Probabilmente una città è una questione di interstizi, e di fratture. È così ? Una città è una questione di interstizi e di fratture ? Senza dubbio. Interstizi e fratture. Riappropriamoci dei nostri interstizi, rivendichiamo le nostre fratture.
La ballerina giocoliera si gira, si rigira, si ferma di fronte agli spettatori. I suoi movimenti decisi occupano lo spazio della scena - uno spazio aperto, en plein air, sulla moquette d’asfalto del marciapiede - il silenzio è rotto solo dal suo respiro spezzato
braccia
spalla
mano
testa
occhi
apriamo le porte, saltiamo al di là dei bordi, facciamo un passo dopo l’altro fino alle frontiere -
ma quali frontiere? Le barriere delle città, le soglie degli edifici, le rive delle strade.
(dimenticate tutti i riferimenti e tutte le coordinate, il tempo qui non conta nulla
la pagina è solo uno spazio arbitrario, nel quale siete liberi di spostarvi o di fermarvi
su, dai, fate una piccola pausa, se lo desiderate, prima di ripartire
insomma, fate come vi pare
nessuno sorveglierà le vostre intenzioni
solo, non dimenticate di guardarvi attorno, e di immaginarvi situati nel cuore più brulicante della vostra città)
la ballerina ormai è alla testa di una piccola folla, che la segue nei suoi spostamenti casuali. Sembra quasi spostarsi senza avere una destinazione precisa, tra le vie abbandonate e i viali più frequentati, la sua postura audace e baldanzosa ha il potere di unire coloro che la seguono
(eccoci qua, di nuovo a parlare di postura. La postura è una questione di coerenza / come mantenere una profonda coerenza con l’arte?)
Accanto a ogni spazio, esistono infiniti spazi invisibili. A ben guardare, in ogni centro urbano e non urbano appaiono molteplici città invisibili e intangibili, talmente concrete da soffocare il respiro. Sono traiettorie obbligate, castelli nell’aria di paure e speranze non dette, che impongono percezioni differenti -
Invisibili e invisibilizzate. Senza fine, invisibilizzate e invisibili.
braccia
spalla
mano
testa
occhi
I passi leggeri della ballerina sembrano gridare a gran voce proprio questo: il mio spazio pubblico (mio e pubblico possono stare nella stessa riga? forse è questo il punto, devono per forza stare nella stessa riga?) insomma, il mio spazio pubblico non è lo stesso vostro, la mia visione lo modifica dall’interno, il mio corpo ne rivendica una parte
lo spazio pubblico non appartiene a tutti e tutte, non è fatto a misura di tutti e tutte, non accoglie, non include, non è a portata di mano
i passi guidati dall’arte lo rimodellano, lo rinforzano, lo mettono in discussione con una grazia determinata, un’eleganza violenta
riappropriarsi dello spazio pubblico, significa farne uno spazio di creazione, rivendicare il diritto alla città, participare attivamente alla creazione della fabbrica urbana. tutto questo andandoci, conoscendolo, vivendolo per prendere coscienza della rete invisibile di dinamiche e di relazioni che lo compongono.
Prima rottura, primo intervallo. Il filo rosso si spezza. Le elucubrazioni nella testa tacciono. La mescolanza di arte, estetica, teoria e azione, si interrompe.
Probabilmente una città è una questione di interstizi, di fratture.
È così? Una città è una questione di interstizi e di fratture?
Senza dubbio. Interstizi e fratture.
Riappropriamoci dei nostri interstizi, rivendichiamo le nostre fratture.
((stop stop stop. Esci per un momento dalla testa delle altre persone.
Alza lo sguardo, apri la finestra o fissa i tuoi occhi sui palazzi che ti circondano. Forse grigi, forse sporchi, forse rossi.
Non fermarti qui: cogli i profili dentellati dei tetti - si dice che nelle grandi città il cielo è sempre a mozziconi - cerca di definire la tonalità della luce e gli oggetti sospesi nell’aria che ostruiscono la vista.
Puoi?
Riesci a vedere l’invisibile intermezzo?))
Esausta, la ballerina ferma i suoi passi, e si rivolge verso la folla che la circonda, e che attende il suo prossimo gesto. Dolcemente guarda ogni persona, una carezza visiva passa sugli edifici della piccola piazza, dove progressivamente si riuniscono le passanti e le curiose.
l’arte, è raccontare delle storie. all’origine dell’umanità, era già forte l’intenzione ancestrale di riunirsi nello spazio per condividere ed ascoltare delle parole, adulti, bambini e bambine stretti nell’atto di tenersi senza lasciarsi andare.
La ballerina respira, e comincia una storia.
((Doppia parentesi qui, è necessaria per il vostro bene. La parola storia è rischiosa e fondamentale, gli aspetti di una città si mostrano attraverso gli immaginari che gli o le artiste proiettano o estorcono. Tocca a noi raccogliere la sfida e la responabilità di sapere se la città nata da questa poesia è svelata o nascosta.))
Invisibili, gli stralci della città accolgono coloro che passeggiano nella dolcezza di un pomeriggio o avvolti dal tenero sole del mattino. I solitari, per scelta o per obbligo, che non vogliono più adattarsi ai ritmi serrati della città invisibile.
Visibile, invisibile. Inserirsi in un territorio è più che un semplice passatempo. È un’intenzione radicata, una dipendenza intrinseca, una deficienza strutturale. Se abitare uno spazio significa sempre di più entrare in connessione con questo spazio, modificarlo impercettibilmente e assumere i suoi connotati, allora il gesto di ritornare a un luogo, che ha segnato un istante preciso dell’esistenza, ha il potere di azzerare la temporalità trascorsa.
Le città invisibili sono le molteplici sfaccettature di una medesima città, la città del passato e del futuro, mai monolitica o compatta.
Fermiamoci, altro spezzone, il tempo e lo spazio a disposizione scadono rapidamente. Ultimo atto, siamo alla fine di questa rappresentazione pseudo-reale.
Improvvisamente, quasi come un'apparizione mistica, la ballerina si ferma davanti all’ingresso di un giardino - fateci caso, da sempre ci sono dei giardini di mezzo - come siamo arrivati qui non ci interessa.
Luogo, spazio, ambiente / L’uomo è il territorio? L’uomo è il territorio. / una città esiste prima di coloro che la abitano?
L’arte, intesa come pratica artistica o come creazione, si sviluppa in uno spazio, lo ingrandisce, lo riempie e lo possiede. Ma non è tutto: l’arte stessa è luogo, si fonda in esso, lo densifica e lo rende reale. Metaforicamente, l’arte può essere considerata come una bolla dai bordi deformabili, capace di stabilire delle relazioni che non esistevano prima, che deve tuttavia essere estesa al di fuori della frontiera invisibile che separa i suoi luoghi da tutti gli altri spazi.
Una postura di ricerca dell’altro e dell’altrove, che si allontana dalle astratte logiche spaziali e temporali continuamente citate nei manuali di estetica, per volgersi verso delle nuove coordinate radicate nel luogo e nel momento.
braccia
spalla
mano
testa
occhi
Etnografa degli interstizi della città, la ballerina compie una piroetta su se stessa, sorride e ricomincia la sua balade/ballade infinita. Anche tu, ormai nella folla che la segue, ti guardi attorno, e inizi a camminare. ^
^ Questo testo è un estratto, modificato e rielaborato, di un articolo che l’autrice ha scritto per il numero #2 della fanzine Serres*, realizzata dall’associazione Entropies e in via di pubblicazione a Lione (Francia).
Di seguito i contatti :
Serres*: https://www.instagram.com/serres_revue?igsh=ajE1ZmRmcW05Nmd4
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