Un espediente usato per depotenziare gli argomenti altrui è sostenere che questi non siano così importanti perché i problemi sono ben altri. Così le discussioni perdono energia e sviano dal loro focus. Bruno Mastroianni spiega le caratteristiche del "benaltrismo" e come evitarlo.
Spesso le conversazioni a cui partecipamo o assistiamo frizionano quando il nostro interlocutore controbatte ad un certo argomento dicendo che alla fine è inutile, o almeno non urgente, discutere di esso, perchè in fondo i problemi sono "ben altri".
Più spesso del previsto potremmo essere noi ad utilizzare questa tattica con qualcuno, magari senza rendercene conto, ma di fatto mettendo in atto una fallacia retorica che finisce per compromettere la discussione.
Questo espediente, che consiste appunto nel derubricare gli argomenti altrui in favore di altri ritenuti più importanti, è chiamato "benaltrismo", e il suo utilizzo, specie nel contesto pubblico, è ben lontano da non avere effetti.
Bruno Mastroianni – giornalista e filosofo, docente incaricato di Teoria e pratica dell’argomentazione digitale presso l’Università di Padova e autore, fra altri titoli, di “Litigando si impara. Disinnescare l’odio online con la disputa felice” (Cesati, 2020) e “La disputa felice. Dissentire senza litigare sui social network, sui media e in pubblico” (Cesati, 2017) – ha risposto ad alcune domande in merito, che permettono di cogliere bene che cosa sia il "benaltrismo" e come provare ad evitare di subirne gli effetti, ma anche di metterlo in atto noi stessi.
"Il benaltrismo è una manovra evasiva che cerca di far deragliare il focus della discussione da un punto centrale verso altre questioni, che non è detto siano pertinenti e rilevanti. Una perdita dell’argomento per far fallire la discussione".
Possiamo dire che depotenzia anche l’interlocutore?
È il suo effetto principale: scopo della manovra benaltrista è togliere forza alle argomentazioni dell’avversario gettando su di esse il sospetto di non essere sufficientemente rilevanti, prioritarie, precise. La replica benaltrista simula che ci sia altro, più importante, di cui occuparsi. Lo simula perché di fatto non dimostra quasi mai la rilevanza di ciò che è contenuto nel “ben altro”.
Cosa accade quando il benaltrismo viene usato in politica?
Accade uno dei mali della discussione: la perdita del focus sull’argomento. I discorsi così si disperdono, vengono inquinati da altri discorsi non rilevanti, ci si distrae, non si rimane sul punto che richiederebbe di essere discusso. Il benaltrismo viene usato in politica per eludere domande, per sottrarsi a critiche ben costruite, per evitare di dover dare conto di contraddizioni e debolezze di ragionamenti non solidi.
E quale impatto ha sull’opinione pubblica?
L’opinione pubblica ci rimette perché uno dei beni principali della discussione è la capacità di andare fino in fondo su un certo argomento per metterlo alla prova e per poter valutare le ragioni e contro ragioni in gioco. Lo spostamento fa perdere attenzione e toglie energie al confronto. Il risultato finale è essere circondati da pseudo-discussioni, che alla fine non portano da nessuna parte.
Soprattutto, è efficace o i cittadini hanno la capacità di cogliere lo spostamento d’attenzione?
Tendenzialmente è efficace perché attiva meccanismi identitari. Chi fa la manovra benaltrista di solito sottintende un attacco rivolto al suo interlocutore e ai suoi argomenti. Questo è un richiamo ai propri tifosi per riconoscersi nella comune contrapposizione. Spesso poi il benaltrismo viene usato dagli utenti stessi nei commenti dei social per attaccare le argomentazioni sgradite. Ne vengono fuori spesso valanghe di distrazioni dal tema che non contribuiscono a una migliore conoscenza della realtà, ma solo a un puro polarizzarsi gli uni contro gli altri, impermeabili alle ragioni altrui.
Come si risponde al benaltrismo? Ci sono degli strumenti che si possono adottare?
Al benaltrismo si risponde con la manovra del ritorno costante all’argomento. È molto importante non solo non lasciarsi trascinare dagli altri argomenti sollevati ma soprattutto non raccogliere l’intento contrappositivo che di solito il benaltrismo sottindende. Se il benaltrismo porta su temi irrilevanti o impertienti è sufficiente lasciarlo cadere e tornare all’argomento principale. Se invece solleva un tema realmente importante si può accettare in parte per tornare al punto: “anche il problema che sollevi tu è importante e degno di discussione, ma adesso stiamo parlando di questo”. Se il benaltrismo è vago e vuole solo minare la rilevanza dell’argomento sollevato con espressioni del tipo: “non basta questa soluzione”, “è molto più complesso di così”, “bisognerebbe valutare anche altre possibilità”; la replica migliore è la domanda: “perché ritieni che non basti?”, “puoi spiegarmi in che senso è più complesso?”, “quali altre soluzioni vedi e perché?”. In questo modo si lascia all’altro il compito di giustificare la sua manovra benaltrista e non si cede al prenderla per buona senza le prove che la sostengono.
L'abilità di eludere le tesi spostando il focus su altro è un male in generale. Il benaltrismo genera confusione e depotenzia le discussioni a danno degli interlocutori, che, nel caso della politica, sono i cittadini.
L'antidoto è anzitutto riconoscerlo, e poi essere i primi a non usarlo.
Se c'è "ben altro" di cui parlare e di cui occuparsi, a essere superfluo rischia di diventare il parlare stesso, quando parlare per capirsi, magari anche scontrandosi duramente, è invece il fondamento delle nostre relazioni interpersonali e anche della nostra democrazia.
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