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Il delitto di Elisa Claps: per non smettere di "guardare"

Dopo diciassette anni dalla sua scomparsa, il corpo di Elisa Claps fu ritrovato nel sottotetto di una delle chiese più "prestigiose" nel centro di Potenza, dove nessuno avrebbe mai guardato, dove il male (dicono) non dovrebbe possedere mai potere. Oggi la stessa chiesa è aperta al culto.

Il 17 marzo 2010 avevo appena 12 anni, ricordo ancora lo sgomento della notizia; in casa mia, come in molte nella città di Potenza, cadde il silenzio.

Dopo diciassette anni dalla sua scomparsa, il cadavere di una mia concittadina fu ritrovato dove nessuno avrebbe mai guardato, dove il male, dicono, non dovrebbe possedere mai potere, dove Cristo avrebbe disposto il suo culto. Elisa Claps fu uccisa e abbandonata nel sottotetto di una delle chiese più "prestigiose" nel centro città di Potenza, dove fede e finzione si sono mischiate velenosamente.

Elisa Claps scomparve il 12 settembre del 1993 per mano di Danilo Restivo. Un personaggio strambo, così lo definivano. Egli infatti nascondeva differenti atteggiamenti psicotici: alcune volte denunciati dalle vittime delle sue manie, altre, invece, "generosamente taciuti". Elisa, come testimoniano i suoi amici e familiari, non vedeva mai il male nell'altro, infatti fu una delle poche persone che ebbe pietà dello strambo ragazzo allontanato da tutti. Non conoscendo questa sua oscurità, lo incontrò, avvicinata con un banale pretesto, nella Chiesa della Santissima Trinità, luogo da cui non uscì più.

Il caso destò particolare clamore proprio per il modo in cui le indagini nei confronti dell'unico (e da sempre certo) sospettato furono condotte e insabbiate. Complici di ciò sono sicuramente il prestigio del nome della famiglia da cui lui proveniva e la sua oscura protettività. Difatti Elisa non fu l'unica vittima di Restivo: dopo essersi allontanato dalla sua città natale, egli uccise ancora. Il 2 novembre del 2002 a Charminster, Heather Barnett perse la vita con le stesse modalità con cui fu uccisa Elisa. La sentenza nei confronti di Restivo fu, in questo caso, quasi immediata e intransigente: nel 2011 fu infatti condannato a 40 anni di reclusione in Gran Bretagna e solo nel 2014 ad altri 30 in Italia. 

Io sono nata nel 1997, a scomparsa di Elisa già avvenuta. Eppure, chiunque, di qualsiasi generazione, a Potenza porta con sé il ricordo di questo ingiustificabile delitto. Chiunque nella propria casa ha tenuto accesa la TV davanti al programma Chi l'ha visto? in attesa che il caso riportasse qualche novità o speranza di ritrovamento. Il tempo era scandito da quella sigla carica di tensione. Era come se ogni cittadino non si capacitasse che in quella stessa città, sicura e quasi ovattata dal mondo esterno, potesse accadere mai qualcosa di terribile.

«Potenza, città dell'apparenza. È come se questa città guardasse tutto e tutti dall'alto senza però voler mai guardarsi realmente dentro. Non succede mai niente di male qui, oppure tutti si vogliono illudere che sia così»

Queste sono alcune delle parole utilizzate da Pablo Trincia nel nuovo e toccante podcast sul caso di Elisa Claps, Dove nessuno guarda (in collaborazione con Skytg24, SkyItalia e Choramedia).

Mi fa riflettere sentire questo modo di dire cittadino in correlazione al caso di Elisa. "Potenza, città dell'apparenza". Non è possibile contare le volte in cui l'abbia ripetuto anch'io. 

Le apparenze servono a nascondere spesso qualcosa di cui si ha paura coscientemente, un lato oscuro che si teme possa emergere, per difendersi ed apparire migliori. Conservare, in altre parole, il prestigio della propria identità, che possa essere personale o comunitaria. Illudersi di essere sempre dalla parte giusta. Ed è vero, nella mia città ci si illude il più delle volte di una apparente serenità, e spesso molte facciate vengono solo esternamente adornate mentre dentro tutto crolla a pezzi, marcio. Ma da oggi so che è diverso

Il caso di Elisa ha visto coinvolte omertà, corruzione, Chiesa e peccato. Il fallimento umano, come quello giuridico-istituzionale, è indubbio. Il tracollo morale, cattolico e spirituale ancor più, continuando a perpetrarsi fino al 5 novembre 2023, data in cui si è celebrata la prima funzione domenicale nella chiesa incriminata (ufficialmente aperta al culto dal 24 agosto 2023).

Questo luogo, questa "chiesa" (che virgoletto poiché, da cristiana, non reputo più tale), porterà per sempre il mistero di questo caso e delle persone coinvolte, che hanno visto, taciuto e nascosto il corpo. La famiglia di Elisa definisce proprio una "messa in scena" il ritrovamento del corpo, avvenuto casualmente solo dopo la morte (cioè nel 2008) del vescovo Don Mimì (Domenico) Sabia, figura di spicco e in carica durante gli anni della scomparsa di Elisa, poiché già lui e molti altri sapevano cosa si nascondeva all'interno sia di loro stessi che della chiesa. I resti del corpo, rinvenuti assieme a tegole sopra ad esso, e i buchi fatti grossolanamente nel muro attestano chiaramente un lavoro di occultamento da parte di terzi ben studiato

Come è possibile che in quel luogo – in cui si è consumato un omicidio, occultato un cadavere e negato da parte della componente ecclesiastica di quella parrocchia qualunque coinvolgimento – si possa pretendere di riporre fede e spiritualità nelle mani di chi dovrebbe intercedere Cristo e la sua parola? Come è possibile, dopo tanto orrore, fingere che sia tutto passato, e poi dimenticare? Come è possibile invece non poter dare voce alla memoria e spazio al cambiamento, sconsacrando dal culto quel luogo indefinibile come chiesa, restituendo rispetto e dignità al ricordo di Elisa?

Lo scorso 5 novembre molti miei concittadini hanno abbandonato le apparenze e assieme alla famiglia Claps hanno innalzato le loro voci per restituire valore alla memoria di Elisa contro la riapertura al culto della Santissima Trinità. 

Tengo a sottolineare la presenza e l'attivismo dei tanti miei coetanei che, nonostante non abbiano vissuto gli anni dello strazio della scomparsa, dimostrano di possedere cuore, empatia e fiducia nel cambiamento e nella giustizia. In molti a Potenza sono accorsi per ricordare, a tutti quelli che sono entrati e che entreranno in quella chiesa, che nessuno più volgerà lo sguardo indietro né taccerà dietro inutili apparenze. Che questo cambiamento avverrà da oggi,  aggiungendo al coro anche le voci di migliaia di giovani nella speranza che ingiustizie di questo calibro nessuno sia più costretto a viverle, e che questa storia diventi, una volta per tutte, davvero di tutti. Allo scorso 11 novembre risale la manifestazione portata avanti da moltissimi studenti di Potenza a dimostrazione della loro sensibilità al caso e vicinanza alla famiglia Claps.

Quello che possiamo fare, nel rispetto di Elisa, è decidere di non entrare in quel luogo, simbolo di ciò che il male umano può causare. È il minimo, se non quasi niente, rispetto a tutto ciò che il nostro Paese, la mia città, l'istituzione Chiesa, la giustizia e tutti noi dobbiamo ad Elisa. 

Molte testate giornalistiche parleranno della "ribellione cittadina" e delle dure ma sagge parole spese dal fratello, Gildo Claps, che da sempre e con grande tenacia, risuonano nelle coscienze di tutti. Quella domenica ero lontana dalla mia città, e non potendo essere fisicamente davanti a quella chiesa, per contribuire con la mia voce al grido cittadino, uso il mezzo della scrittura. Mi auguro quindi che questo articolo possa valere come memorandum di un messaggio più ampio. 

Voglio appellarmi all'omelia fatta al funerale di Elisa da Don Marcello Cozzi, sacerdote nonché rappresentante dell'associazione Libera, con queste parole mentre si rivolge a Dio:

«Ma tu lo sai Signore, la verità è sempre più spesso oggetto di baratto in questo mercato delle apparenze, ostaggio di mille mediazioni e di interessi ricattatori. E anche noi, Signore, anche noi come Chiesa, quante volte ingabbiamo il tuo messaggio in un’infinità di giri di parole e preferiamo restare un passo indietro, arroccati e fermi nelle nostre dinamiche sempre più incomprensibili. Eppure tu ce lo hai detto con disarmante chiarezza: “Non c’è nulla di nascosto che non debba essere svelato e di segreto che non debba essere manifestato. Quello che vi dico nelle tenebre ditelo alla luce e quello che ascoltate all’orecchio gridatelo sui tetti”. In Basilicata, invece, la verità viene lasciata sotto i tetti. Come è stato fatto con Elisa. Perdono, Signore, perdono». 

L'umano ha fatto spesso marcire ciò che ha toccato. Non vi è mai stata cura, né tantomeno fede. E con fede non intendo solo quella religiosa, ma il semplice credere in qualcosa ed affidarsi a quell'ideale. Siamo tutti consapevoli di vivere in un mondo in cui la nostra condizione umana è segnata dalla stessa nostra esistenza, che si traduce in azioni. La natura di queste, però, non è sempre benevola; o forse è la nostra natura a non esserlo affatto. Il mio atteggiamento potrà sembrare pessimista, ma penso che non possa esistere mai un reale perdono laddove non vi è cambiamento. Allora invito fermamente a modificare il giro degli ingranaggi che fanno ruotare questo meccanismo insano che siamo costretti a vivere, per poi perdonare davvero chi, invece, ne è stato complice. Questo non significa vivere di rancore o di odio nei confronti di chi ha inferto dolore, ma di convertire quel male in un'azione che possa cambiare quella che, talune volte, è la nostra disumanità.

In questo caso Gildo Claps è stato grande esempio di cambiamento: il male che l'umano gli ha inferto, lui l'ha convertito in volontà di aiutare altre vittime. Con la sua associazione, Penelope, egli cerca infatti di assicurare sostegno legale, psicologico ed umano a tutte le vittime di scomparsa.

Concludendo, riporto ciò che sempre Gildo ha dichiarato quella domenica: «Che sia la città a dimostrare che non si accontenta di una verità parziale. Il primo modo per dimostrarlo è non entrare in quella chiesa».

Per conoscere meglio il caso di Elisa Claps consiglio la lettura degli articoli su Fanpage.it e su Skytg24. In modo particolare suggerisco l'ascolto del podcast Dove nessuno guarda di Pablo Trincia (in collaborazione con Skytg24, SkyItalia e Choramedia) di cui sarà possibile visionare anche la docuserie il 13 e 14 Novembre sui canali di Skytg24, Sky Crime, e sul canale 50 del digitale terrestre. 

Di notevole rilevanza mediatica è stata anche la recentissima serie su Rai1 e RaiPlay: Per Elisa, Il caso Claps di cui consiglio vivamente la visione.

Fonti: Fanpage; LaRepubblica; Wikipedia; LaGazzettadelMezzogiorno.


Se vuoi leggere di più sull'aspetto criminologico di Danilo Restivo e approfondire l'analisi di quelle che sono le dinamiche di violenza che si nascondo dietro ogni femminicidio attraverso anche il confronto tra l'omicidio di Elisa e quello di Giulia Cecchettin, clicca su questo link:

“Da Restivo a Turetta: un’indagine fra due casi di femminicidio” di Olga D’Apuzzo - Parte prima
Tutti oramai hanno presente la storia di Elisa Claps. Ciò che però, alla fine, accomuna il racconto di tutti è la sua conclusione: Danilo Restivo. Si potrebbe riflettere a lungo sul perché le vittime vengano quasi sempre dimenticate: ciò vale anche per gli innumerevoli casi di femminicidio.