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Memoria: Eichmann e Günther Anders

In occasione della Memoria, le lettere scritte dal filosofo Günther Anders meritano di essere riscoperte come uno dei testi più profondi e stimolanti per riflettere sulla Shoah e lo sterminio degli ebrei.

Ieri, 27 gennaio 2024, era il Giorno della Memoria, celebrato in occasione dell'anniversario della liberazione del campo di sterminio nazista di Auschwitz. Come tutti gli anni, questa giornata deve essere un'occasione importantissima di commemorazione delle vittime e degli orrori dello sterminio, nonché un monito per impedire che quella tragedia, dalla quale è poi nata la società in cui viviamo oggi, si ripeta in altre forme. Inoltre, è importante che questa coscienza vada sempre oltre la singola giornata dedicata e che il ricordo rimanga vivo nella vita collettiva.

Lo sconcerto per l'evento della Shoah continua ad affliggerci e a farci interrogare su come ciò sia stato possibile. Per questo è fondamentale che ognuno di noi cerchi risposte. Oggi vogliamo portarvi alla scoperta di una delle riflessioni più profonde e acute sull'argomento, quella del filosofo tedesco Günther Anders (1902-1992).

Anders, nato Günther Stern, era un ebreo tedesco sfuggito alle persecuzioni naziste, riparando prima in Francia con la prima moglie, la celebre filosofa Hannah Arendt, poi negli Stati Uniti. Rientrato in Europa, negli anni '60 si concentrò proprio sulla Shoah in occasione del processo ad Adolf Eichmann, l'ufficiale delle SS che coordinava le deportazioni di ebrei, omosessuali, zingari, prigionieri di guerra verso i campi di concentramento e di sterminio. Proprio il suo caso giudiziario condusse Hannah Arendt a scrivere il famosissimo saggio La banalità del male. Da parte sua, Anders decise di scrivere una lettera aperta al figlio maggiore di Eichmann, Klaus.

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Dopo la condanna a morte del padre, il filosofo scrisse al giovane cercando di dargli conforto per un lutto che appare diverso da tutti gli altri, facendo anche un invito alla riflessione e alla presa di coscienza tramite un appello personale e pubblico per un nuovo impegno a intervenire contro il male rivelato dallo sterminio. Contro la deresponsabilizzazione radicale di Eichmann, che si sentiva innocente per aver eseguito solo gli ordini, anzi sentendo l'obbedienza come il suo unico dovere, Anders invita Klaus a prendere le distanze dal genitore.

La prima lettera, risalente al 1964, si apre con l'assicurazione di Anders di non ritenere responsabile Klaus per i peccati del padre. Non può valere il "principio genalogico", che invece fu proprio la base della politica razzista verso gli ebrei.

L'origine non è una colpa. Nessuno è artefice della propria origine, neppure Lei.

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Tuttavia, la colpa che potrebbe macchiare il figlio del carnefice è la stessa che riguarda tutti noi posteri, il motivo per cui si celebra il 27 gennaio: è necessario impegnarsi a compendere quanto è successo, assumersi la responsabilità che non accada più. Infatti, il disastro dello sterminio è talmente inconcepibile che Anders lo definisce come "il mostruoso". Leggiamo le sue parole:

Che cosa chiamo “mostruoso”? 1. Il fatto che c’è stato uno sterminio istituzionale ed industriale di persone […] 2. Che ci sono stati dei capi e degli esecutori di queste attività, e cioè: degli schiavi Eichmann (uomini che accettarono questi lavori come qualsiasi altro lavoro, adducendo come scusa “ordine e fedeltà”; degli infami Eichmann (uomini che facevano ressa per occupare quei posti); degli ottusi Eichmann (uomini che pur di godere di un potere assoluto accettarono la totale perdita delle loro sembianze umane); degli avidi Eichmann (uomini che attuarono il mostruoso proprio perché era insopportabile, perché non avrebbero potuto dimostrare la propria imperturbabilità in altro modo); dei vigliacchi Eichmann (uomini che erano contenti di compiere infamie in buona coscienza, ossia non come qualcosa di proibito, bensì come qualcosa che era stato perfino ordinato). 3. Che milioni di persone furono […] all’oscuro di tutto […] proprio perché non volevano sapere niente; e non volevano sapere niente proprio perché non gli era permesso di volerne sapere qualcosa.

Davanti a tutto questo non può valere alcun richiamo all'autorità o agli ordini da eseguire: le responsabilità morali sono gravissime e inaccettabili, per lo più se la maggioranza dei perpetratori erano uomini perfettamente "normali". La loro caratteristica principale è quello che Anders chiama "discrepanza", cioè il divario tra tra la capacità d’azione da un lato, e dall'altro l’immaginazione e la comprensione delle conseguenze di quello che facciamo.
Questa discrepanza fatale, però, non riguarda solo i nazisti ma tutti gli esseri umani nell'età contemporanea. In altre parole, c'è un motivo molto profondo se si è potuto verificare il crimine della Shoah.

Secondo Anders tutto ciò dipendeva, e dipende ancora, dalla condizione complessiva in cui versa il mondo umano, che sta diventando sempre più "il mondo della tecnica". La condizione di Eichmann può diventare molto comune. Da incarnazione del male è prima divenuto l’esempio della sua banalità fino ad assurgere al ruolo simbolico più importante che potesse avere: l’emblema dell’uomo nell’età della tecnica, in cui ci troviamo ancora. Vediamo come Anders sintetizza questa condizione, che rendeva quasi impossibile ai nazisti capire il significato morale del loro operato.

Quello che siamo capaci di fare è più grande di ciò di cui noi possiamo farci un'immagine; vale a dire che tra la nostra capacità di produzione e quella di immaginazione si è aperta una frattura. Significa che la nostra capacità di produzione è illimitata; mentre quella della nostra immaginazione è limitata per natura. [...] **Gli effetti che siamo capaci di provocare, ora sono così grandi e così dirompenti che non riusciamo più a comprenderli [...] e veniamo anche derubati della facoltà di farcene un'idea.

Nonostante questa situazione di impotenza, però, i nazisti non possono essere nè scusati nè giustificati.La responsabilità per le proprie azioni è irrinunciabile, nell'esistenza umana. Questo è vero persino se gli avvenimenti sono così enormi come lo sterminio. Di certo, non può essere giustificato Eichmann,

perchè di lui si può dire che l'immagine del mostruoso effetto finale deve essere stata la prima cosa che ha avuto davanti agli occhi, e che lui ha potuto co-progettare l'ingranaggio solo grazie a questo effetto finale. [...] Il non essere di milioni di persone, il calvario di dolore dei morituri e la rovina degli indispensabili esecutori [...] è stato il trampolino di lancio della sua attività.

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Non è responsabile la discrepanza tra agire e sentimento, lo siamo noi in toto. Il dominio della tecnica è la condizione in cui ci troviamo, ma possiamo reagirvi. Nel mondo contemporaneo le cose appaiono troppo grandi e incomprensibili per noi. L'uomo scopre di essere inadeguato e antiquato. Anders dice persino che

noi falliamo nelle fondamenta della nostra esistenza

Possiamo quasi sicuramente fallire, se tentiamo di comprendere le conseguenze, di recuperare la discrepanza che ha causato il mostruoso. Il fallimento è insito nella nostra attuale inadeguatezza, ma per recuperare la consapevolezza morale non c'è altra via. Questo è il compito che Anders intendeva dare a Klaus Eichmann e ai suoi lettori, evitare che ritorni il mostruoso.

La regola: se ciò verso cui si dovrebbe auspicabilmente reagire diventa smisurato, allora si inceppa anche il nostro sentire. […] Il “troppo grande” ci lascia freddi; (poiché anche la freddezza sarebbe comunque un tipo di sentimento), non ci lascia neppure freddi bensì del tutto indifferenti. Diventiamo degli “analfabeti emotivi” […]. Sei milioni per noi rimane una cifra […] e un solo assassinato ci riempie di orrore.

La via per sfuggire a questo pericolo, che Anders teme si realizzi come totalitarismo tecnocratico, è sviluppare una nuova risorsa: la "fantasia morale", continuando a essere pienamente umani.

Putroppo, il figlio di Eichmann non rispose mai al filosofo nè raccolse il suo appello. Dopo aver pubblicato la prima lettera, da cui sono tratti i passaggi sopra riportati, Anders ritentò nel 1988 con una seconda, anche stavolta senza risultato. I due scritti sono stati raccolti nel libretto Noi figli di Eichmann, che vi invitiamo fortemente a recuperare. Dobbiamo tenere presente che tutto ciò è pesantemente attuale: il pericolo di nuovi atti mostruosi è vivo e presente. Abbiamo appena passato il Giorno della Memoria, un'occasione quantomai opportuna per raccogliere l'appello di Anders alla responsabilità. Noi possiamo ancora farlo.