obiettivo esterno persino a se stesso, l'uomo autentico, essendo osservato insieme all'ambiente che lo circonda, contestualmente a esso e che si rapporta con esso, e divenendo un uomo globale capace di vivere nel mondo, prendendosi cura di esso e con esso, dà una nuova visione. La prospettiva di un uomo globale e totale nel suo ambiente non significa altro che per accettare tutto ciò che ci circonda non possiamo che rinunciare alla volontà di comprendere questo tutto. Altrimenti lo ridurremmo, lo banalizzeremmo, lo semplificheremmo impoverendolo, ritornando a essere uomini-tecnici che vedono solo ciò che riescono a comprendere e utilizzare.
Se il linguaggio dell'uomo-tecnico esprime la sua dominazione sulle cose e su se stesso, il linguaggio dell'uomo autentico rispetta il proprio limite nell'afferrare ogni cosa e nell'esprimerla. Se il non-detto per il linguaggio tecnico è una vergogna e una colpa da colmare, per il linguaggio autentico il non-detto rappresenta il terreno fecondo su cui il pensiero può fiorire e svilupparsi. L'uomo autentico custodisce il nascosto e accoglie dal nascosto ciò che esso libera - ciò che offre all'interpretazione e nell'interpretazione lascia in libertà.
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