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"Eh ma la Cina..." e altre sbadate narrazioni del nuovo negazionismo climatico

"Eh ma la Cina...", "il clima è sempre cambiato", "non è grave come sembra" sono solo alcune delle narrazioni del cosiddetto neo-negazionismo climatico che hanno lo scopo di creare una post-verità nella quale il cambiamento climatico esiste, ma di cui non ci dobbiamo occupare.

Scrivo questo articolo mentre fuori, in un'anomala giornata di primavera, si toccano i 30°C, una temperatura decisamente fuori stagione. Proprio in questo contesto, qualche giorno fa un esponente dell'attuale governo italiano ha dichiarato durante un incontro ufficiale (parafraso): "anche io amo l'ambiente, ma che senso ha decarbonizzare in Italia quando la Cina emette il 30% delle emissioni di CO2 globali? Chi lotta per la decarbonizzazione è un servo della Cina". In questa frase si concentra buona parte delle narrazioni del neo-negazionismo climatico ed è quindi un perfetto caso studio da analizzare per comprendere il fenomeno a metà strada tra il complottismo e la propaganda.

Il fatto che l'emergenza climatica esista, che il riscaldamento globale sia un fatto attestato, è ormai sotto gli occhi di tutti; anche i più scettici, infatti, si sono ritrovati nel loro quotidiano e sempre più spesso a fare i conti con temperature e precipitazioni estreme e fuori stagione. Non potendo più negare una realtà sempre più evidente, fatta di insopportabili ondate di calore e disastrose alluvioni, i negazionisti del cambiamento climatico stanno rapidamente cambiando narrazione con lo scopo di creare una post-verità nella quale il cambiamento climatico esiste, ma di cui non ci dobbiamo occupare.

Questa nuova tendenza è stata studiata ampiamente da Beau Segers e Manès Weisskircher per il Centro di ricerca sull’estremismo dell’Università di Oslo e [di Oslo. I due studiosi classificano la tendenza in 3 tipi principali di scetticismo climatico (oltre al normale negazionismo sulla crisi climatica vera e propria). [1]

- lo scetticismo sull'attribuzione: vede l'attuale cambiamento climatico come un fenomeno esclusivamente naturale e non conseguente delle attività umane.
- lo scetticismo sull'impatto: considera chi non riconosce la gravità del fenomeno pur ammettendone l'esistenza.
- lo scetticismo sul processo: si riferisce a chi si oppone o mette in discussione le politiche, i metodi e le tecnologie utilizzate per far fronte alla crisi. 

Tutte queste idee, per quanto diverse, invitano alla stessa strategia: l'inattività. E tutte queste narrazioni, così come ogni teoria negazionista, sono vulnerabili a un'analisi più approfondita degli stessi fenomeni che gli scettici prendono in considerazione.

Lo scetticismo sull'attribuzione basa le sua fondamenta sull'affermazione che "il clima è sempre cambiato". Si tratta di un celebre cavallo di battaglia dei neo-negazionisti, che, così dicendo, si ammantano di un apparente conoscenza del clima terreste; basta approfondire un po' l'argomento per smentire totalmente la narrazione. Se è infatti vero che il pianeta ha attraversato innumerevoli cambiamenti climatici nella sua storia, con periodi sia freddi che caldi, è anche vero che l'attuale rapidità con cui cambiano le temperature e le emissioni di gas serra non ha precedenti nel record paleoclimatico. L'industrializzazione della specie umana, che era invece assente nelle migliaia di anni precedenti, è invece l'unica variabile accertata in grado di giustificare un tale cambiamento.

I livelli di anidride carbonica di oggi sono più alti di quelli degli ultimi 800.000 anni. Da nasa.gov


È ormai appurato che l'attuale riscaldamento globale sia frutto delle attività umane, ciò è dimostrato da migliaia di studi di settore e confermato addirittura dagli studi commissionati dalle stesse industrie petrolifere. Ma, per quanto nel mondo scientifico il dibattito sia finito da un pezzo, tra i social, i bar e i congressi politici si continua a sentire che "non è colpa nostra". È chiaramente una forma di deresponsabilizzazione che fa presa poiché facile e rassicurante. Se non è nostra responsabilità allora non ci dobbiamo sentire in colpa per quello che accade: è un modo per tenere a bada l'ansia climatica ed eventuali sensi di colpa per i decenni passati ad ignorare i fenomeni e gli allarmi dei ricercatori. Risulta inoltre un sistema utile a governi e società per non adottare politiche potenzialmente impopolari o per cambiare abitudini, ormai radicate, dannose per l'ambiente.

Lo scetticismo sull'impatto è sicuramente quello più diffuso. Da anni si sente parlare (non abbastanza) del cambiamento climatico e grosse fette della popolazione ne sono quantomeno a conoscenza, ma senza magari comprendere a pieno gli effetti. Dietro la frase "Io amo l'ambiente ma dobbiamo pensare ad altro" si nasconde la tendenza a sminuire e ignorare le terribili conseguenza che questo fenomeno ha già adesso su ecosistemi, coltivazioni, turismo e popolazioni. Anche questa narrazione porta ad una generale rassicurazione sul futuro dell'umanità e a un diffuso immobilismo che preserva settori e abitudini ad alto impatto ambientale.

Infine, la più subdola delle narrazioni neo-negazioniste: lo scetticismo sul processo. Se da un lato l'avere un dibattito su come affrontare la sfida e cercare varie alternative è sicuramente qualcosa di positivo, dall'altro i negazionisti spesso utilizzano e divulgano dati consciamente mal interpretati, incompleti o mal commentati, al fine di puntellare le argomentazioni anti-ambiente e impedire così un reale dibattito costruttivo. A partire dalle finzioni sul tema della carne coltivata, per non parlare delle critiche rabbiose sulla mobilità sostenibile, ogni aspetto è bersaglio dello scetticismo sul processo. Tra le argomentazioni preferite dagli scettici c'è quella che punta il dito verso i grandi paesi inquinatori come Cina e India, descritti come principali colpevoli della crisi climatica e quindi unici che dovrebbero occuparsi di abbassare le emissioni. Anche qui l'obbiettivo è deresponsabilizzare (in questo caso l'Occidente) e anche questa, per quanto diffusa, è un'argomentazione fallace. È vero che la Cina è il principale emettitore mondiale di gas serra (circa il 30% delle emissioni globali) soprattutto a causa delle molte centrali a carbone lì attive, ma è anche patria di 1.4 miliardi di persone (più di Europa e Stati Uniti messi inseme). Qualsiasi confronto con un paese del genere che non contempli i dati pro-capite è privo di una reale volontà analitica.

Se andiamo ad osservare le emissione pro-capite cinesi scopriamo infatti che equivalgono a 7.4 tonnellate annue per abitante, circa la metà del dato statunitense (15 tonnellate pro-capite) e inferiore anche ai valori degli europei Belgio, Austria e Repubblica Ceca [2]. Il colosso asiatico, inoltre, negli ultimi anni ha potenziato enormemente le infrastrutture energetiche "green", raggiungendo numeri da record. Nel solo 2023 la Cina ha installato pannelli solari per una potenza superiore a quelli presenti in tutti gli U.S.A. [3] e punta alla neutralità energetica entro il 2060. Insomma, la Cina, con tutti i suoi difetti e criticità, non può più essere additata e usata come scusa per non fare la nostra parte.

I dati sulle emissioni dei primi 10 paesi per percentuale globale di emissioni. Da https://www.worldometers.info/

Maglia nera delle emissioni pro-capite sono invece Qatar, Emirati Arabi e Kuwait (dalle 24 alle 38 tonnellate per abitante), con un livello di emissioni pro-capite più che triplo rispetto a quello cinese. Non è un caso che proprio questi paesi siano quelli che più di tutti basano la loro economia sui combustibili fossili; eppure, questi paesi non vengono mai tirati in ballo durante le discussioni dei negazionisti proprio a causa degli interessi economici dell'Occidente, rivelando il disinteresse degli scettici del metodo per la questione ambientale.

In ogni caso, è ormai tristemente evidente che tutti, compresi i negazionisti, siamo immersi nella grande emergenza climatica odierna, e che è dovere di ogni paese industrializzato fare la propria parte per far fronte alla più grande sfida dell'umanità. L'inattività promossa dalle narrazioni neo-negazioniste, al contrario, non è una soluzione praticabile, ma solo un invito a rimanere immobili in una pentola che diventa sempre più calda. È bene quindi iniziare a imparare a cogliere tutti i sintomi delle le nuove ideologie negazioniste e a dotarsi degli strumenti logici per riconoscerle e affrontarle.


1.https://www.researchgate.net/publication/363615482_What_is_the_relationship_between_the_far_right_and_anti-environmentalism
2.https://www.worldometers.info/co2-emissions/co2-emissions-by-country/
3.https://www.infobuildenergia.it/fotovoltaico-cina-installazioni-record/