La disinformazione è stata utilizzata dalla politica fin dalla prima guerra mondiale per muovere a proprio favore l'opinione pubblica e ancora oggi è uno strumento fondamentale della propaganda russa.
Sono molti gli studiosi che accusano i social network di aver dato origine al fenomeno delle cosiddette 'fake news', informazioni in parte o del tutto non veritiere. La causa della diffusa disinformazione viene individuata nel carattere democratico di Internet, che permette cioè a tutti di scrivere commenti, aprire blog su determinati argomenti e dire così la propria su quello che preferiscono, anche se questo, spesso, corrisponde a immettere in rete argomentazioni errate. Le fake news, invece, non sono un'invenzione di Internet, perché le notizie false, le dicerie e leggende hanno fatto da protagoniste già nella Prima guerra mondiale.
"Talvolta può accadere che un giornalista riproduca, del tutto innocentemente, una voce diffusasi in un paese o in un determinato gruppo sociale [...] Ma il più delle volte la falsa notizia di stampa è semplicemente un oggetto fabbricato; è abilmente forgiata per uno scopo preciso - per agire sull'opinione pubblica, per obbedire a una parola d'ordine - o semplicemente per infiorettare l'esposizione". Recitano così le parole dello storico Marc Bloch nel saggio "Riflessioni di uno storico sulle false notizie di guerra" del 1921. La disinfornazione è un'arma il cui enorme potere manipolativo è stato riconosciuto già dai campi di battaglia del passato: una guerra può essere vinta anche con l'aiuto di media che riportano la debolezza dei nemici, oppure tacendo ai soldati particolari che sarebbero in grado di deprimerli.
Gli esempi riportati nelle cronache dell'epoca ci fanno aprire gli occhi sul modo in cui la comunicazione può modificare la percezione della realtà. Ad esempio, quando i tedeschi invasero il Belgio nel 1914, già prima dell'invasione erano circolate nell'esercito tedesco diverse voci sulla brutalità dei belgi, in particolare notizie che ammonivano contro l'agguerrito corpo di franchi tiratori belga. Quei cecchini, però, non erano mai esistiti. Quando i tedeschi arrivarono, videro le numerose feritoie sulle facciate delle case belghe e iniziarono il massacro, convinti che le dimore nascondessero pericolosi cecchihi, quando in realtà queste servivano semplicemente per montare le impalcature in caso di lavori. Le voci tra i soldati, però, viaggiano veloci nelle retrovie e ritornano al fronte ancor più terribili, ancora più false, grazie alla stampa e alle notizie degli ufficiali fatte circolare tra i soldati.
La disinformazione in tempi di guerra è una delle armi più potenti per cambiare le sorti di un conflitto e ancora oggi viene utilizzata. Con 340 voti a favore, la Duma di stato (la Camera bassa della Federazione Russa) ha approvato in seconda e terza lettura un ampliamento della legge contro le “false informazioni sulle forze armate”, già firmata dal presidente Putin lo scorso 4 marzo e ora ampliata anche alla divulgazione di “false informazioni” sulle attività di ambasciate, procure e altri organi istituzionali russi. Il provvedimento prevede pene che vanno dai 3 anni di reclusione per la pubblicazione di informazioni ritenute deliberatamente false, a 10 anni per la pubblicazione di informazioni “false costruite artificialmente” e fino a 15 anni di reclusione se queste sono ritenute “pericolose” o “dannose” per la Federazione Russa. Vengono, inoltre, stigmatizzate come “imprecise” tutte le informazioni non provenienti da fonti ufficiali della Federazione Russa e pubblicate sugli organi di stampa. Questa legge non fa altro che accentuare il controllo dell’Informazione da parte del Governo di Mosca, in un Paese come la Russia in cui già da anni la stampa non allineata veniva regolarmente vessata.
Dal 4 marzo, la narrazione della guerra in Ucraina sulla stampa russa deve essere interamente corrispondente a quella ufficiale del Cremlino. Conseguenza diretta della censura è stata la sospensione o allontanamento delle testate di opposizione e indipendenti. L’ultima testata in ordine di tempo ad arrendersi alla censura è stata “Novaya Gazeta”, il principale giornale indipendente russo fondato nel 1993: due ammonizioni da parte del Roskomnadzor sono sufficienti per la chiusura di un giornale e, per questo motivo, Dimitrij Muratov, fondatore del giornale, ha deciso di sospenderne le attività. Novaya Gazeta è solo l’ultima testata in ordine di tempo a sospendere il proprio lavoro, poichè nelle settimane precedenti la stessa sorte era toccata a tutti i principali organi d’informazione indipendenti russi. Il Cremlino ha deciso una stretta anche sui social, oscurando le piattaforme del gruppo Meta (Facebook e Instagram, con la sola eccezione di WhatsApp) e decidendo di disconnettere la Russia dalla rete Internet globale.
L'uomo continua dunque a utilizzare la parola per muovere l'opinione delle masse e ancora di più per plasmare la realtà come più gli fa comodo. Dobbiamo, pertanto, diventare più consapevoli della possibilità di ricevere informazioni errate e imparare così a muoverci in mezzo a ondate di news che ci raggiungono in tutti i modi: in tv, sul cellulare, dalle bocche dei politici e dei conoscenti.
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