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Heidegger, Hölderlin e l’aperto

Determinante nel cammino del pensiero di Heidegger è il suo intimo rapporto con la poesia di Hölderlin. Grazie a questo rapporto Heidegger riesce a pensare più a fondo il suo pensiero, e riesce a concepire l’essere in relazione al pensiero dell’**evento** (*Ereignis*).

Heidegger, Hölderlin e l’aperto
Montagna Sainte-Victoire, Paul Cezanne

Determinante nel cammino del pensiero di Heidegger è il suo intimo rapporto con la poesia di Hölderlin. Grazie a questo rapporto Heidegger riesce a pensare più a fondo il suo pensiero, e riesce a concepire l’essere in relazione al pensiero dell’evento (Ereignis).

La pura e semplice parola di questo poeta riesce ad evocare in maniera più originaria quel pensiero già tentato in precedenza, ai tempi di Essere e tempo, quando era legato in maniera vincolante al linguaggio metafisico, e per questo non riusciva a pensare fuori questo sistema. È proprio questo intimo rapporto con la poesia che permette ad Heidegger di scavare più a fondo e concepire l’evento. Il pensatore riesce a trovare nelle parole del poeta quell’essenziale che forse aveva sempre cercato e che Hölderlin era, nella sua semplicità, riuscito a portare a manifestazione.

Leggendo anche solamene alcune parole del poeta possiamo riuscire a vedere come essa riesca a spiegare in maniera semplice quel pensiero di Heidegger che potrebbe inizialmente apparire contorto.

“Su, vieni! Guardiamo all’aperto,
Cerchiamo quello ch’è nostro, per quanto sia ancora lontano.”

Appare quasi incredibile come queste parole, scritte circa un secolo prima, riescano ad indicare la via verso il pensiero dell’evento dell’essere. Vengono chiamati in causa lo sguardo e l’aperto, entrambi concetti chiave di questo pensiero.

L’aperto sconta quella condizione aletico-manifestativa[1] che caratterizza l’essere in quanto tale e che l’uomo in quanto dasein[2] è chiamato a sostenere.
L’apertura, in tedesco lichtung, che possiamo tradurre anche con radura, è quella dimensione intima tra l’essere e l’uomo in quanto dasein nel quale avviene il rapporto ontologico originario. Il corrispondere dell’uomo al darsi dell’essere è questa apertura che illumina le cose e le fa sorgere. Le cose si danno e si essenziano nella loro essenza grazie a questo co-rispondere dell’uomo alla chiamata dell’essere. Le cose risplendono nell’apertura, e ci sono così vicine. E questo rapporto che più di ogni altro ci appartiene è ciò che Hölderlin ci invita a cercare.

“Ma certo, il terreno nativo, il suolo del tuo paese
Che ricerchi è vicino, ecco ti viene incontro”

È interessante notare come Hölderlin sopra parli di una lontananza, mentre poi nomini una vicinanza. Queste due condizioni sono entrambe inseribili entro il pensiero di Heidegger in relazione all’evento.

L’essere è ciò grazie alla quale possiamo incontrare gli enti nella loro vicinanza. L’orizzonte dell’essere ci viene incontro, e questo incontro permette agli enti il loro essenziarsi nell’aperto. L’essere, quindi, è più vicino della vicinanza degli enti, ma è anche più lontano perché ha un carattere ineffabile.
L’essere è il semplice, e nella sua semplicità è nascosto entro l’essere presente dell’ente. L’essere è lontano in relazione alla sua natura costitutiva. Esso si dà all’uomo, e in questo è vicino, poiché permette il sorgere di ogni ente.
È lontano in quanto esso, nel suo darsi, si oblia nell’ente e si chiude in esso. Per utilizzare il linguaggio di Heidegger: l’essere è evento diradante-velante; nel suo diradarsi permette l’apertura entro la quale l’uomo e gli enti stanno, e si vela, si racchiude in essi, permettendo a questi ultimi il loro essenziarsi.

Questa dinamica, nella quale l’essere si “oblia” è essenziale affinché si dia l’apertura nella quale le cose sorgono. Questa dimensione aletico-manifestativa “viene incontro” all’uomo, ed esso, come abbiamo già detto, è chiamato a sostenere questo incontro nell’aperto.
L’aperto è quell’intimo rapporto del darsi puro e semplice dell’essere all’uomo. Esso è quell’ente che può corrispondere questo darsi. L’essere sboccia nella sua semplicità, esso sorge, si dà, senza fondamento. E l’uomo riesce a pervenire alla sua essenza solo quando corrisponde questo sbocciare. Esso, nella sua vicinanza all’essere, raggiunge il fondamento più nascosto della sua essenza, ed è come l’essere, senza perché.
Allora le cose vengono incontro all’uomo, in tutta la loro luminosità, nell’aperto.


  1. Questo termine richiama la parola greca aletheia, che vuol dire verità, ma per Heidegger la verità non è intesa nei termini dell’adeguazione del soggetto all’oggetto rappresentato, ma in pieno senso etimologico: disvelato. Il disvelamento non è altro che l’essere inteso in relazione al pensiero dell’evento. L’essere sorge e si dà, questo darsi originario, questo manifestarsi, determina l’essenziarsi degli enti. ↩︎

  2. Il dasein è l’uomo, Heidegger non usa il termine uomo perché ne vuole rideterminare l’essenza. Uomo è una parola troppo riempita di concetti filosofici e antropologi. Usare questa parola significa farsi carico di quelle problematiche che questa parola potrebbe far sorgere. Per dasein Heidegger intende quell’ente il cui essere ne va di questo stesso essere, ovvero quell’ente che è aperto al proprio essere e può in qualche modo problematizzarlo. ↩︎