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Il Circeo: sintomo di un massacro senza fine?

Il massacro del Circeo, nel 1975, fu uno dei casi di violenza sessuale più aggressivi della storia italiana. Sono passati 47 anni, eppure siamo costretti ancora a sentire dinamiche di violenze sessuali e condanne mediatiche simili. Che il Circeo sia stato solo il sintomo di un massacro senza fine?

Era il 1975 e tra le giornate del 29 e del 30 settembre tre ragazzi di nome Angelo Izzo, Giovanni Guido e Aldo Ghira violentarono, seviziarono e massacrarono due ragazze di nome Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, causando la morte di quest'ultima.

Molti conosceranno il caso passato alla storia come il Massacro del Circeo, nome preso dal luogo in cui avvenne l'omicidio e le innumerevoli violenze sulle due ragazze romane. Un caso, fra i tanti, che ha destato clamore non solo per il l’impatto violento e mostruoso, ma anche per il barlume di speranza che portava con sé la denuncia della sopravvissuta, Donatella, in vista di un cambiamento legislativo, nonché di una maggiore considerazione nei confronti dei casi di violenza sulle donne.

Gli articoli del codice penale del tempo (codice Rocco) determinavano la violenza sessuale come delitto alla moralità pubblica e del buon costume. Lo stupro, non ledeva un soggetto, la sua volontà, il suo consenso e la sua dignità, ma arrecava una semplice offesa al buon costume. Violentare era considerato un comportamento non propriamente corretto, ma in fondo non toccava nessuno. Tale norma determinava l'invisibilità della donna e, peggio, giustificava l'atteggiamento violento maschile come la reazione alla mancata "bontà di costume" della donna, che con dei comportamenti giudicati sconvenienti provocava su di sé un incontrollabile impeto sessuale maschile.

Il Massacro del Circeo e la voce di Donatella Colasanti mossero ancor più violentemente le acque della cosiddetta seconda ondata del movimento femminista in lotta dal ’68 per scardinare l’ideologia patriarcale e maschilista. Il movimento amplió il dibattito ad una gamma di questioni quali la sessualità, la famiglia (come l'attenzione sulla violenza domestica e sulle questioni inerenti allo stupro coniugale e sui cambiamenti in atto nel diritto di custodia dei figli e di divorzio) il lavoro e i diritti riproduttivi, le disuguaglianze de facto e quelle giuridiche ufficiali.

Tra queste innumerevoli richieste promosse dalle donne a livello legislativo (e non solo), fu proprio il cambiamento della legge sulla violenza sessuale che nel 1979 vide delinearsi dei primi progetti di riforma. Tuttavia solo nel 1996 la violenza sessuale fu considerata come reato contro la persona. La denuncia del caso del Circeo riuscì a condannare i tre all'ergastolo (solo per uno di questi vi fu uno sconto di pena per attenuanti a dir poco incoerenti con l'accaduto), ma uno di loro, Angelo Izzo, dopo una concessione di semi-libertà nel 2005 uccise ancora altre due donne; ad oggi sconta un nuovo ergastolo.

Rispetto a questa tragica vicenda avvenuta in un'Italia degli anni '70, nel pieno di ideologie politiche chiaramente contrastanti ma determinanti, però, non possiamo utilizzare ancora del tutto la parola "passato".

Siamo nel 2019, un ragazzo viene assolto per lo stupro di una sua amica: alla base dell’assoluzione ci sarebbe l’assunto che la vittima "alterata per un uso smodato di alcol provocò l'avvicinamento del giovane che la stava attendendo dietro la porta. La ragazza si trattenne in bagno, senza chiudere la porta, così da fare insorgere nell’uomo l’idea che questa fosse l’occasione propizia che la giovane gli stesse offrendo. Occasione che non si fece sfuggire. Nulla può escludere che sull'esaltazione del momento – si legge nella sentenza – la cerniera, di modesta qualità, si sia deteriorata sotto forzatura".

Siamo nel 1976, al processo del Circeo, la difesa sostiene: "Avete cominciato con il dire «Abbiamo parità di diritto, perché io alle 9 di sera debbo stare a casa, mentre mio marito, il mio fidanzato, mio cugino, mio fratello, mio nonno, mio bisnonno vanno in giro?» Vi siete messe voi in questa situazione. [...] Ognuno raccoglie i frutti che ha seminato. Se questa ragazza fosse stata a casa, se l'avessero tenuta presso il caminetto, non si sarebbe verificato niente." E ancora: "Signori miei, una violenza carnale con fellatio può essere interrotta con un morsetto. L'atto è incompatibile con l'ipotesi di una violenza."

Siamo nel 2023, il 7 Luglio scorso a Palermo è stata violentata una ragazza da sette suoi coetanei (di cui un solo minorenne), previdentemente stordita da alcol e droghe, i quali affermano: "Compare, l'abbiamo ammazzata! Ti giuro su mia madre l'abbiamo ammazzata, ti giuro su mio fratello è svenuta. E' svenuta più di una volta, compare, abbiamo fatto un macello, ci siamo divertiti, troppe risate". E ancora: "Se ci penso mi viene lo schifo perché eravamo cento cani sopra una gatta, una cosa così l’avevo vista solo nei porno, eravamo troppi e sinceramente mi sono schifato un poco, però che devo fare la carne è carne, ma ti giuro dopo che si è sentita pure male, piegata a terra, ha chiamato l’ambulanza, l’abbiamo lasciata lì e siamo andati via. Voleva farsi a tutti, alla fine gli abbiamo fatto passare il capriccio". "I pugni che le davano e pure gli schiaffi, non respirava. Lei non voleva, diceva no basta."

Siamo nel 1976, Donatella Colasanti nel racconto del massacro afferma: "prendono Rosaria e la portano in un'altra stanza per cloroformizzarla dicono, la sento piangere e urlare, poi silenzio all'improvviso. Devono averla uccisa in quel momento. Mi picchiano in testa col calcio della pistola, sono mezza stordita, e allora mi legano un laccio al collo e mi trascinano per tutta casa per strozzarmi, svengo per un po', e quando mi sveglio sento uno che mi tiene al petto con un piede e sento che dice: "Questa non vuole proprio morire", e giù a colpirmi in testa con una spranga di ferro. Ho capito che avevo una sola via di uscita, fingermi morta, e l'ho fatto. Mi hanno messa nel portabagagli della macchina, durante il viaggio di ritorno, i ragazzi ridevano allegramente e ascoltavano musica, facendosi beffa dissero: «Zitti, che a bordo ci sono due morte». "

Siamo ancora nel 2023, il 25 Agosto (a poco più di un mese del precedente caso citato) due tredicenni sono state violentate da un gruppo di adolescenti: sei ragazzi, quasi tutti minori. Solo uno era maggiorenne. Le hanno portate con l’inganno in un capannone isolato e poi hanno abusato di loro a turno, con una violenza inaudita.

Cambiano i casi, ma di poco le dinamiche. Cambiano le parole e i termini utilizzati, ma non gli impliciti messaggi. Cambiano le sentenze, sia legali che mediatiche, ma poche volte cambia il risultato. Dall'esempio eclatante qui riportato del Circeo, agli altri (pochi rispetto a ciò che la realtà ci propone) altrettanto eclatanti del nostro tempo, sono passati ben 47 anni. Cosa è successo in tutto questo lasso di tempo? Perchè nonostante ciò che è stato ottenuto nel passato a livello di diritti possiamo oggi affermare a gran voce che abbiamo bisogno ancora di altro? Vi voglio lasciare una mia personale risposta.

Abbiamo da sempre davanti agli occhi un quadro drammatico: la cultura dello stupro e della violenza è la risultante di una cultura maschilista che tenta perpetuamente di determinare la sessualità come una forma di potere e di dominio. Abbiamo ottenuto alcune leggi, alcuni diritti essenziali, ma non abbiamo ottenuto una mentalità scevra dal potere dell'uomo. Non solo, a questo si aggiunge anche un atteggiamento sempre meno inconscio, ma generalizzato, di possedimento consumistico dei corpi (in modo particolare quello femminile), ovvero una postura che causa cicli interminabili di supremazia diretti da tensioni di violenza, possedimento e consumo. Questo atteggiamento è insito nelle dinamiche familiari e relazionali, nei social network, nei porno e in tutto ciò che riguarda largamente il sociale. Proprio sul ruolo ambiguo del porno, usando le parole di Alessandro D'Avenia, vorrei soffermarmi su una riflessione:

"Dovremmo educare i ragazzi alla capacità di conoscere il mondo senza distruggerlo, al contrario di un approccio consumistico dei corpi, soprattutto quelli femminili. [...] La pornografia educa invece a consumare, usare, dominare, perché ha come scopo vendere, rendendo dipendenti dai consumi compulsivi. Prima di parlare di cultura dello stupro, dovremmo interrogarci su quella che chiamerei «stuprornografia»: il consumismo ha trasformato il sesso in dominio e assoggettamento dell’altro, ma le relazioni vere e profonde, proprio grazie al sesso, si «alimentano», non si «consumano». Nella pornografia non c’è nessun altro da me, ma un monologo, spesso violento, in cui l’altro è solo uno strumento. Il vuoto educativo in ambito affettivo viene oggi spesso riempito dall’immaginario pornografico che, anche in termini di ore, è diventato l’educazione sentimentale dei ragazzi, soprattutto i maschi."

In Italia negli ultimi 16 mesi stiamo confermando la nostra lenta degradazione a un sistema di idee e comportamenti che minacciano da tempo un turbamento globale. Infatti, non siamo di fronte ad una crisi psichica di massa, ma siamo davanti al fallimento di ciò da cui i movimenti femministi e di anti-violenza hanno tentato di salvaguardarci per anni. Stiamo contribuendo al perpetuare all'infinito un tipo di realtà il cui male da tempo si cerca di scardinare! Un avviso straziante di cui nessuno si è preoccupato, che continua ad infettare le menti di giovani donne e giovani uomini giustificando questo rapporto violento di potere attraverso gogne mediatiche e, purtroppo, anche giuridiche!

Non voglio presentare qui i paragoni ideologici e politici che si possono constatare nell'Italia odierna con il caso del Circeo, ma lascio a voi il beneficio del dubbio e la possibilità di farvene una vostra personale idea.

Uccisioni, violenze e maltrattamenti sono le parole che si troveranno più spesso accanto al nome di una donna su una testata giornalistica. Dal primo gennaio al 29 luglio 2023 sono stati registrati 70 femminicidi, senza calcolare i casi denunciati di violenza sessuale e di stalking sul suolo italiano. Abbiamo bisogno di un cambiamento radicale a livello educativo e ideologico, perché questa realtà non cambierà se non saranno per prime le menti di tutti gli esseri umani a comprendere le radici e la gravità dei fatti. Se cerchiamo ancora giustificazioni a ogni sorta di azione chiaramente violenta volta a ledere la persona; se cerchiamo ancora il carnefice solo nelle parole, nei comportamenti, nelle ideologie e non nei soggetti; se non diamo valore e considerazione reale alle vittime di violenza e al cambiamento sociale da attuare, questa realtà sarà il patrimonio culturale che offriremo incessantemente a ogni generazione che riusciremo a far sopravvivere su questo pianeta. Non basterà negli anni la voce di Donatella, la morte di Rosaria o la vita strappata a ogni donna uccisa o sopravvissuta al suo carnefice se troveremo sempre una giustificazione e mai una condanna sociale e giuridica, all'unisono. Battetevi finché avrete vita. Abbiate coraggio e manifestate il vostro dissenso. Attuate una rivoluzione educativa, partendo stesso dalla quotidianità, perché perpetuare almeno la speranza di un cambiamento non è mai reato.

Fonti bibliografiche: LaStampa.it; Collettiva.it; Corriere.it; Wikipedia/MassacrodelCirceo

Per conoscere di più sul caso del Circeo consiglio il film "La scuola Cattolica" e la serie-tv "Circeo", oltre ai numerosi documentari e testimonianze facilmente recuperabili in rete.