Tutti oramai hanno presente la storia di Elisa Claps. Ciò che però, alla fine, accomuna il racconto di tutti è la sua conclusione: Danilo Restivo. Si potrebbe riflettere a lungo sul perché le vittime vengano quasi sempre dimenticate: ciò vale anche per gli innumerevoli casi di femminicidio.
Il presente articolo è la seconda parte di due uscite. Per recuperare la prima parte di questo articolo, potete seguire il seguente link:
È naturale, oggi, che il nostro pensiero vada a Giulia Cecchettin. Tutte le notizie che, finora, sono pervenute in merito alla sua storia sembrano ripercorrere il ciclo della violenza finora descritto. È certamente presto per spingersi oltre, bisognerà aspettare il processo e le sue ricostruzioni. Anche dal punto vista criminologico occorrerà attendere per poter comprendere scientificamente il profilo di Filippo Turetta.
Eppure, il tema del femminicidio nel caso di Giulia Cecchettin e nel caso di Elisa Claps può essere declinato diversamente.
Se si volesse provare a costruire un parallelismo tra quanto successo a Giulia e quanto successo ad Elisa, a livello criminologico è possibile ravvisare una diversa struttura del fenomeno: se, infatti, quello che è accaduto ad entrambe rientra nel genus femminicidio, le due storie possono essere sussunte in species diverse.
Se da un lato, come già detto, Giulia è vittima di quei meccanismi figli di una cultura stereotipata e di un’organizzazione discriminatoria che continua a subordinare l’identità sociale della donna a quella dell’uomo, legittimando le diseguaglianze; dall’altro lato, la morte di Elisa ha probabilmente una radice diversa.
Elisa Claps, infatti, è vittima di un soggetto che, criminologicamente, può essere definito “serial killer”. Infatti il serial killer, secondo la prima definizione data dall’F.B.I. all’inizio degli anni ’80, è colui che “uccide tre o più vittime, in luoghi diversi e con un periodo di "intervallo emotivo" ("cooling off time") fra un omicidio e l'altro; in ciascun evento delittuoso, il soggetto può uccidere più di una vittima; può colpire a caso oppure sceglierla accuratamente; spesso ritiene di essere invincibile e che non verrà mai catturato”.
Nel corso degli anni la definizione è stata ampliata e diversificata (soprattutto, non si fa più specifico riferimento all’uccisione di almeno tre vittime) ma ciò che è rimasto invariato è, ovviamente, il presupposto della serialità, intesa come la ripetizione di schemi comportamentali all’atto dell’uccisione. In particolare, gli autori Holmes e De Burger hanno individuato gli elementi caratterizzanti, secondo i loro studi, l'omicidio seriale:
- la ripetizione dell'omicidio – l'assassino seriale continua ad uccidere finché non viene fermato e il periodo in cui avvengono gli omicidi può estendersi per mesi o anni;
- l'omicidio seriale avviene "uno contro uno", tranne rare eccezioni;
- di solito, fra l'assassino e la sua vittima non c'è alcun tipo di relazione oppure, se c'è, è superficiale;
- l'assassino seriale prova "l'impulso ad uccidere"– gli omicidi seriali non sono crimini di passione né originati da una provocazione della vittima;
- negli omicidi seriali, mancano, tipicamente, motivi evidenti.
Gli studiosi Ressler, Burgess e Douglas introducono un'importante distinzione nell'ambito della definizione coniata dall'F.B.I., cioè quella tra comportamento organizzato e disorganizzato.
Il serial killer organizzato pianifica con cura i propri delitti, scegliendo un tipo particolare di vittima che, in qualche modo, ha un legame simbolico con lui.
Il serial killer disorganizzato, al contrario, agisce per un impulso improvviso che lo porta a uccidere vittime scelte casualmente, senza preoccuparsi di coprire tutte le sue tracce; di conseguenza, è molto più facile da catturare.
Ebbene, se si ripercorre la storia di Elisa tenendo a mente anche solo questi pochi elementi definitori, appare evidente che con Danilo Restivo si è di fronte a un fenomeno diverso da quello analizzato in precedenza.
In effetti, pur non essendoci una diagnosi né psico-patologica né criminologica di Danilo Restivo, dagli atti di indagine emerge un quadro complesso. Dalla relazione psicologica di Assunta Basentini del 1 dicembre 1993 (la quale incontrò Restivo nel corso dell’indagine del Tribunale dei minori per la scomparsa di Elisa Claps) si evidenzia “la messa in atto da parte del giovane di meccanismi di difesa quali la rimozione e la negazione, dai quali traspare una profonda fragilità emotiva e una forma di disagio psichico che potrebbero avere, nella struttura eroica del giovane, una rilevanza clinica significativa”.
La psicologa, inoltre, rileva “dal linguaggio verbale e non (postura, espressione del viso, tono della voce, capacità di analisi e sintesi, reazione di riso all’ipotesi sull’esito negativo della vicenda della minore Elisa Claps) una persistente discordanza ideo-affettiva che si caratterizza con una scarsa capacità di adottare reazioni emotive corrette in relazione agli eventi e con una tendenza alla reticenza e alla censura inconscia di vissuti ansiogeni”.
La psicologa Basentini, inoltre, arriva ad ipotizzare una struttura di personalità problematica, anche con elementi dissociativi.
Tali elementi dissociativi, infatti, trovano riscontro in dinamiche persecutorie perpetrate da Restivo nei confronti di altre ragazze. All'interno di lettere manoscritte, racconta le sue tre personalità (che a giudizio suo sono reali): Vittorio, la sua parte cattiva e molesta; Francesco, la parte buona e gentile; e Giuseppe, egli stesso inserito nella realtà, descritto come soggetto malato, morto fisicamente ma non spiritualmente, impossibilitato per la sua malattia ad avere un contatto con l’altro sesso.
Ed è proprio il sesso femminile l’ossessione di Danilo Restivo: all’atto della perquisizione effettuata nella sua camera da letto il 2 marzo 2000, infatti, i poliziotti trovano fotografie pornografiche, che lo ritraggono in compagnia di donne con evidenti malformazioni fisiche, insieme ad articoli di cronaca nera conservati con cura e recanti notizie di abusi e violenze subiti da minori.
A tali circostanze si accompagnano, poi, elementi di riscontro testimoniali: sono innumerevoli le ragazze che racconteranno di aver subito il taglio di capelli da Restivo, non solo a Potenza ma in tutte le città in cui quest’ultimo ha vissuto.
E infatti, ancora, durante una perquisizione all’interno della sua casa in Inghilterra, verranno ritrovate centinaia di ciocche di capelli femminili.
Ora, a fronte di questo quadro, certamente interessante da un punto di vista psicologico, c’è il supporto della verità giudiziale. Danilo Restivo, infatti, è stato condannato con sentenze entrambe passate in giudicato (cioè, con la conclusione di tutti i gradi di giudizio) sia per l’omicidio di Heather Barnett (la sarta uccisa a Bournemouth, Inghilterra) sia per quello di Elisa Claps.
Se si prova a confrontare i due omicidi, la sussumibilità di Restivo nella categoria dei serial killer organizzati appare quasi un caso di scuola: entrambe le donne non sono altro che mere conoscenti dell’uomo ma entrambe hanno, per qualche motivo, attirato la sua attenzione. In entrambi i casi Restivo aveva in qualche modo giustificato la richiesta di un incontro (a Elisa doveva consegnare un regalo, ad Heather aveva commissionato delle tende); ma, soprattutto, sono emblematiche le due scene del crimine: entrambe le donne sono state uccise con colpi di arma da punta e taglio, entrambe avevano il lato dello slip tagliato di netto, in entrambi i casi sono state rinvenute ciocche di capelli.
In particolare, è stato accertato che ad Elisa Claps furono tagliate ben 8 ciocche di capelli; nelle mani di Heather Barnett, invece, furono rinvenute una ciocca di capelli a lei appartenente e una ciocca di capelli mai identificata.
La scena del crimine dell’omicidio di Heather Barnett, poi, è in grado di raccontare qualcosa in più sull’autore (anche e soprattutto per l’immediato ritrovamento del cadavere, a differenza di quanto avvenuto per Elisa): Restivo, infatti, ha proceduto con quello che in criminologia viene definito staging, ovvero la modifica della scena del crimine.
La manomissione della scena del crimine da parte di Restivo rientra proprio in quest’ultima sottocategoria: l’asportazione dei seni, con il relativo ri-posizionamento, e la presenza di ciocche di capelli (di cui una non della vittima) sono proprio la firma del killer e il segnale della maggiore sicurezza acquisita.
Ancora, la possibilità di poter inserire Restivo nei c.d. serial killer organizzati trova un’ulteriore conferma nel corso delle indagini della polizia inglese, che lo riprende nella probabile fase preparatoria di un nuovo omicidio: Restivo viene visto recarsi più volte nel medesimo parco, appostarsi dietro i cespugli e seguire le donne che praticano jogging, finché non viene fermato e sorpreso con un cambio di vestiti esattamente identici a quelli indossati nel portabagagli dell’auto, insieme a sacchi neri della spazzatura e a un coltello.
Tutto porta a ritenere valida l'ipotesi dell'elaborazione e della presenza di un piano, tendenzialmente secondo i medesimi schemi già accertati del killer organizzato.
Dunque, a fine di questa disamina, è evidente che Giulia ed Elisa, pur essendo vittime del medesimo destino, rappresentino due facce diverse e distinte ma della stessa medaglia.
Da un lato, abbiamo l’esatta rappresentazione (quasi un caso di scuola) del femminicidio come culmine del ciclo di violenza perpetrato nei confronti di Giulia; dall’altro, Elisa è la vittima di un serial killer che è stato fermato solo perché, dopo di lei, è morta un’altra donna (e forse non solo).
In conclusione, Giulia ed Elisa sono entrambe vittime di un sistema che non le ha protette, secondo un meccanismo simile, a 30 anni di distanza.
Possiamo discutere a lungo sul quadro clinico e psicologico di Danilo Restivo e di Filippo Turetta, delle differenze tra i due e sulla serialità di Restivo che, forse, a Turetta non appartiene, ma i due restano comunque accumunati dall’idea di possesso della donna. È questo il presupposto che, pur di sentirsi padroni, li ha portati ad uccidere.
Elisa, Giulia e tutte le altre vittime non sono state protette. Tutte noi non siamo protette.
Ma non andavano protette loro e non dobbiamo essere protette noi.
Sono gli “altri” che vanno fermati!
E allora forse Danilo Restivo andava curato, e l’esame di coscienza è compito da assolvere di qualcun altro. È dalla manifestazione dei primi segnali che bisogna partire. Intervenire tempestivamente è fondamentale affinché la violenza non si perpetui e affinché non termini in tragedia. Restivo necessitava di cure prima che le sue vittime morissero.
A differenza sua, invece, Filippo Turetta aveva gli strumenti per compiere un esame di coscienza prima che accadesse quanto è successo, e non lo ha fatto.
Ancora una volta, ci sono stati segnali di un’evidente problematicità ma non sono stati colti o si è tentato di non vederli. La conclusione rimane purtroppo la medesima: le vittime sono sempre donne.
E sono vittime proprio di questi meccanismi di allontanamento del problema, del “non voler vedere”, del credere che questa cosa, nel nostro piccolo, non potrebbe mai capitare.
Le donne devono sempre tener a mente che al primo atteggiamento di abuso o di violenza da parte di un uomo bisogna allontanarsi da questi e cercare protezione in luoghi sicuri. “Non voler vedere” o ignorare comportamenti violenti per una donna può rivelarsi pericoloso, fatale. Ma la responsabilità non ricade solo sui carnefici, poiché le persone che scelgono di “non vedere” e di assumere un atteggiamento complice sono ugualmente colpevoli.
Occorre educare al rispetto della libertà della donna e occorre intervenire subito di fronte ai soprusi. Chiunque può scoprirsi vittima o agente del ciclo di violenza. Può capitare a tutte e a tutti. E allora forse un esame di coscienza dovremmo farlo tutti. E dovreste farlo tutti.
Olga D’Apuzzo, classe 1998. Laureata in Giurisprudenza presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e diplomata con Master di II livello in Scienze forensi (criminologia – investigazione – security – intelligence) presso l’Università la Sapienza di Roma.
Se vuoi leggere di più sul caso Claps e sulla dirompente risposta della città di Potenza alla riapertura della Santissima Trinità, la chiesa nonché il luogo dell'omicidio e del ritrovamento del corpo di Elisa, clicca questo link:
Comments ()