Una raccolta di ricordi, rituali e consuetudini che ci danno un senso di appartenenza. La vita di tutti i giorni, con i suoi alti e bassi. Un cammino individuale di auto-scoperta e maturazione. Sta a noi decidere come affrontarlo.
L’ordinario. Quel concetto quasi sfuggente, eppure radicato nella nostra quotidianità. L’ordinario riesco a visualizzarlo come un insieme di nomi, comuni e propri, di gesti ripetuti e di abitudini che ci fanno sentire a casa.
È la chiacchierata sui soliti dubbi esistenziali con Sarah, gli audio chilometrici con la mia amica Giulia, le litigate con persone che possiedono una bassissima intelligenza emotiva (si, sto parlando di te, Gianfranco).
È il Campari al posto dell’Aperol, è la camminata a piedi al posto di prendere il bus, è la scelta del the al limone al posto di quello alla pesca.
È la staff scout delle mie coinquiline con tanto di richiesta di parere personale su argomenti inerenti, nonostante abbia smesso di credere in Dio più o meno alla stessa età in cui ho smesso di credere nell’esistenza di Babbo Natale (spoiler: non è stato un trauma, più una liberazione).
L’ordinario è il caffè caldo la mattina che bevo da sola, seduta al tavolo con le spalle appoggiate al muro e le gambe al petto. Sono io che mi lamento, perché sì, è terapeutico. È sapere di essere inclusa nei pensieri e nelle vite delle mie persone; è condividere, è discutere, è gioire, è trovare soluzioni assieme.
È Camilla che ascolta i resoconti sulla mia situazione finanziaria, quando le va bene e gli aggiornamenti sulla mia vita sentimentale quando le va male (lì son dolori!)
È il racconto degli impegni del giorno successivo, alle mie coinquiline, la sera, sul divano, prima di andare a letto. La necessità di fare un salto, ogni tanto, a San Michele in Bosco o ai Giardini Margherita per ritrovarmi. È la piadina al volo o la mozzarella scondita per i pranzi o le cene di fretta. È il cambio dello spazzolino ogni due mesi ed è lo stesso modello di New Balance che continuo a ricomprare da anni.
In passato, l’ordinario per me è stato piangere sul libro di statistica, perché il solo pensiero di ripetere per l’ennesima volta l’"Indice di Gini" mi faceva quest’effetto.
È filtrare tutti i pensieri poco ortodossi che che mi pervadono nel momento stesso in cui, una persona con almeno trent’anni in più di me, mi vuole spiegare, ovviamente con fare paternalistico, come la vita sia fatta di sacrifici e sostiene che “voi giovani non avete più voglia di fare niente”.
È il silenzio quando mi sento svuotata, è l’imbarazzo quando non mi sento a mio agio, è il letto di camera mia che lascio puntualmente sfatto ed è aiutare mio fratello nelle faccende burocratiche, perché sono io quella che se ne occupa di solito.
L’ordinario sono io che inciampo e mi faccio male nei modi più assurdi e disparati; io che mio perdo (per colpa del mio pessimo senso dell’orientamento) nella città nella quale vivo ormai da sei anni; sono io che con un boccale di birra in mano intavolo un discorso che ha una sfumatura un po' politica, un po' filosofica.
È saper chiedere aiuto quando non riesco a vedere un’alternativa o non so fare qualcosa.
L’ordinario è l’appellativo con il quale sono apostrofata, da quando ho più o meno sedici anni, ovvero “polemica” o in modo alternativo “esagerata” (grandissima eredità che mi ha lasciato la mia professoressa di lettere del liceo).
L’ordinario è quella piccola certezza che mi accompagna quando le cose attorno inevitabilmente cambiano, mutano. È una piccola teca dove inserire le cose che mi fanno ritrovare la via, quando non so quale direzione prendere. Forse, è qualcosa che qualcuno definirebbe “comodo”; in realtà per me è solo una bussola da usare per orientarmi nell’immenso mare di opportunità e stimoli che la vita mi offre.
L’ordinario è un viaggio personale, un percorso che ognuno di noi compie ogni giorno. È un insieme di scelte, di decisioni, di azioni che ci portano a essere chi siamo oggi. È un processo di scoperta, di crescita e di evoluzione. È un modo di vivere la vita, di affrontarla, di godersela. La scelta è solo nostra. Possiamo decidere di vivere l’ordinario come una prigione o come un’opportunità. È una continua scelta se vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.
Comments ()