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Cosa significa "confine" oggi?

Cosa significa il confine al giorno d'oggi? Tramite i suoi diversi significati contribuisce a plasmare nuove forme di dominio e sfruttamento. Attraverso l'immaginario del muro e del suo metodo di conoscenza, il confine viene concepito come luogo di lotta, sia fisica che intellettuale.

La parola confine può prendere numerose accezioni e significati; in generale, quando si pensa al suo senso profondo, ci si immagina delle linee di demarcazione tra il sacro e il profano, il bene e il male, il privato e il pubblico, il dentro e il fuori. Ma come sono pensati i confini al giorno d'oggi? Soprattutto, che funzioni hanno?

Gli autori Sandro Mezzarda, professore di Filosofia politica all'Università di Bologna, e Brett Neilson, professore all’Institute for Culture and Society della University of Western Sydney, nel libro "Confini e frontiere. La moltiplicazione del lavoro nel mondo globale" sono del parere che molte delle storie di confine trasmettono un'idea della profonda eterogeneità del suo campo semantico, delle sue complesse implicazioni simboliche e materiali. In quest'ottica, il confine è iscritto al centro stesso dell'esperienza contemporanea. Le delimitazioni simboliche, linguistiche, culturali e urbane non sono più articolate in modi fissi dal confine geopolitico, sovrappongono l'una all'altra, si connettono e si disconnettono, contribuendo a plasmare nuove forme di dominio e sfruttamento.

Il muro nell'immaginario comune

Sebbene la proliferazione dei confini sia cosi profondamente coinvolta nell'operare di vecchi e nuovi dispositivi di spossamento e sfruttamento, le lotte che ruotano attorno a questo tema giocano un ruolo chiave nell'approfondire un dibattito sulla politica del comune.

Nel corso del tempo, appare sempre più problematica l'immagine del muro: ciò significa che ancora non riconosciamo l'importanza della diffusione mondiale dei muri, appena un paio di decenni dopo la celebrazione della caduta del muro di Berlino. Ma assumere un muro come icona paradigmatica dei confini contemporanei conduce a un'attenzione unilaterale sulla loro capacità di escludere (di cui un esempio è l'azione di Donald Trump in Messico o l'odierna lotta sulla striscia di Gaza). Un rischio di quest'immagine paradigmatica è il rafforzamento dello spettacolo del confine, che consolida l'idea di una divisione netta tra interno ed esterno.

Ecco allora l'importanza strategica dei confini nel mondo contemporaneo: lungi dal servire semplicemente per bloccare o ostacolare i flussi migratori, essi sono diventati dispositivi essenziali per la loro articolazione. Ma essi non hanno solo proliferato, sono anche sottoposti a complesse trasformazioni che corrispondono a quella che Saskia Sassen ha definito "la concreta ed euristica disaggregazione del confine". Dunque i confini sono istituzioni sociali complesse, segnate dalla tensione tra pratiche di rafforzamento e di attraversamento.

I due studiosi sopracitati, quindi, mirano a mostrare come si possa assumere il termine confine non solo come oggetto di ricerca ma anche come punto di vista epistemico, che mette in evidenza le tensioni e i conflitti che sfumano la linea tra inclusione ed esclusione. Questo consente di prendere i codici mutati dell'inclusione sociale nel nostro paese, oltre che aprire nuove prospettive e produttive sulle trasformazioni che attualmente stanno riplasmando il potere e il capitale. I confini dunque sono diventati i dispositivi centrali per l'articolazione dei circuiti dell'economia, del commercio e del lavoro. Essi giocano un ruolo chiave nella produzione del tempo e dello spazio eterogenei del capitalismo globale e post-coloniale contemporaneo.

Confine come metodo

La parola confine racchiude dunque in sé il continuo rivoluzionarsi della geografia che vive nel cuore della globalizzazione mondiale. Il confine dunque come metodo, che nel caso della composizione del lavoro indica la rilevanza strategica dell'eterogeneità attraverso diverse scale geografiche. Nella modernità i confini hanno giocato un ruolo costitutivo nei modi di produzione e di organizzazione della soggettività politica. La cittadinanza ne è il miglior esempio: riflettendo sul rapporto molto stretto fra questa e il lavoro nel XX sec possiamo cogliere i confini che per quanto instabili ed esclusivi, lontano da quello fisico, combattono alcune delle lotte ancora calde nei dibattiti contemporanei. Liberare l' immaginazione politica dal fardello del cittadino lavoratore e dello Stato è particolarmente urgente per aprire spazi al cui interno diventi possibile l' organizzazione di nuove forme di soggettività politica.

A parte le sue dimensioni geografiche, politiche e giuridiche, il concetto di confine ha anche una validità simbolica, ribaltata nel contemporaneo dalla moltiplicazione delle tensioni che investono la configurazione moderna del confine come linea di separazione fra territori statali sovrani. Sia la sociologia che l'antropologia hanno dato un contributo fondamentale alla comprensione di ciò che ha a che fare con la simbologia del confine, e il suo ruolo nel determinare la distinzione tra diverse forme sociali e nell'organizzare le differenze culturali.

Mezzarda, in questo senso, intende il confine come metodo nella misura in cui è concepito come luogo di lotta, sia fisica che intellettuale, è la sua intensità sui confini di molte parti del mondo a ispirare la sua ricerca e elaborazioni teoriche. Il confine come metodo emerge da un confronto continuo con la materialità delle tensioni e dei conflitti che costituiscono il confine come istituzione e un insieme di rapporti sociali.