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#3 Esperimenti mentali: Il violinista

Il violinista è lo sfortunato protagonista dell'esperimento mentale proposto da Judith Thomson: attraverso questa particolare analogia mediteremo circa la liceità del diritto all'aborto. Quale sarà il destino del violinista? Attraverso quale considerazione morale agiremo nei suoi confronti?

#3 Esperimenti mentali: Il violinista
Maura Prosperi, Molecolare (2020)

Chi è il violinista? E perché in questo articolo metteremo in risalto proprio la sua figura? Nell'affrontare la discussione su una tematica ad oggi molto spinosa in tutta la scena bioetica internazionale, mi servirò dell'aiuto di questo personaggio per presentare uno spunto di riflessione. Sto parlando dell'aborto, in particolare alla luce dell'esperimento mentale proposto dalla filosofa e scrittrice statunitense Judith Jarvis Thomson che ha come suo protagonista proprio il "nostro" violinista.

Prima di addentrarci nel vivo della discussione sull'interruzione spontanea di gravidanza, immaginiamo la scena sulla quale Judith Thomson ci propone di riflettere:

ci svegliamo una mattina e ci troviamo distesi di fianco un famoso violinista privo di coscienza. Egli soffre di una grave malattia, un'insufficienza renale, e la società dei musicofili ha scoperto che noi siamo gli unici a possedere il sangue compatibile per la trasfusione. Per questo motivo la società dei musicofili decide di rapirci e collegare il nostro sistema circolatorio a quello del violinista in modo che i nostri reni possano depurare il suo sangue. Ci viene detto che ci occorrerà rimanere collegati al violinista per nove mesi prima che egli guarisca del tutto dalla sua malattia. La società dei musicofili sicuramente non ha agito correttamente nei nostri confronti nel rendere il violinista dipendente al nostro corpo per la sua sopravvivenza senza il nostro consenso, ma staccarci dall'apparecchio che ci collega al violinista gli causerebbe immancabilmente la morte. É un dovere morale acconsentire a questa condizione o possiamo liberamente scegliere di interrompere questa dipendenza rivendicando il diritto all'autodeterminazione sul nostro corpo pur sapendo di causare la morte del violinista?
Maura Prosperi, Correnti (2020)

Per analogia una donna che porta avanti una gravidanza indesiderata si trova nella stessa situazione del violinista , che per lei in questo caso corrisponde al feto: la sua dipendenza dal corpo della donna è ciò di cui egli necessita per la sua sopravvivenza, ma non sempre questa condizione incontra il consenso di colei alla quale è legato. A questo punto, la posizione della filosofa  è un punto di partenza particolarmente interessante per cominciare la nostra riflessione in quanto risulta essere un vero e proprio superamento delle tesi che sono alla base dei movimenti pro ed anti-abortisti. Infatti, nonostante lei si ponga in netta difesa del diritto all'aborto (di fatti gli esperimenti mentali proposti dalla Thomson assieme a quello del violinista sono tratti dal saggio "A Defence of Abortion" del 1971) la pensatrice riconosce in primo luogo il feto come soggetto di diritto alla vita, anche se questa definizione non lo legittima al diritto di disporre del corpo di un'altra persona per la sua sopravvivenza. La particolarità sta proprio nel affermare sì il feto come "persona" a tutti gli effetti e quindi già come soggetto di diritto ma, nonostante ciò, questo suo diritto alla vita non sovrasta quello di autodeterminazione della donna: il diritto del feto, come quello del violinista, non sarebbe quindi quello di essere mantenuto in vita, ma quello di non essere ucciso ingiustamente. Staccarlo dal corpo da cui è dipendente significa privarlo del diritto alla vita, ma noi non stiamo compiendo un'azione ingiusta nei suoi confronti, poiché ci stiamo dando la possibilità di attuare il diritto di scegliere come utilizzare il corpo a cui esso è legato. A questo punto, la sopravvivenza del feto dipende piuttosto da un'azione samaritana della donna, gesto che appare come la sola possibilità concessa al feto di usufruire del suo corpo. Perciò non è da intendersi come un obbligo morale la scelta di portare avanti una gravidanza indesiderata, ma quasi come un gesto di benevolenza, così come lo è la dipendenza dal nostro corpo da parte del violinista gravemente malato.

Ovviamente per le tesi anti-abortiste o anche dette pro-life, questa riflessione presenta delle problematicità. Ciò che c'è di comune con la tesi proposta dalla Thomson è che il feto sia già una persona al momento del suo concepimento. Ma chi definiamo noi come persona? I dibattiti filosofici al riguardo sono molteplici e tutti risultano essere uno spunto fondante per le idee sul tema dell'aborto. Il principio che sta alla base delle tesi anti-abortiste è definito in bioetica personalismo ontologico  e ciò che propone è che l'essere umano nella sua interezza sia già di per sè persona in quanto è la sua stessa natura (primariamente rispetto alle sue funzioni e facoltà) a definirlo tale. Dunque “persona" è l’individuo umano incarnato in un corpo dotato di una certa natura ontologica che si manifesta in capacità o funzioni, ma non si riduce ad esse (e nemmeno alla presenza delle condizioni per la loro manifestazione). Questi sono presupposti fondamentali per capire ciò che le tesi anti-abortiste vogliono manifestare: la vita umana è essa stessa indisponibile all'uomo poichè, di natura, gli è stata donata. In questo discorso entra dunque un risvolto religioso, dal momento che l'uomo non ha il potere di interrompere la vita di un essere umano nascente. Il feto è perciò a tutti gli effetti una persona avente diritto sulla quale la donna deve obbligatoriamente attuare quello che è il principio di responsabilità, pena la sua sopravvivenza.

Maura Prosperi, La notte,ansante (2020)

Come possiamo ben notare in questo caso il diritto di autonomia e autodeterminazione della donna viene totalmente alienato rispetto al diritto alla vita del feto. Ed è proprio partendo da questo assunto che i pro-abortisti cercano di difendere le loro tesi fondate primariamente sul diritto di scelta (pro-choice) delle donne di poter portare a termine o meno una gravidanza. Vi è quindi un capovolgimento di principi: il feto viene qui inteso come oggetto di diritto poichè a prevalere su di esso è l'autodeterminazione della donna in quanto protagonista attiva, attraverso il possesso e l'uso e del proprio corpo, delle decisioni in merito ad esso. Non si parla più di indisponibilità della vita o di dovere morale nei confronti della vita nascente, ma anzi si sottolinea l'urgenza di un diritto alla libertà procreativa che in sé non deve essere vincolato da principi giuridici totalitari, giusnaturalistici o religiosi, ma dalla sola responsabilità morale che si deve concedere liberamente alla donna nel momento di attuare scelte riproduttive.

La letteratura che si schiera a favore di questa tesi è molto ampia, e tante sono anche le sfaccettature che vanno a definire le idee di ogni pensatore: ciò che accomuna molti pro-abortisti è da ritrovarsi nuovamente in quel concetto di persona che abbiamo precedentemente chiamato in causa. In questo caso, secondo la condivisione (per la maggior parte dei casi) delle idee scientiste (cioè basate sulla teoria dello scientismo, secondo il quale è la realtà fattuale, conoscibile sperimentalmente dalla scienza, ad esistere realmente) durante il periodo di gestazione, non parliamo già di persona ontologicamente intesa come essenza ed esistenza costituità nell'unità corpo-spirito, quanto, invece, di una persona in divenire, in potenza. Nella prospettiva scientifica la vita umana nascente è infatti materia organica estesa in movimento: un aggregato di cellule umane, in contatto, che si differenziano in tessuti e organi, scambiandosi informazioni biochimiche, secondo una complessificazione morfologica/funzionale regolata dalla legge causa-effetto. Ma quando si diviene allora persona? Già nello stato embrionale e neo-natale o quando si definiscono determinate facoltà umane? E se avvenisse all'interno dell'utero, a quale stadio di sviluppo dell'embrione può definirsi persona e in base a cosa? Le risposte a queste domande vogliono far riferimento ai determinati e differenti periodi di gestazione con i quali spesso si fa coincidere il momento in cui si diviene persona attraverso lo sviluppo di determinate facoltà, funzioni od organi: le teorie fondate su di queti assunti rappresantano chiaramente la presenza di un vastissimo pluralismo ideoligico e delle diverse risposte alle problematiche conseguenti, che solo un argomento come il diritto all'aborto può suscitare! É perciò chiaro come sia difficile giungere ad una conclusione univoca.

In una visione anti-abortista, quindi, il feto non può rivendicare alcun diritto in quanto ancora non può essere definito come un soggetto autonomo: la sua giurisdizione dipende dalla volontà materna. Da qui allora viene spontaneo chiederci: che valore diamo allora al diritto alla vita, inteso come diritto inalienabile per ogni essere umano? Infatti con diritto alla vita intendiamo quel principio esposto nell'articolo 2 della Convenzione Europea Dei Diritti dell'Uomo secondo cui ogni essere umano ha diritto a vivere promuovendo la sua protezione a tal fine e condannando l'omicidio. Tale principio, come possiamo ben immaginare, rende contrastanti e problematici molti aspetti della bioetica (ad esempio la liceità dell'eutanasia e del suicidio assistito) ma, riappellando la filosofa Judith Thomson, è possibile sostenere che ricorrere alle pratiche abortive  non consisterebbe in un'uccisione sempre ingiusta: il diritto alla vita equivalrebbe così al diritto a non essere uccisi sì, ma ingiustamente. Riportiamo il suo esempio:

un padre regala al figlio più grande una scatola di cioccolatini. Anche il fratellino più piccolo vorrebbe mangiarne qualcuno ma il fratello maggiore li mangia tutti senza offrirgliene neanche uno. Potremmo dire molte cose sul figlio maggiore, potremmo dire che è stato goloso, meschino, insensibile nei confronti del fratellino, ma non che è stato ingiusto poichè il bambino non aveva il “dovere” di offrire i cioccolatini a suo fratello. (Tratto da:"il violinista dal futuro incerto", inchiostro.unipv.it)
Maura Prosperi, Libeccio (2020)

La riflessione a cui la filosofa ci ha a mano a mano condotti è quella di rivalutare le motivazioni a cui siamo abituati a credere circa la liceità dell'aborto: attraverso i suoi esperimenti mentali, l'obiettivo è quello farci cambiare la prospettiva attraverso la quale vediamo e giudichiamo la vita, stimolandoci una pausa meditativa. Il superamento della visione dicotomica sullo statuto della vita nascente e quindi sul diritto all'aborto, è l'esempio di come non possano esistere punti di vista univoci senza attingere e prenderne altri in considerazione altrettanto stimolanti per formulare un'idea più o meno coerente.

É sicuramente complesso poter giungere universalmente a dei principi etici che rispettino il vastissimo pluralismo ideologico presente in tutto il mondo circa il diritto l'aborto; la scena internazionale attuale ce lo sta dimostrando. Ma vorrei concludere con una riflessione: e se fosse proprio una maggiore educazione alla sensibilità e alla consapevolezza dello sviluppo di sentimenti morali la soluzione a cui fare riferimento per un’etica che dia un nuovo valore morale alle proprie scelte ed azioni, rispettando le volontà dei singoli senza l'intromissione di coercizioni esterne? Perchè si pensa come più necessaria l'idea di negare "dall'alto" uno o l'altro diritto, facendo prevalere un'unica prospettiva dell'idea alla vita, rispetto, invece, alla possibilità di rendere gli agenti morali i veri protagonisti (nel limite della responsabilità) delle proprie scelte di vita? É dunque necessario procedere verso soluzioni più adatte per le nuove problematiche morali che colpiscono oggi la vita umana come quelle suscitate, appunto, dalle scoperte medico-biologiche sulle nuove modalità di nascere, curarsi e morire, ma anche verso il raggiungimento di nuove consapevolezze sulla dignità animale e il rispetto ambientale, affinché si possa pensare ad un agire morale strettamente collegato ai bisogni che gli stessi umani necessitano e provano.

Le immagini presenti nella copertina e all'interno dell'articolo sono state gentilmente offerte dall'Artista Maura Prosperi per stimolare una riflessione sulla tematica trattata anche attraverso l'arte e le sue forme.

Potete visionare le sue opere su: http://www.mauraprosperi.com

Nella stesura di questo articolo è stato utilizzato del materiale accademico fornito dalla LUMSA Master School.