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OLTRE la superficie: come l'acqua ha cambiato il modo di fare cinema

Dal fascino delle riprese subacquee nei film cult alle sfide tecniche che gli attori affrontano sul set: un viaggio nell'acqua del grande schermo, dove sport e arte si fondono in scene indimenticabili.

C’è qualcosa di magnetico nelle scene girate sott’acqua. Il tempo rallenta, i suoni si ovattano, i corpi fluttuano come in una danza sospesa tra realtà e sogno. Il cinema ha da sempre sfruttato l’acqua per evocare emozioni profonde, portando sullo schermo momenti di pura poesia visiva o tensione estrema. Ma dietro la bellezza di ogni inquadratura subacquea si nasconde una vera e propria sfida tecnica, fisica ed espressiva. Non è un caso che molti attori, per girare certe scene, debbano allenarsi come veri nuotatori professionisti.

1000002655.jpgLa scena del Titanic in cui Rose sale sulla zattera di fortuna mentre Jack no (Ansa)

SCENE INDIMENTICABILI DELLA STORIA DEL CINEMA

Ci sono scene che, proprio per il modo in cui l’acqua le trasforma in qualcosa di grande, restano impresse nella memoria collettiva. Il caso più emblematico? Titanic di James Cameron. L’allagamento della nave, con attori e comparse immersi per ore in vasche ghiacciate, è diventato un simbolo di realismo estremo. Kate Winslet e Leonardo di Caprio hanno dovuto affrontare condizioni al limite per rendere credibili quei momenti di panico e sospensione.
Un altro esempio “potente” è The Shape of Water di Guillermo del Toro, dove l’acqua rappresenta una metafora di connessione, intimità e diversità. La magia, il contatto e l’amore nascono proprio dalle scene girate in immersione.
E se negli anni ’80 e ’90 il realismo era l’obiettivo, oggi la tecnologia ha spinto l’esperienza ancora più oltre. Con Avatar: The Way of Water, James Cameron è tornato ad esplorare le profondità marine – anche se immaginate – tramite un mix di performance realmente in apnea (gli attori si sono allenati a trattenere il respiro fino a 7 minuti!) e CGI avanzatissima. Ciò ha portato alla creazione di un mondo subacqueo completamente credibile, a tal punto da rendere pressocchè impossibile distinguere ciò che è vero da ciò che è digitale.

1000002654.jpgÈ stato costruito un serbatoio in grado di simulare onde e correnti, come richiesto da James Cameron, in primo piano. (20th Century Studios)

ATTORI E ALLENAMENTO IN ACQUA

Sempre più attori si sottopongono a programmi di addestramento intensivo in apnea, con l'obiettivo di affrontare le riprese in condizioni estreme senza l’uso del classico boccaglio o delle bombole d’ossigeno. Tutto ciò fa sì che ogni bolla d’aria, espressione del viso e movimento del corpo girato sott’acqua abbiano un impatto enorme sullo spettatore.
Ad esempio, per Mission Impossible: Rogue Nation, Tom Cruise si è immerso per una scena d’azione complessa senza alcun supporto respiratorio per più di 6 minuti. Il noto attore, conosciuto per effettuare le acrobazie senza l'impiego di una controfigura, ha raccontato: “Controllare la mente è più difficile che controllare il respiro”. Allo stesso modo, Kate Winslet si è allenata per mesi con una squadra di apneisti, per imparare a rilassare il corpo, rallentare il battito cardiaco e gestire l’ansia, fino a stabilire un record personale (e cinematografico) di 7 minuti e 15 secondi di apnea statica. La stessa ha dichiarato: “È stata una delle cose più liberatorie che abbia mai fatto”, a dimostrazione che il lavoro attoriale, ad oggi, conta anche su performance atletiche fuori dall’ordinario.
L’allenamento subacqueo per il cinema prevede esercizi di apnea statica e dinamica, tecniche di rilassamento diaframmatico e sessioni specifiche per mantenere espressioni naturali anche in condizioni estreme. Gli attori imparano anche a comunicare sott’acqua attraverso gesti convenzionali o con l’aiuto di istruttori, pronti a intervenire in caso di difficoltà.
Dietro ogni attore c’è una squadra di safety diver e coach certificati, spesso provenienti dal mondo delle competizioni subacquee. Alcuni attori, come Margot Robbie (Suicide Squad) o Keanu Reeves (John Wick 3), si sono allenati con veri atleti per ottenere movimenti fluidi e realistici, anche quando si trattava solo di pochi secondi di immersione.

1000002657.jpgRiprese della performance capture subacquea per Avatar: La via dell'acqua. (20th Century Studios)

SFIDE TECNICHE DELLE RIPRESE IN ACQUA

Girare sott’acqua non è solo questione di resistenza fisica e mentale, serve anche un arsenale tecnologico all’altezza. Negli ultimi decenni, infatti, Il progresso dell’attrezzatura subacquea ha rivoluzionato il modo in cui il cinema racconta l’acqua, trasformando una sfida per lo più logistica in un’opportunità creativa.
Le riprese subacquee moderne si affidano a cineprese digitali protette da speciali “scafandri” stagni, capaci di resistere alla pressione e garantire una qualità d’immagine nitida anche a profondità elevate. Una delle più celebri è la “Hydroflex”, utilizzata in film come Skyfall e Pirates of the Caribbean, capace di girare in 4K anche in movimento, senza perdita di dettagli.

1000002656.jpg(Scuba Dive Team)

Per Avatar: The Way of Water, James Cameron ha sviluppato un sistema di performance culture subacque che non era mai stato utilizzato prima. Gli attori hanno recitato in vasche d’acqua, con decine di sensori sul corpo e telecamere capaci di catturare ogni espressione facciale in tempo reale. Il risultato di tutto ciò? Una animazione profondamente realistica ed immersiva, in tutti i sensi.
Passiamo ora a uno degli aspetti più complicati da gestire sott’acqua, ovvero la luce. Questa comprende infatti la rifrazione, l’assorbimento dei colori e riflessi imprevedibili, che spesso rendono ogni scena una grossa sfida. Per questo i direttori della fotografia collaborano con tecnici specializzati nell’uso di luci LED subacquee, montate su bracci robotici o droni marini per riuscire ad ottenere l’atmosfera desiderata senza sacrificare la nitidezza dell’immagine.
In Life of Pi, l’oceano era… Una piscina. Le spettacolari scene in mezzo al mare sono state girate in un’enorme vasca d’acqua dolce realizzata appositamente a Taiwan. Il trucco? Luci naturali, venti artificiali e una gestione maniacale dei riflessi sull’acqua.
Un ultimo aspetto, ma non per importanza: il suono. Come ben sappiamo, registrare audio in acqua è praticamente impossibile, per questo la maggior parte dei suoni viene ricostruita in post-produzione. Tuttavia, alcuni registi scelgono ugualmente di mantenere il “silenzio liquido” come parte integrante dell’esperienza, sfruttando il suono ovattato per generare suspense o, ancora meglio, intimità.
Oggi giorno, la maggior parte delle volte, molte scene sott’acqua vengono girate su green screen, con attori sospesi su cavi e a cui vengono aggiunte simulazioni digitali dell’acqua in post-produzione. Tutto ciò risulta più vantaggioso, in quanto si ha un controllo totale sulle luci, sui movimenti e sulla fluidità, senza i limiti che comporta l’ambiente acquatico. Inevitabilmente, però, ci si allontana dal fascino di una vera immersione.

Per concludere, si può dire che l’acqua, con la sua forza misteriosa ed ipnotica, continua a ispirare il cinema, sfidando attori, registi e tecnici a superare i propri limiti, sia fisici che creativi. Il mondo sommerso offre al grande schermo un linguaggio unico, che si tratti di una scena poetica, un’inquadratura mozzafiato o un gesto atletico in apnea.

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