Nell'epoca della semplificazione i discorsi sul clima vanno spesso a impantanarsi nella palude del benaltrismo: dove ogni dilemma viene liquidato con "il problema è ben altro". Una situazione surreale equivalente al non sapere che cravatta mettersi quando è in arrivo un uragano.
Nell'epoca della semplificazione e dell'immediatezza, i discorsi socio-politici, che siano fatti al bar davanti a un caffè, sui social o in parlamento, vanno sempre più spesso e quasi naturalmente a impantanarsi e a morire nella palude del benaltrismo. Un non-luogo nel quale ogni dilemma e ogni questione viene liquidata col far notare che "il problema è ben altro".
Tale tecnica (se così la si vuole generosamente chiamare) trova particolare utilizzo quando si parla di cambiamento climatico (sì, sempre lui).
Gli effetti del cambiamento climatico sono sempre più evidenti e negarli (magari mentre si è in t-shirt a ottobre) è diventata un'attività sempre più difficile da praticare [1]: ecco quindi entrare in gioco un po' di sano benaltrismo, che solitamente non solo ammette l'esistenza di un cambiamento climatico (sono sempre meno i negazionisti duri e puri) ma ne accetta anche la causa antropica, causa antropica che però non è (seguendo questa narrazione) un qualcosa di cui occuparsi.
Anche ai livelli più alti degli organi istituzionali spesso si sentono discorsi che pongono il cambiamento climatico come qualcosa di secondario, un problema che esiste ma che possiamo permetterci di ignorare poiché c'è da pensare all'economia, al lavoro, all'immigrazione. Tutti temi indubbiamente centrali, ma che in un discorso di questo tipo vengono banalizzati e scollegati dalla questione della transizione energetica e degli eventi climatici estremi, come se fossero elementi esterni e separati dalla nostra realtà.
Non bisogna essere degli esperti climatologi per capire che ovviamente non è così. Il clima fa parte del nostro quotidiano e influisce profondamente su settori come economia, sanità, urbanistica (solo per dirne alcuni). Basti pensare all'agricoltura e come clima ed eventi estremi influiscano sugli introiti finali, sulle varietà coltivate e sui danni a infrastrutture e piante causati da siccità e inondazioni. Solo per il 2023 si sono registrati 6 miliardi di danni all'agricoltura italiana dovuti a eventi climatici [2] e circa 16 miliardi di danni a infrastrutture e immobili causati dalle ormai frequenti alluvioni tra Emilia-Romagna e Toscana per il biennio 2022-2023 [3], giusto per metterla sul piano dei soldi.
Anche la transizione energetica verso fonti rinnovabili spesso viene vista dai governi più come un problema aggirabile che come un qualcosa di necessario.
Si considera il profitto come unico punto di arrivo, si considera la crescita costante come unica strategia economica (in un pianeta che non ha risorse infinite) e gli investimenti sui combustibili fossili e sulle auto a motore termico unico modo per raggiungere questa crescita, senza considerare investimenti, occupazione, tecnologie e benefici sulla salute che forniscono e forniranno le alternative rinnovabili in un mercato che comunque lentamente si muove in quella direzione. Il tutto è reso ancora più surreale se si considera che proprio quei combustibili fossili, tanto appoggiati nei discorsi benaltristici, sono gli stessi che hanno causato i danni di cui sopra e che ci traghettano ogni giorno verso un futuro sempre più incerto (e costoso) nel quale tra "rendere il pianeta quantomeno abitabile" e il "dover vendere più auto" viene preferita la seconda opzione.
Su una Terra che diventa ogni giorno più invivibile per la nostra specie si è essenzialmente seduti intorno ad un tavolo a discutere su quale sia il modo più comodo e redditizio per arrivare alla fine dei giorni anziché fare qualcosa ancora in nostro potere per evitare che questo accada. L'equivalente di scegliere che cravatta mettersi mentre l'urgano è in arrivo (un esempio surreale ma la questione stessa lo è).
Che il benaltrismo climatico faccia acqua da tutte le parti è abbastanza comprensibile e appurato, ma proprio perché si tratta di una tesi facilmente smontabile c'è da chiedersi perché sia così diffusa anche ai più alti livelli istituzionali. Le ragioni sembrano essere più o meno le stesse che avevo raccontato qui. Da parte dei benaltristi climatici sembra esserci la consapevolezza di quello che sta accadendo, e proprio per questo allontanano la questione e insistono nel sottolineare che il problema è solo altro (e non anche altro). È un modo per tenere a bada l'ansia climatica ed eventuali sensi di colpa per i decenni passati ad ignorare gli allarmi di ricercatori e attivisti; è un ragionamento rassicurante che tende a spostare la data di scadenza anche quando il tempo stringe (non molto diverso da quando ho una deadline prefissata ma passo le giornate a pensare che ci rifletterò più avanti, salvo poi trovarmi a dover cancellare impegni e scrivere di notte pur di stare nei tempi). Ignorare la grande questione globale è inoltre un sistema utile a governi e società per non adottare politiche potenzialmente impopolari o per evitare di cambiare abitudini ormai radicate ma dannose per l'ambiente e la salute.
Preferireste continuare a usare auto ovunque o salvare la nostra specie? Poter continuare a mangiare hamburger di manzo o garantire un pianeta vivibile alle prossime generazioni? Molti, probabilmente, preferirebbero fare spallucce e continuare con la propria routine, senza il rischio di prendersi responsabilità o provare a comprendere la questione, ma chi non baratterebbe la comodità con una bella ondata di calore?
Una serie di atteggiamenti comprensibili, certo: se la questione climatica fosse qualcosa fuori dal nostro controllo, magari avrebbe anche senso godersela fino alla fine, ma così non è. Proprio la natura antropica dell'attuale cambiamento climatico è ciò che deve spingerci a occuparci della questione. Essere noi e le generazioni precedenti la causa di siccità, ondate di calore e scioglimento dei ghiacciai è difficile da ammettere e da sopportare, ma proprio perché siamo noi la causa di tutto ciò, noi possiamo porre rimedio, eliminando il prima possibile il problema di che cosa indossare per la fine dei giorni.
1. https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0959378022000309
2. https://shorturl.at/qC5bX
3. https://shorturl.at/Cc5G1
Comments ()