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Le neuroscienze della metamorfosi

Ad ogni esperienza trasformativa fa da contraltare un mutamento nei nostri circuiti neurali per migliorare il proprio adattamento alle circostanze. Chiamiamo questo fenomeno "neuroplasticità".

"Te lo giuro, questa volta sono divers*, sono cambiat*.”

“Sono un'altra persona, ho imparato la lezione."

Quante volte abbiamo incontrato affermazioni di questo tipo?

A molti sarà capitato di dirlo, a molti altri di sentirselo dire.

Alcune volte, ahinoi, si è rivelato falso (bizzarre creature gli esseri umani...) ed altre volte si è rivelato vero.

Ma cosa intendiamo quando pronunciamo una frase del genere?

Vogliamo comunicare che è avvenuta una trasformazione "dentro noi stessi” e, di conseguenza, nel nostro comportamento: una trasformazione radicale che fa seguito ad un’esperienza capace di modificare la propria conoscenza e visione del mondo.

Che la trasformazione avvenga dopo una crisi acuta o dopo un graduale cambiamento, la dinamica percepita rimane la stessa: alla metamorfosi del reale, corrisponde una metamorfosi della nostra interiorità.

E se vi dicessi che questa intuizione trova fondamento nel modo in cui funziona il nostro magnifico cervello?

Ebbene sì, ad ogni esperienza trasformativa fa da contraltare un mutamento fisico e strutturale nei nostri circuiti neurali per migliorare il proprio adattamento alle circostanze. Chiamiamo questo fenomeno neuroplasticità.

Ma prima di approfondire queste magie neurologiche, ripassiamo alcune nozioni fondamentali di biologia del sistema nervoso per chi avesse bisogno di rinfrescare la memoria scolastica.

Semplificando, il mattone principale del sistema nervoso è il neurone: l’unità cellulare specializzata nella ricezione, nell'elaborazione e nella trasmissione di informazioni fondamentali per il coordinamento del corpo nell’ambiente. Un neurone tipico è composto da tre parti principali: il soma (o corpo cellulare), i dendriti e l’assone.

Il soma è il centro computazionale per l’elaborazione dell’informazione e contiene il nucleo assieme ad organelli essenziali per le funzioni vitali del neurone. I dendriti, invece, sono prolungamenti ramificati che emergono dal soma ed hanno la funzione di ricevere segnali elettro-chimici (potenziali post-sinaptici) da altri neuroni per trasmetterli al corpo cellulare. La loro superficie è “ricoperta” da sinapsi, punti di contatto con gli assoni di altri neuroni. Gli assoni, infine, sono prolungamenti singoli che trasmettono il segnale elettrico dal corpo cellulare fino alle sinapsi che li collegano ai dendriti del neurone bersaglio (o a un tessuto effettore, come un muscolo).

Dall’interazione e interconnessione di queste parti hanno origine le reti neurali, in cui scorrono le informazioni necessarie alla gestione delle funzione corporee sotto forma di segnali elettro-chimici.

Proprio all’interno di questo contesto biologico avviene il fenomeno della neuroplasticità, che può essere definita come la capacità del sistema nervoso di cambiare in risposta all’esperienza, ed in particolare di configurare e riconfigurare le connessioni tra i neuroni per ottimizzare il flusso di informazioni e assolvere a scopi specifici.

La neuroplasticità è sempre attiva e ci accompagna in questo viaggio di apprendimento continuo che chiamiamo vita (sebbene la sua intensità sia apicale negli anni dello sviluppo cerebrale). Dunque, le reti neurali sono in costante mutamento: non solo quando apprendiamo cose nuove, affiniamo le nostre conoscenze, o ripariamo lesioni cerebrali, ma addirittura ogni volta che formiamo un nuovo ricordo. Da questo punto di vista la neuroplasticità è considerabile un elemento chiave per il mantenimento della nostra memoria e, quindi, della nostra conoscenza e identità.

La regola di Hebb, introdotta dall’omonimo psicologo canadese, cerca di spiegare intuitivamente (ma parzialmente) la dinamica e la direzione di queste modificazioni:

«se un neurone A è abbastanza vicino ad un neurone B da contribuire ripetutamente e in maniera duratura alla sua eccitazione, allora ha luogo in entrambi i neuroni un processo di crescita o di cambiamento metabolico tale per cui l'efficacia di A nell'eccitare B viene accresciuta».

In altre parole, i neuroni che trasmettono segnale elettrico (”scaricano”) assieme potenziano la loro connessione, formando un assemblamento cellulare (un’unità di elaborazione) che efficienta il passaggio di informazioni presso di sé. Con uno slogan, la dinamica si potrebbe riassumere in: "What fires together, wires together". Viceversa, i neuroni che scaricano assieme di rado, depotenziano la loro connessione e inibiscono il passaggio di informazioni presso il percorso neurale.

Dunque, la “forza” delle informazioni che fluiscono attraverso una parte specifica del sistema nervoso può aumentare o diminuire, e chiamiamo queste due opposte modificazioni rispettivamente “potenziamento” e “depressione”.

Considerando un piccolo circuito di due neuroni, potremmo esemplificare il processo come segue:

  • Se i neuroni sparano insieme frequentemente, germoglia il numero di rami assonici e dendritici, aumenta il numero di sinapsi tra i due neuroni (sinaptogenesi) e si ha, complessivamente, un potenziamento strutturale.
  • Se, invece, i neuroni non stanno sparando molti potenziali d'azione insieme, si riscontra la potatura dell'albero dendritico (pruning sinaptico) ed una depressione strutturale, che può sfociare anche nello "spegnimento" della connessione.

Di conseguenza, alcune attività mentali, emotive e comportamentali risulteranno più o meno facilitate, spontanee e ricorrenti, soprattutto nel caso di mutamenti stabili e strutturali.

Courtesy of Neuroplasticity | Nervous system physiology | NCLEX-RN | Khan Academy

La conoscenza di questi meccanismi ha ricadute importanti sul modo in cui concepiamo e affrontiamo molte delle questioni più comuni e quotidiane.

Da una parte evidenzia come ogni esperienza interiore ed esteriore interagisca dinamicamente con il sostrato biologico che ci supporta, sfumando ogni rigida distinzione tra mente e corpo, naturale e culturale, esteriore ed interiore. Dall'altra parte, invece, dimostra quanto ogni tratto comportamentale e psicologico sia in buona parte influenzato dall'esposizione intensa e reiterata a stimoli esterni ed interni, suggerendoci nuove strategie operative nei confronti di problemi sempreverdi: dall'ottimizzazione dell'apprendimento all'affiancamento psicologico per chi soffre di abitudini disfunzionali.

In conclusione, questa accresciuta consapevolezza scientifica ci permette non solo di acquisire nuovi strumenti mentali per ripensare il nostro rapporto con il reale, liberandoci da dogmatiche ed illusorie dicotomie, ma ci aiuta anche a concepire nuovi approcci per il miglioramento del nostro benessere cognitivo, e delle nostre vite in generale.

Fonti e bibliografia

  1. Neuroplasticity | Nervous system physiology | NCLEX-RN | Khan Academy from khanacademymedicine
  2. Synaptic plasticity, from Brain Explained
  3. Magee JC, Grienberger C. Synaptic Plasticity Forms and Functions. Annu Rev Neurosci. 2020