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Democrazia e manifestazioni

Cosa c'è di democratico nella democrazia?

Il 2023 per i francesi è iniziato con un susseguirsi di manifestazioni. Da gennaio, sindacati e cittadin* in tutta Francia si sono mobilitati scendendo in piazza per dodici settimane consecutive per protestare contro il progetto legge di riforma delle pensioni.

Di cosa si tratta? Il 23 gennaio, il governo Élisabeth Borne ha presentato al Consiglio dei ministri un progetto di riforma delle pensioni, con lo scopo primario di innalzare l’età pensionabile da 62 a 64 anni entro il 2030. Giovedì 16 marzo la riforma è stata votata dal Senato, la settimana successiva l’Assemblea Nazionale avrebbe dovuto esprimere il suo voto, ma il governo ha deciso di far ricorso al procedimento offerto dal 49.3. La legge è stata così approvata senza il voto dell’Assemblea Nazionale. Che cos’è il 49.3? Si tratta di un articolo, presente nella Costituzione Francese, che permette al Primo ministro, dopo la deliberazione del Consiglio dei ministri, di far prevalere la responsabilità del Governo davanti all’assemblea Nazionale per il voto di un disegno di legge su questioni finanziarie e di sicurezza sociale. Il governo può pertanto approvare una legge senza che l’Assemblea si esprima, purché si tratti di un problema di sicurezza sociale e finanziaria. Tuttavia, come spesso capita in questi casi, in cosa consista esattamente la sicurezza sociale e finanziaria, e che cosa possa metterla in pericolo, non è definito. Infatti, a oggi non c’è un accordo sulla gravità dei possibili rischi economici che avrebbero potuto seguire la possibile bocciatura della legge. Nonostante ciò, il ricorso a tale articolo è stato giustificato in termini preventivi per evitare i «rischi economici troppo elevati» successivi a un eventuale declino della legge.

Senza addentrarci sui pro e i contro di questa riforma, né su una possibile comparazione con l’età pensionabile in altri stati europei, e neppure sull’operato del presidente Macron, il mio intento è di partire delle proteste che la legge ha suscitato per riflettere sul legame sostanziale che unisce la democrazia e i movimenti pubblici di piazza, provando a presentare alcune riflessioni riguardanti la democrazia in generale.

Le proteste contro la legge sono iniziate ancora prima che essa venisse effettivamente presentata al Consiglio dei ministri. Infatti, la prima manifestazione data il 19 gennaio, mentre la proposta della legge è avvenuta 4 giorni dopo, lunedì 23. Lo scontento popolare è stato evidente fin da subito. Partecipando alle manifestazioni ci si rende conto che nel corteo, tra coloro che sono direttamente toccati dalla riforma, e il cui futuro pensionistico è cambiato con l’approvazione di tale legge, ci sono giovani, student*, lavorator*, famiglie, anzian*, che mostrano la loro rabbia e la loro disapprovazione contro il governo in carica. Non si protesta, dunque, solo contro il contenuto della legge, ma anche contro un governo che nonostante l’espressione di una forte opposizione popolare, ha deciso di adottare l’articolo 49.3 per poter approvare la legge, senza passare all’Assemblea Nazionale. Quando si domanda alla gente come mai manifesti, molte persone rispondono che protestano contro un governo, che è ritenuto agire in modo anti-democratico: sui cartelloni, per strada, si legge « la democrazia è finita». Emmanuel Macron è accostato a un re. La rivoluzione fa capolino. Eppure, il Presidente, che, ricordiamo, è stato democraticamente eletto, si è avvalso di un articolo offerto dalla costituzione. Dunque, se da un lato il popolo accusa il governo, democraticamente costituito, di agire in modo non democratico, dall’altro il governo, senza l’appoggio del popolo, agisce usando gli strumenti che la stessa costituzione, protettrice della democrazia, concede. La questione che sorge è dunque: com’è possibile che un governo, eletto democraticamente e agente secondo le procedure predisposte dalla costituzione, sia accusato di comportarsi in modo anti-democratico? Dove risiede la democrazia? Cosa c’è di democratico nella democrazia? Cosa fa della democrazia «il governo del popolo, da parte del popolo, per il popolo» ?

La questione si fa ancora più interessante se osserviamo che il presidente Macron agisce in nome del popolo francese: lui, eletto attraverso libere elezioni, è il presidente che il popolo ha designato come suo rappresentante e in nome del quale agisce; allo stesso tempo, per strada, anche le manifestazioni, in disaccordo con l'operato di Macron, sono considerate esprimere la voce del popolo. La domanda che emerge in questo caso è: dove risiede il popolo in questa contraddizione? Chi è il popolo? É possibile darne una definizione?

Il Presidente rappresenta il popolo e ne incarna la volontà, ma allo stesso tempo il popolo manifesta contro le azioni di quello stesso presidente, che ha eletto in sua rappresentanza, e ne critica l’operato, definendolo antidemocratico, benché lui si avvalga di una procedura offerta dalla stessa costituzione. Si manifesta, insomma, in nome del popolo e della democrazia, contro una procedura che non viene considerata democratica e contro un Presidente eletto dalla maggioranza.

Dunque, di nuovo, cosa c’è di democratico nella democrazia?

Quando si cerca di definire la democrazia, la letteratura si divide in due approcci, uno procedurale e uno valoriale: da un lato si presenta la democrazia come una procedura, e dall’altro ne si delinea un valore intrinseco. Spesso si lega l’idea della democrazia a quella di elezioni libere a suffragio universale, ma non credo che sia il voto a rendere la democrazia democratica. Non fraintendetemi: è una fortuna che le elezioni esistano e che esse siano a suffragio universale, ma non credo che la democrazia possa essere ridotta a una procedura di voto. Al contrario, penso che ciò che caratterizza la democrazia in quanto tale sia la libertà di manifestare. Partecipare ai cortei, leggere i cartelloni di protesta, ascoltare i canti contro il governo, osservare le persone farsi forza a vicenda e riconoscersi come concittadini facenti parti di un unico paese sono gesti che permettono di vedere in atto la democrazia. In questa unione di corpi in movimento la democrazia si fa tangibile. Tra questi corpi che protestano, contro un’azione definita come antidemocratica, benché concessa dalla costituzione, la democrazia è palpabile.  

Oggi, ciò che ci permette di distinguere tra la democrazia e i regimi che si definiscono come tali, benché non meritino questo nome, è il trattamento riservato ai partiti d’opposizione, alle minoranze, e ai movimenti sociali emancipatori. La semplice elezione non può bastare alla definizione di cosa ci sia di democratico nella democrazia, né a giustificare l’obbedienza alle decisioni prese democraticamente. Infatti, il risultato elettorale può essere più o meno distorto in favore di un partito, di un gruppo o di una classe sociale. Inoltre, in base al numero di astensioni, alla regolamentazione mediatica, alla diversa affluenza politica dei cittadini, per ragioni di tipo economico, sociale o simbolico, il voto non ha lo stesso valore. Sono rare le democrazie che concedono a ciascun individuo un reale potere d’influenza, sebbene l’impatto del loro voto sia uguale. E come la teoria del voto ha dimostrato, a seconda del procedimento elettorale che si adotta l’esito del voto può, abbastanza sorprendentemente, cambiare.

Per queste ragioni, raramente il voto è all’origine dei cambiamenti sociali emancipatori più importanti, se non è accompagnato da mobilitazioni di massa nella società. La storia della democrazia è stata segnata dalle rivendicazioni di diritti da parte di coloro la cui sorte era ignorata dalle scelte fatte dalla maggioranza decisionale. Infatti, se oggi donne, ner*, e bambin*, sono soggetti di diritto, è perché vi è stato un movimento di protesta, che ha lottato per l’estensione del diritto a queste categorie, che altrimenti avrebbero continuato a essere considerate come naturalmente inferiori e dipendenti da altri. Se il suffragio universale esiste, è grazie a movimenti di lotta politica.

Per questo, se la democrazia è «il governo del popolo, da parte del popolo, per il popolo», considero i movimenti di protesta l'elemento davvero democratico presente nella società. Pertanto, ciò che rende democratica la democrazia è, a mio avviso, la possibilità garantita al popolo di esprimersi in modo performativo attraverso la garanzia della possibilità di una lotta politica.  
La manifestazione performa la realtà: un movimento pubblico che crea un corpo collettivo democratico che richiede di essere ascoltato.