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I problemi lievitano

Al parlamento è una giornata tranquilla: "Inutile che mi guardiate con quelle espressioni smarrite, cari colleghi: sì, ho riflettuto. Ho riflettuto a lungo su quello che poteva essere o meno la soluzione ai problemi degli italiani".

Al parlamento è una giornata tranquilla.
Gli onorevoli, accorsi in massa, fremono nell'attesa di discutere le nuove proposte di legge riguardo l'istituzione di nuove giornate nazionali; di solito sono divertenti e, tra la colazione delle 11:00 e la partita di burraco delle 11:30, c'è sempre spazio per farsi una risata.

I minuti passano, e oltre a qualche colpo di tacco notevole come "la giornata nazionale del divertimento in sicurezza" e quella per celebrare il Calendario gregoriano, non c'è stato niente degno di nota. Terminata la seduta, i deputati chiudono la partita a scopa sul cellulare e si rialzano prendendo la propia borsa; quelli che avevano riposato gli occhi si ridestano appena in tempo, asciugandosi il rivoletto di saliva. Prima che uscissero, però, un esponente della maggioranza si alzò in piedi, con in mano i fogli della sua ultima proposta. I colleghi si fermarono e tornarono a sedersi, non tanto per l'interesse rispetto al discorso quanto, piuttosto, per l'enorme naso rosso, gonfio e tumefatto, che campeggiava sul viso, pallido come un lenzuolo, del parlamentare.

«Per chi se lo stesse chiedendo, sono andato a sbattere contro una porta. Tuttavia, non sono qui, oggi, per parlarvi del mio naso rosso, bensì di alcune cose a cui ho pensato.
Inutile che mi guardiate con quelle espressioni smarrite, cari colleghi: sì, ho riflettuto.
Ho riflettuto a lungo su quello che poteva essere o meno la soluzione ai problemi degli italiani.
Voi mi chiederete quali.
Qualsiasi, vi rispondo io.

I tentativi da parte delle istituzioni sono stati molti, non lo nego, e tutti rispettabilissimi: c'è chi ha pensato di costruire un ponte tra i popoli meridionali per colmare le distanze materiali e non, chi ha eretto turgide opere d'arte dal vigoroso significato pronte a spargere sui volti dei turisti il seme della cultura napoletana e chi ha cercato di combattere la discriminazione legata all'immigrazione con erasmus in barca verso l'Albania (perché, come sapete meglio di me, se non si viaggia si corre il rischio di diventare razzista). Tutto questo, però, non è bastato.
Siamo stati criticati perché queste soluzioni non erano all'altezza, in quanto ci vorrebbe ben altro per risolvere queste e altre emergenze; perché le nostre soluzioni a occhi colmi di invidia sembravano, apparentemente, "sempliciotte".

Ma la vita è una scala di priorità, e io mi sono deciso a percorrerla tutta.
Non hanno bisogno di strade, perché senza un adeguato mantenimento a cosa servono? Né hanno bisogno di più fondi per l'istruzione e per la sanità perché ci sono problemi più gravi a cui pensare! Ad esempio capire chi si può sposare e come lo può fare, se ha o meno il diritto di contribuire alla crescita della natalità del nostro Paese.
Gli italiani non credono più in nulla, e noi siamo sempre stati fraintesi.
Ripudiamo le lotte del movimento LGBTQ+ non perché contrari alla loro emancipazione, come si pensa, ma in quanto divisivi. Le persone queer professano la libertà di essere ciò che si vuole, e anche a noi piace la libertà, ma sono le prime a fare distinzioni tra una persona e l'altra categorizzandosi e incasellandosi sotto nomi e sigle, come ad esempio sulle preferenze sessuali: loro sono le prime a distinguersi dicendo "io sono così, tu invece sei diverso perché ti piace la vagina" (vedo dei risolini da parte dei colleghi della coalizzione, ma perdonatemi per il linguaggio scurrile: serve ad infatizzare).
Hanno scelto per loro una bandiera con i colori dell'arcobaleno, ognuno però ben separato dall'altro, senza mescolarsi.
Coincidenze? Io non credo.

Gli italiani non necessitano di corsi sui sentimenti, o leggi a tutela delle minoranze. Qual è il vero problema a monte degli italiani?
Che sono disillusi.
Allora noi gli daremo ciò di cui hanno bisogno: un simbolo in cui riconoscersi e per cui lottare.
Un segno che non sia la bandiera lasciata alle intemperie, antica e trascurata perché non più in grado di rappresentare nulla, lontana dalla nostra quotidianità. Ci vorrebbe qualcosa che metta tutti d'accordo, anche se con difficoltà. Questo che vi presento sarà un segno che rappresenterà l'anima industriale del popolo italico, un prodotto che affonda le mani nell'artigianato e nella gastronomia; un simbolo che in sé veicola il bellissimo messaggio della convivenza: perché l'Italia è un luogo splendido, dolce e dorato, dove tutti vivono in armonia e lo rendono migliore. Un luogo dove le scorzette d'arancia, quelle buone, convivono al fianco dei pezzettini di cedro, dove la mandorla costruisce una famiglia con la goccia di cioccolato. Questo simbolo rappresenta non solo il rispetto recirpoco, ma anche la crescita dell'individuo, sia economica che sociale, la lievitazione tra una classe sociale e l'altra tramite il merito, e soprattutto l'unione tra tradizione e innovazione, tra i canditi e la crema allo spritz. Un dolce che è festa, famiglia, casa, che è umiltà e luxury: questi, sono i valori fondanti dell'Italia che amiamo.

E questa considerazione in che modo risolverà i problemi di questo paese Paese? Sinceramente non ne ho idea, però so una cosa: non abbiamo tempo per discutere di economia, immigrazione, pensioni e occupazione se lavoriamo con la consapevolezza che il nostro popolo non si possa riconoscere univocamente in qualcosa, e che se eleggeremo il panettone come simbolo nazionale per un giorno, forse non sapremo come evitare una nuova alluvione, forse per una cattiva gestione dei fondi non salveremo delle vite, ma siamo sicuri che la pausa, dopo una giornata intera a spalare fango, sarà più dolce.

Grazie.»

Un boato si alza dalle file dei compagni, il Parlamento rimbomba di applausi scroscianti.

«E ora, tutti a giocare a burraco!»

Altro boato di gioia. Gli onorevoli caricano sulle spalle il collega e, festanti, lo portano in trionfo fuori.

Nel frattempo, qualcuno in prima fila era rimasto seduto, silenzioso, con la testa china sul petto, forse a riflettere.
«Zzz...»

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Photo by Food Photographer | Jennifer Pallian / Unsplash