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La fine e gli inizi

La fine dell'estate e l'inizio di settembre spaventano ogni anno con il ritorno alla frenesia della quotidianità, ma ad ogni fine corrisponde un nuovo inizio.

Come recita l'ultimo brano pubblicato dai Pinguini Tattici Nucleari Romantico Ma Muori

Malinconia e settembre sono due sinonimi
Che ti fregano sempre se sei un po' giù
Tu guardi l'orizzonte che sembra quasi muoversi
Ma lui resta lì fermo, a sparire sei tu

Settembre è un periodo dell'anno piuttosto particolare, una sorta di secondo Capodanno, in cui si tirano le somme e si punta a nuovi obiettivi, senza però poter evitare di ripensare all'anno passato.
Siamo in quella fase in cui le giornate si accorciano visibilmente, la prima pioggia lascia un segno incancellabile, un senso di malinconia e disorientamento preannuncia il cambiamento, che tutti aspettiamo e che si rirpesenta ciclicamente ogni anno, eppure sembra sempre di viverlo per la prima volta.
Meme e contenuti social utilizzano l'aura di settembre per diffondere ed esorcizzare le sensazioni che questo mese provoca nella maggior parte delle persone, legate proprio al fatto che si tratta di un periodo dell'anno, che implica il ritorno alle responsabilità, l'affrontare cambiamenti e riprendere in mano la frenesia della quotidinaità.

Settembre si può quindi definire come un momento di passaggio tra il sogno di libertà e leggerezza dell'estate e il ritorno alla realtà e a tutto ciò che è dovere e responsabilità. Non si tratta necessariamente di un passaggio traumatico o di uno scivolamento dal bello al brutto, ma bisogna comunque riconoscere che si tratta a tutti gli effetti di un cambiamento e che talvolta si apre su scenari del tutto nuovi e inesplorati, come l'inizio di un nuovo lavoro o il trasferimento in un'altra città. E come tutto ciò che è nuovo e quindi ignoto, può spaventare un po'.

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Infatti la paura del cambiamento, dell'ignoto, del nuovo sono tratti profondamente umani che ci accomunano e che, come sempre, qualcuno ben prima di noi e dei nostri social ha saputo raccontare e immaginare attraverso narrazioni che hanno segnato la storia della letteratura.

Puntuale come ormai solo la natura può essere, poiché "arriva precisamente quando intende farlo", settembre incombe sulle vite nostre e degli altri già da dopo ferragosto, ma è solo una coltre grigia all'orizzonte che non preoccupa davvero, sembra restare bloccata in quel punto lontanissimo dove arriva solo lo sguardo.
E tutto quel grigiore ingarbugliato di pensieri, impegni, scadenze sembra destinato a non raggiungerci mai, è impossibile anche solo pensarlo. C'è ancora così tanto da fare e da vedere: una gita improvvisata, gli amici appena tornati dalla Toscana, la Settimana Enigmistica lasciata a metà. O anche solo non fare niente perchè se quella nuvola dovesse avvicinarsi davvero e si fermasse sopra le nostre teste, allora poi diventerebbe necessario e inevtabile fare effettivamente qualcosa.

I giorni passano: in un attimo è mattina e quello dopo è sera, c'è sempre il sole ma ora finge anche lui, non è più forte come a luglio eppure continua imperterrito e resiste perchè non vuole mostrarsi debole, non accetta l'affievolirsi della propria luce.

Ma prima che il sole e la versione di noi colorata, spensierata, leggera, possano accettare che l'estate sia finita, settembre pianta il primo piede nell'anno e dichiara il suo inizio. Ecco allora la malinconia e il disorientamento propri di una condizione emotiva e mentale simile a quella del risveglio da un sogno.
Qui le metafore con opere letterarie si sprecano: da Sogno di una Notte di Mezza Estate di Shakespeare ad Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll, la tematica del sogno e della dicotomia con la realtà è al centro di narrazioni che riflettono sulla condizione esistenziale dell'uomo e della relazione con il sé ma anche con gli altri individui.

Senza scomodare la psicanalisi e discorsi esistenzialistici, che appesantirebbero ulteriormente l'influenza, che esercita il mese di settembre, queste storie si prestano bene alla rappresentazione del ritorno alla realtà dopo il sogno dell'estate: la casella delle mail implosa già da qualche settimana, la scrivania dell'ufficio o i banchi delle aule di scuole e università che aspettano compagnia e le città che si ripopolano di voci, volti e storie.
Proprio come l'opera di Shakespeare, la cui genialità risiede nell'essere un'opera meta-teatrale che si guarda allo specchio, prende coscienza di sé e addirittura ne ride, ci troviamo tutti sulla soglia della scena del reale, la cui quarta parete non divide dal pubblico ma da un'altra scena, quella in cui abbiamo recitato finora seguendo il suo copione sempre uguale e instancabile di grigliate, creme solari e sudoku intricati.

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Il confine è quella linea che sta sotto ai nostri piedi. Se ci voltiamo, vediamo che alle nostre spalle c'è la fine: la fine del caldo di cui tutti ci lamentiamo ma che alla prima pioggia, a denti stretti, rimpiangiamo, la fine dei brevi amori infiniti che canta Jovanotti, la fine di un'altra estate.
Davanti c'è l'inizio, anzi, gli inizi: quelli nuovi di chi cambia ciclo scolastico, si addentra nel mondo universitario o in quello del lavoro; di chi comincia una relazione, il corso di ceramica che rimanda da anni e di chi cambia città. E poi ci sono gli inizi vecchi di chi torna alla vita, alle cose, alle persone di sempre, perchè a pensarci bene è incredibilmente bello e al contempo spaventoso anche così.

Siamo tutti su quel confine, ondeggiamo il corpo indecisi se prendere lo slancio e buttarci o se mantenere quell'equilibrio illusorio. Ma in un attimo è chiaro. L'immagine alle nostre spalle sbiadisce: i colori, i suoni, le voci, i luoghi si affievoliscono ed evaporano progressivamente. Non serve cercare di afferrarli, la loro essenza è fatta di un tempo che sembrava infinito e invece ha sempre implicato una scadenza.

Ma dopotutto lo sapevamo, abbiamo accettato ancora una volta il patto della caducità in cambio dell'ebbrezza della vita perchè è proprio lì, nell'arco di tempo che separa l'Inizio dalla Fine, che fin dall'Antica Grecia Seneca e altri filosofi hanno capito celarsi il valore delle cose della vita umana.

Non resta che compiere quel salto.
Come Alice che si risveglia da quello che pensava essere un sogno, anche noi ci destiamo in mezzo al flusso della vita quotidiana, dinamica e inarrestabile ma a cui alla fine ci riabituiamo sempre, riprendendone il controllo e rassicurandoci sulle temute mancanze.

Arriverà però quella mattina in cui, prima di alzarci dal letto, di controllare le notifiche e prendere il caffè al volo in cui riponiamo tutte le nostre speranze, lascermo cadere l'occhio su quella polaroid appoggiata sul comodino accanto al letto quasi sepolta tra gli auricolari, i libri mai finiti e il caricabatterie aggrovigliato.
"Non era affatto un sogno, era un ricordo".
La guarderemo per un attimo e poi la appendermo in bacheca, tra il numero dell'idraulico da contattare per il lavandino che perde da settimane e la lista della spesa. Usciremo di casa pronti, anche se non del tutto, a buttarci in mezzo al traffico, sui mezzi pieni di persone e dei loro problemi, appuntamenti, orari.

Quando in un bar, al supermarcato, in radio sentiremo per l'ennesima volta Wake Me Up When Septermber Ends desidereremo anche quest'anno di risvegliarci davvero quando settembre sarà finito per evitare quello strappo di cerotto. Ma proprio allora ci ricorderemo della polaroid appesa alla quarta parete della scena della nostra vita, tra tutte le altre cose, e penseremo a quando anche settembre sarà una fine e ci troveremo davanti ad altri inizi.