Qual è il rapporto tra tecnologia e ambiente? In che modo il mezzo trasforma la nostra esperienza ordinaria?
La recente evoluzione delle moderne tecnologie ha preso strade inaspettate: dapprima progettate per essere un in più al nostro modo di comunicare ed esperire l’ambiente, la loro identità ha preso il sopravvento dipendendo sempre di più dal dove esse vengono utilizzate. Quale luogo può essere migliore per le tecnologie? Quale ambiente può favorirne lo sviluppo? Le tecnologie non innervano più l’ambiente, siamo noi a costruire per loro l’ambiente in cui possono operare.
La tecnologia opera nell'ambiente o sull'ambiente?
Negli ultimi anni è molto in voga la dicitura "media": "media digitali", "social media" sono infatti espressioni ormai ricorrenti. Ma cos’è esattamente un media? È una vera e propria struttura dell’esperienza, una forma di sensibilità incanalata nella nostra vita da millenni a cui ricorriamo per esprimerci e che, con l’evoluzione del processo tecnico, ha portato alle moderne tecnologie dell’informazione e della comunicazione (o ICT). Dunque possono essere considerati a pari merito media sia le pitture rupestri sulle pareti delle caverne in epoca preistorica, sia gli attuali post su Instagram.
Il termine "media" deriva dal latino medium, letteralmente "mezzo" o "strumento", ovvero qualcosa che si frappone tra noi e ciò che vogliamo conoscere: è quindi un “essere-tra”, cioè tra noi e il nostro scopo, tra noi e gli altri individui.
Le “vecchie” e “moderne” tecnologie operano grazie e dentro un territorio: la conseguenza è che lo spazio non appare come un contenitore neutro in cui i media prendono una loro particolare "regione", ma lo spazio stesso diviene un’entità viva che risponde alla presenza dei media, un luogo ibrido in cui il divario tra "online" e "offline" è difficile da individuare. I media, per come li intendiamo noi, infatti non servono più solo a trasmettere e conservare informazioni, ma ci permettono di negoziare con la realtà. Prendiamo un esempio di vita quotidiana tanto semplice quanto esaustivo.
State andando in macchina in un luogo che non conoscete bene: subito utilizzate Google Maps che grazie al Gps riesce a mappare lo spazio che vi circonda e indicarvi la strada.Una delle funzioni del navigatore è quella di scegliere il percorso più veloce che faccia evitare il traffico. Un’opzione che potrete scegliere comodamente seduti sul sedile della vostra auto, un semplice click e quel traffico, salvo imprevisti dell’ultimo minuto, non lo incontrerete. Il medium ha operato non solo sull’ambiente, ma ha anche cambiato l’esperienza che avrete voi di quella giornata, evitandovi magari qualche arrabbiatura di troppo.
Radicati nello spazio quindi i media rivelano la loro natura di mediatori, e lo spazio pervaso da questi diviene culla di questa mediazione. Tutto viene deciso grazie alla tecnologia, anche il locale in cui andrai a mangiare stasera per fare colpo sul ragazzo/a che ti piace!
Le ICT trasformano il mondo in infosfera
In un libro di Luciano Floridi del 2017 “La quarta rivoluzione. Come l’Infosfera sta trasformando il mondo”, l’autore interviene proprio nel merito delle già nominate ICT: il processo tecnologico, le sue accattivanti possibilità, l’illusione del progresso ci ha hanno portato a considerare le ICT come il mezzo tramite cui interagiamo con il mondo, influenzandolo. Il nostro approccio alla realtà e perfino la comprensione che abbiamo di noi stessi dipendono dal web 2.0:
“vi sono talune persone nel mondo che vivono già nell’età iperstorica, in società e in ambienti nei quali le ICT e le loro capacità di processare dati non sono soltanto importanti, ma presentano condizioni essenziali per assicurare e promuovere il processo sociale, la crescita individuale e lo sviluppo generale” (p.4)
Il rischio additato da Floridi è quindi chiaro: questo debito enorme che contraiamo con la tecnica riduce la natura a luogo di adattamento e l’ambiente smette di essere il nostro spazio per trasformarsi anch’esso in un medium, un terzo elemento che si frappone tra noi, gli oggetti e le esperienze che stiamo vivendo. Presi in questo vortice stiamo trasformando il nostro ambiente lasciando in mano alle future generazioni quella che Floridi chiama "infosfera", uno spazio non fisico, ma informazionale in cui il collegamento tra vita vissuta online e vita offline diviene sottile in quanto la comunicazione tra la nostra vita “ordinaria” e quella “virtuale” diviene più labile. I nostri cellulari sono sempre accesi, in nostri occhi sempre sullo schermo, l’ambiente che ci circonda ridotto sempre più sullo sfondo. È dunque questo il più grande rischio della tecnica additato da Floridi: la degenerazione da ambiente come luogo da abitare, ad ambiente come luogo da modificare. Sappiamo che l'uomo ha da sempre dovuto modificare l'ambiente o adattarcisi per poter sopravvivere ed evolversi, ma mai come in quest'epoca, definita Antropocene (in cui l'antropos, ossia l'uomo ha il potere di influire sulla biologia del mondo) ha posseduto una simile capacità di imporsi sull'ambiente, dimenticando che lui stesso è parte di quest'ambiente, e che l'eccessivo sfruttamento e deperimento del primo gli si ritorcerà contro.
Note bibliografiche
- Floridi L., La quarta rivoluzione, come l'infosfera sta trasformando il mondo. Cortina, Raffaello: 2017;
- Montani P., Cecchi D., Ambienti Mediali.Meltemi:2018;
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