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#5 Utopie e distopie: "APRIAMO LE PORTE!" L'utopia dell'arte nello spazio pubblico

Aprire le porte, figurativamente e letteralmente. Sulla scala urbana locale, l'arte contemporanea permette di oltrepassare il limite degli spazi artistici, dando vita a eterotopie di dialogo per interrogarsi sulla collettività.

Da sempre, lo scopo dell’arte è quello di produrre utopie. Mondi immaginari e fantastici, Eden lussureggianti e reami incantati, resi visibili per mezzo di tele e pennelli. Attraverso i secoli, il costante potere della creazione artistica sembra quello di concretizzare i sogni e di trovare una scappatoia alla realtà, dando voce non solo alle aspirazioni personali di un artista, ma anche agli ideali di un’intera epoca e società. Dall’esempio delle longilinee architetture gotiche, slanciate verso l'infinità del cielo, al caso delle conturbanti pitture surrealiste rappresentanti l'interiorità dell’individuo, i desideri utopici dell’uomo trovano una via di espressione non attraverso la pianificazione della logica, ma tramite la bellezza delle forme.

"Ideale, speranza, progetto, asprazione che non puo' avere attuazione"[1]; per sua stessa definizione, il termine “utopia” dà adito a una riflessione su qualcosa di irraggiungibile, situato lontano dalla prassi quotidiana e al di là dei limiti dell’abituale. Lo scopo di tale ripensamento è quello di incitare verso una perfezione auspicata che condurrebbe a un miglioramento della realtà.
Ma che tipo di utopia genera l’arte? Poste le precedenti premesse, è importante notare che l’irrealizzabilità progettuale non coincide mai con l’impossibilità di immaginare. Forse è per questo motivo che spetta proprio all’arte il compito di accompagnare le utopie: l’universo privato generato da un’opera artistica si rivela il contenitore più adatto per accogliere la potenza dell’immaginazione umana, restituendola sotto la forma di linee astratte, sfumature di colore e costruzioni inventate.

Ma tutto questo non basta: non bisogna dimenticare che una vera utopia non nasce e non sussiste mai da sola, rinchiusa nella torre d’avorio di potenzialità inesplorate, poiché necessita di una controparte reale da cui prendere le mosse. Infatti, il rimando alla situazione attuale è il fil rouge di tutte le prospettive utopiche che nel corso dei secoli hanno trovato espressione attraverso la pratica artistica, poichè ciascuna di essere si è sviluppata in un contesto, in una mentalità e in una struttura sociale differente. In particolare, negli ultimi decenni l’arte contemporanea è stata spesso identificata come la modalità per eccellenza per proporre delle valide alternative al sistema sociale vigente. Nella realtà caotica contemporanea, caratterizzata da un mescolamento di stili, da una contaminazione di idee e da una sovrapposizione circolare tra passato e futuro, il presente appare come una casella vuota incapace di dare una risposta agli interrogativi suscitati. Senza più alcuna pretesa di produrre un significato, la pratica e la percezione artistica hanno assunto il ruolo di guide interpretative. Trasformandosi in uno spazio al contempo denso di molteplicità e libero da strutture predefinite, l’arte suscita costantemente delle questioni volte a mettere in discussione gli stereotipi accettati e produrre soluzioni alternative.

In questo panorama culturale, uno dei contributi più salienti si colloca al confine tra estetica e urbanistica e indaga tutte le potenzialità degli spazi dedicati all’arte all’interno dell’ambiente cittadino. Come è possibile sfruttare al meglio questi luoghi per riflettere sulla collettività? In quale modo le esposizioni possono trasformarsi da una semplice sala dedicata alla contemplazione a un’occasione di dibattito sulla maniera migliore di abitare insieme?

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"Portraits de Famille", Valérie Simoncelli, 2023, Galerie Ateliers L'Alcove, Lyon

Non di rado tali problematiche vengono affrontate dagli artisti contemporanei: ne sono un esempio le installazioni dell’artista lionese Valérie Simoncelli, recentemente ospitate nella piccola galleria d’arte L’Alcove, situata nel cuore del quartiere più artistico della città francese di Lione. Una grande riproduzione in tre dimensioni di un’antica casa di campagna, realizzata in metallo, legno e tessuto, resta sospesa all’interno della sala dedicata alle esposizioni e accoglie lo spettatore che desidera passeggiare al suo interno. Il titolo scelto, “Ritratti di famiglia”, mette subito in evidenza il sentimento di intimità indagato dall’artista nella sua opera interattiva: tutti sono invitati a scattarsi una foto, stamparla e appenderla ai muri della casa, partecipando non solo all’album di famiglia reale riprodotto sulle pareti, ma soprattutto all’insieme unitario dei legami che formano la società. Questo tipo di azioni artistiche propongono gesti semplici, posture di gentilezza e apertura: disegnare la propria casa dei sogni, leggere ad alta voce delle fiabe ai bambini all’interno della capanna, includere gli abitanti di passaggio nella creazione del processo artistico.

La casa di famiglia realizzata da Valérie Simoncelli è un esempio perfetto del concetto formulato da Michel Foucault: una galleria o una mostra d’arte rientrano a pieno titolo nella categoria delle eterotopie, cioè quegli «spazi differenti […], luoghi altri, una specie di contestazione al contempo mitica e reale dello spazio in cui viviamo» [2]. Diversamente dalle utopie, queste concretizzazioni spaziali di crisi o di deviazione non sono degli spazi privi di un luogo reale, bensì “dei luoghi che sono in qualche modo assolutamente differenti; luoghi che si oppongono a tutti gli altri e sono destinati a cancellarli, a compensarli, a neutralizzarli o a purificarli. Si tratta in qualche modo di contro-spazi”.[3] Se tra gli esempi citati da Foucault all’interno del suo brevissimo saggio Utopie Eterotopie figurano in primis il corpo umano, il giardino e il manicomio, ritengo sia possibile riadattare il concetto di eterotopia per includere anche gli spazi d’arte, ovvero quei luoghi separati dal resto della realtà ma dotati di un’apertura comunicante e interattiva.
La sospensione della temporalità e dei sistemi di regole vigenti all’esterno di questo spazio lo rendono un ambiente neutro e malleabile necessario per accogliere un’immaginario - ma questa potenzialità eterea ancora non basta. La vera forza di uno spazio dedicato all’arte, infatti, non è la distanza intoccabile e inossidabile che lo rende elitario e di difficile accessibilità; in contrasto con le caratteristiche elencate da Foucault, l’eterotopia artistica è tale proprio perché la linea di confine può essere oltrepassata, introducendo all’interno di questo ambiente una riflessione urbana, locale e attuale.

Questo procedimento, tuttavia, è realmente possibile solo accettando un’imprescindibile condizione: affinché la realizzazione delle proposte utopiche funzioni, il punto di partenza deve essere la scala locale. Per rendere un’utopia reale, ossia per apportare concretamente i cambiamenti suggeriti dall’arte, non è possibile cominciare da una riflessione globale in un contesto istituzionale affermato e inserito nel sistema. Il banale gesto di aprire le porte dello spazio artistico, allo scopo di oltrepassare quella barriera invisibile che rende ogni fruizione d’arte elitaria e di includere in questa ricerca di senso ogni partecipante alla vita pubblica, si rivela più arduo del previsto. L’arte non deve limitarsi a esistere e a essere contemplata nello spazio pubblico; al contrario, il suo compito ideale, ma non utopico, è quello di creare tale spazio pubblico, privilegiando il sovvertimento dei limiti e un’interazione dinamica.

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"Pause", Mathilde Chassagne, 2023, Atelier Galerie La Mare, Lyon

A qualche metro di distanza dalla casa sospesa nella galleria, tra le pareti di un locale adibito a residenza per artisti, l'artista relazionale Mathilde Chassagne si rivolge ai passanti indaffarati invitandoli a oltrepassare la porta per usufruire di una “siesta offerta”. La sua ricerca artistica, denominata "Pause", mette a disposizione del pubblico cuscini e materassi che generano un effetto-capanna adatto a rilassarsi e dormire. L'artista diventa così una guida incaricata di accompagnare dolcemente i visitatori in questa isola beata di riposo. Le performances di questo tipo rivelano una tendenza benefica sempre più diffusa nell’arte contemporanea: il tentativo di generare degli spazi di benessere e di riflessione all’interno dello spazio comune urbano. Tutti questi interventi non sono dei casi isolati e dimostrano come la pratica artistica cerchi sempre di più non solo di proporre delle utopie alternative, ma anche di realizzarle. Forse, per riuscire davvero a mettere in pratica questi sistemi, non si deve dimenticare di cominciare nel contesto adatto e compiere il gesto rivoluzionario di aprire le porte - figurativamente e letteralmente.

[1] vocabolario online Treccani, definizione "utopia" https://www.treccani.it/vocabolario/utopia/
[2] FOUCAULT, Michel, Utopie ed Eterotopie", Napoli : Edizioni Cronopio, 2006
[3] ivi

**APPROFONDIMENTI E BIBLIOGRAFIA **

[https://www.alcove-lyon.com/petite-interview-valerie-simoncelli/]
[https://www.instagram.com/maaathildecha/]

PAQUOT, Thierry, L’espace public (2009), Paris : La Découverte, 2009

MOUFFE, Chantal, DEUTSCHE, Rosalyn, Every Form of Art Has a Political Dimension, Cambridge : The MIT Press, Grey Room , Winter, 2001

BOURRIAUD, Nicolas, Estetica relazionale (1998), trad. it. di Marco Enrico Giacomelli, Milano: Postmedia Books, 2010

BISHOP, Claire, Inferni artificiali : La politica della spettatorialità nell’arte partecipativa (2012), Luca Sossella Editore, 2020

LACY, Suzanne, Mapping the terrain : New Genre Public Art (1995), Seattle : Bay Press, 1995

AUGE, Marc, Non-lieux : Introduction à une anthropologie de la surmodernité (1992), Paris : Seuil, 1992

NEGT, Oskar, L'espace public oppositionnel (2007), Paris : Éditions Payot & Rivages, 2007

MARCHART, Oliver, Conflictual aesthetics : Artistic activism and the public sphere (2019), Berlin : Sternberg Press, 2019