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#2 Arte: L'escamotage

Che cos'è la bellezza? È un campo complesso dove noi e le cose siamo inscindibilmente connessi. Ogni volta che questo ambiente si forma, l'esperienza è irripetibile, libera, vitale. La bellezza è un'escamotage, una via d'uscita dal silenzio della fattualità. Essa è: il senso reale del mondo.

Questo breve scritto vuol cominciare con un esperimento. Immagina un oggetto a te caro. Magari, qualcosa che ti ricordi un viaggio, un evento o, che so, una persona. Tienilo bene a mente per un momento, ascoltalo, fallo parlare. Ti dirà il perché è importante per te. Poi lascialo riposare lì, non lasciarne scappare il ricordo: tra qualche riga lo ricorderemo assieme.

Vorrai sapere, almeno, a cosa potrà mai servire. Te lo anticipo: proverai, attraverso lui, a trovare un senso per questa domanda: 'che cos'è la bellezza?'

Della bellezza facciamo esperienza sempre, nelle più diverse occasioni; la troviamo anche dove non ce l'aspettiamo. E, come per tutte le cose fondamentali del mondo, finiamo per assumerla, la diamo per scontata, e infine ce ne dimentichiamo. Sappiamo che c'è, ma non sappiamo, poi, davvero cosa sia.

Chi si è interrogato sul suo statuto ha preso, generalmente, due strade: da un lato, si è andati alla ricerca di una descrizione ideale e universale che raggruppasse sotto di sé tutte le cose che reputiamo essere 'belle'. Questa è la strada del formalismo. Dall'altro, ci si è convinti che fossimo noi uomini, in qualche modo, a trasmettere la bellezza alle cose. Questa è la via dello psicologismo.

Il formalismo ricerca le proprietà dell'oggetto estetico come tali, ritenendole formali in quanto universalizzabili rispetto alle cose contingenti in cui risiedono. Se parliamo, che so, dello stile di Raffaello, questo sarebbe quell'invarianza formale rispetto a tutte le singole opere da lui prodotte. La forma, dunque, è la proprietà oggettiva del bello, come fosse un 'marchio' valido sempre.

Lo psicologismo ricerca il bello negli stati emotivi di chi produce il bello e di chi lo fruisce. Una esperienza diventa bella nella misura in cui assumiamo un certo atteggiamento. L'esempio canonico è quello del disinteresse. Si dice: ogni volta che troviamo piacere senza avere alcun interesse (conoscitivo o pratico) verso ciò di cui proviamo piacere, allora abbiamo a che fare con una 'cosa bella'.

In entrambi i casi, tuttavia, sorge un problema: da un lato abbiamo a che fare con una via oggettiva che non è mai esaustiva, perché qualunque presunta caratteristica possiamo evocare nella determinazione della bellezza si rivela, in un modo o nell'altro, insufficiente. Il bello smentisce ogni definizione. Proprietà come l'armonia, che tradizionalmente attribuiamo alla bellezza, non riescono a ricondurre a sé ogni esperienza estetica; tant'è vero che possiamo trovare una bellezza anche nella disarmonia. Dall'altro lato abbiamo a che fare con una via soggettiva che è sempre preda del relativismo e della contingenza, dal momento che fa dipendere l'emergere della bellezza dagli atti psichici di un soggetto preso nella sua individualità.

Abbiamo, così, due eccessi: un surplus di determinazione e un surplus d'indeterminismo. Tendiamo o a delimitare la bellezza in confini presuntivamente chiari e univoci, o ad abbandonarla nel mare della casualità e della imprevedibilità.

Per questi motivi, all'intersezione tra le due parallele si inserisce una perpendicolare, un desire path, una terza via, che tenta di interpretare la questione da una prospettiva ancora differente. Hai presente i caleidoscopi? La parola 'caleidoscopio' consiste dell'unione di tre termini del lessico greco: καλός, εἶδος, σκοπέω. 'Bello', 'forma', 'osservo'. Attraverso il caleidoscopio, osserviamo delle forme che reputiamo belle. Ora, il problema che si pone, al suo utilizzo, è esattamente il nostro: dove sta la bellezza? Cos'è? Sta nelle forme che io vedo? Oppure è qualcosa che io appongo alle forme nel momento in cui le vedo? Vedo qualcosa e dico: 'è bello'. È il mio giudizio, o il mio stato, a rendere quella cosa bella o quella cosa è già di per sé bella e io non faccio altro che constatarlo?

Ma, noterai: tra l'oggetto e il soggetto, il caleidoscopio, allora, che funzione ha? Bene, attraverso questo strumento avviene il contatto tra chi percepisce e la cosa percepita. Ed è proprio qui che si gioca la nostra nuova, possibile intuizione del bello.

Perché ci sia esperienza estetica, deve esserci una interazione. L'elemento minimo dell'esperienza è un'entità molecolare, già complessa, perché implica una correlazione. Possiamo romperla analiticamente, ma perdendone il senso. Per cui non c'è 'soggetto' senza 'oggetto' e non c'è 'oggetto' senza 'soggetto'. Si implicano a vicenda, partecipano di un unico campo. Così potremmo dire che, nel caso del nostro caleidoscopio, la bellezza non sta né solo nella forma, né solo in me. È l'esperienza stessa, composta sia dall'una che dall'altro, inscindibilmente, a formare l'ambiente, la struttura, entro cui la bellezza si svela.

L'esperienza estetica, poi, è sì l'interazione, ma interazione in certi modi. L'interazione non è mai neutra, avviene sempre in un certo modo, è sempre orientata. L'esperienza ha sempre un senso, fosse anche l'assurdo - il senso del non-senso. Per questo è impossibile inquadrare la bellezza. Sempre di nuovo essa sta nel regno del possibile. Parliamo di bellezze, di particolari universali. Ogni esperienza del bello è irriducibile, libera, e parla per sé.

La Nature est un temple où de vivants piliers
Laissent parfois sortir de confuses paroles;
L’homme y passe à travers des forêts de symboles
Qui l’observent avec des regards familiars.
La Natura è un tempio, dove vivi pilastri
mormorano parole confuse;
L’uomo attraversa foreste di simboli
che lo osservano con sguardi familiari.

Ecco, siamo immersi in un continuo parlare, più o meno evidente, più o meno celato, che aspetta di essere ascoltato. Ogni cosa, ti dico, vuole essere ascoltata.

Ecco, ecco l’oggetto di cui parlavamo all'inizio! Te lo ricorderai: è qualcosa di importante per te. Cosa avevi pensato? Io ho conservato il ricordo di una piccola maracas color arancio e viola con cui giocava sempre Rita. Posso sentirne il suono! Vederne i colori; percepire le manine allegre di lei agitarla. Ancora, dare uno sguardo alla mia vecchia casa, il suo corridoio, i suoi quadri; o addirittura ai visi differenti dei miei genitori, di mio fratello - finanche il mio. Ripensa al significato che il tuo oggetto è per te. Tale è un «semioforo»: un oggetto portatore di senso, di una direzione - creato e utilizzato appositamente perché esso sostenga questa funzione. Il segno per qualcosa d’altro, il visibile che pertiene a un mondo invisibile sotteso. Ciò che, attraverso se stesso, evoca una realtà non strettamente fisica, appartenente a un altro piano d’esistenza, e nondimeno reale, in qualche modo tangibile.

Un'ultima volta, dunque: cos'è la bellezza? Da dentro le cose e per mezzo di esse, la bellezza è un utensile, uno strumento, un attrezzo. Un escamotage! Una 'via d'uscita' dal silenzio, dalla fattualità ottusa. Ti dico, non c'è niente di più pratico della bellezza. Ha una funzione, ed è quella di essere un ponte. Nel porre lo sguardo al bello, siamo sospinti a guardare anche altro - ciò che quella bellezza significa per noi. E in questo modo approdiamo, grazie a essa, sul terreno d'arrivo al di là del punto di partenza.

E aggiungo, la bellezza ha una funzione vitale. Se essa è il senso che intendiamo nelle cose, allora, quando c'è bellezza, la vita smette di essere indifferente. Al suo annunciarsi, siamo guidati alla vita, cioè viviamo. Altrimenti, il vuoto, il non senso, l'inutile. Abbiamo bisogno di creare, di colorare l'involucro, di dare e trovare significato, per trasmettere un senso alla nostra esistenza. Hannah Arendt diceva che l'agire - la capacità di essere originali e di dar luogo a qualcosa di nuovo - è la nostra seconda nascita. Allora sul fondo della verità e della conoscenza - della nostra verità e della nostra conoscenza - c'è la bellezza. La bellezza è pienezza di presenza, splendore di forma, imprescindibile senso. Ciò che è più manifesto, ciò che risplende in mezzo all'ordinario. Ecco perché va difesa: da essa discende tutto il resto.

Ogni bellezza è: irripetibile sentire, di quelle che tocca amare senza darsi un limite.


Per una bibliografia:

  • T.W. Adorno, Dialettica negativa;
  • H. Arendt, Vita activa;
  • C. Baudelaire, Corrispondenze, ne I fiori del male;
  • A. Berleant, Il campo estetico. Una fenomenologia dell’esperienza estetica;
  • J. Dewey, Arte come esperienza;
  • I. Kant, Critica del giudizio.