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Iniziamo dalla fine

Un inizio nasce dalla spinta a combattere per qualcosa, ed è sempre generato da una fine. Non ci sono nuovi esordi senza prima una sofferenza - è come rialzarsi dopo una brutta caduta.

Sono 106 le donne uccise in questo 2023 ad oggi, 28 novembre, numero che ha eguagliato quello dell'anno precedente e che per di più è stato già raggiunto ad anno non ancora concluso. Ma non sono solo i dati sui femminicidi in Italia che ci confermano uno scenario sociale costellato da vite stroncate: ci troviamo di fronte a due guerre in corso che, sebbene non ci riguardino d vicino, hanno già provocato migliaia di morti, non solo militari ma anche tra i civili. Sono dati ai quali siamo abituati, riferiti a conflitti che continuano a consumarsi al di fuori del nostro territorio, e forse è per questo che non toccano nel profondo la maggioranza di noi. Eppure, quello che sorge spontaneo chiedersi è come possiamo, in un mondo circondato dalla finitudine, parlare ancora di nuovi inizi? È questo il quesito cui intendo rispondere con il presente articolo.

L’inizio di una guerra porta necessariamente a diversi epiloghi, dalla fine di una tregua alla più grave stroncatura di svariate vite umane coinvolte, e in questo è possibile vedere qualcosa in comune con i femminicidi che ad oggi allarmano molti e portano ad innumerevoli manifestazioni sul suolo italiano, e non solo. Infatti, sia nei casi di femminicidio, sia nei conflitti c’è qualcuno che ritiene di avere il diritto a porre fine a una o più vite. Sono certamente casistiche diverse, ma questo è un triste punto d’incontro tra le due. Per quanto riguarda la guerra israelo-palestinese, i dati raccontano che essa ha prodotto in poche settimane più di diecimila morti, un dato molto grave se ricordiamo che lo stesso conflitto ne ha causati poco più di 14 mila negli ultimi quindici anni. Inoltre, dal febbraio 2022 sono 325.580 i soldati russi rimasti uccisi dalla guerra con l’Ucraina, di cui 750 soltanto il 26 novembre scorso. Gli stessi femminicidi, come sopracitato, hanno prodotto in poco meno di un anno più di cento vittime, e il numero cresce di settimana in settimana.

Ci troviamo in una società in cui si sente parlare così spesso di decessi che sembra di leggere un’aggiornata Antologia di Spoon River: non a caso, nel 2021 la frase “La Spoon River delle donne” era il titolo più usato dalle testate giornalistiche per parlare di femminicidi. Ciononostante, parlare di nuovi inizi è forse reso ancor più possibile dalla finitudine che sembra avvolgerci così poco teneramente. Questo perché ogni fine porta inevitabilmente ad un inizio per chi resta e deve trovare nuove ragioni per andare avanti: i transfughi dai conflitti che costellano il mondo migrano alla ricerca di nuove prospettive, che consentano loro di cominciare finalmente a vivere. Lo stesso accade per le famiglie di ragazze e donne uccise, che hanno la forza di guardare avanti e nella perdita stessa della persona amata trovano qualcosa per cui combattere, al fine di evitare che certi delitti si ripetano. Questi portano avanti una battaglia contro i femminicidi che riesce a smuovere e unire migliaia di persone, che si fanno forza anche a causa della paura generata dalle violenze di cui ormai si parla ogni giorno.

Un inizio nasce dalla spinta a combattere per qualcosa, ed è sempre generato da una fine. Non ci sono nuovi esordi senza prima una sofferenza - è come rialzarsi dopo una brutta caduta. Ci sono epiloghi che hanno un sapore più amaro di altri, come la sensazione di vuoto comportata dalla perdita di una persona cara, una voragine vertiginosa che forse non potrà mai colmarsi del tutto. Eppure, anche quella polvere che «copre ogni cosa e spezza la voce» un giorno svanirà con un soffio di vento, quel dolore così atroce troverà la sua pace, e ne resterà soltanto un brutto ricordo.