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Orrore e Complottismo

"La cosa più misericordiosa al mondo, credo, è l'incapacità della mente umana di correlare tutti i suoi contenuti. Viviamo su una placida isola di ignoranza in mezzo a mari neri d'infinito, e non era destino che ci spingessimo troppo lontano."

L’11 settembre è stato un inside job e la CIA ha assassinato JFK; il Nuovo Ordine Mondiale, un’élite globale segreta composta per la maggior parte da rettiliani, vuole creare un governo mondiale totalitario; il Covid è stato diffuso intenzionalmente per motivi economici e i vaccini che hanno creato appositamente controllano la mente, oppure causano l’autismo. Le teorie del complotto, o della cospirazione [1], sono variegate e spesso collegate fra loro, nonostante molte si escludano a vicenda. I teorici del complotto sono accomunati dal loro tentativo di dare ordine al caos del mondo, di scovare il segreto che accomuna forze fuori dal proprio controllo.

Un marinaio fatica a fornire un resoconto dell’orrore a cui ha assistito durante il suo ultimo viaggio in mare; una famiglia dà sfogo ai propri impulsi primordiali quando un meteorite dal colore impossibile precipita nel proprio giardino; un professore impazzisce dopo aver visto i mostri che si celano tra le pieghe della realtà. La mitologia di H.P. Lovecraft, lo scrittore di Providence, è piena di esempi che mostrano come l'essere umano fatichi a comprendere la realtà ultraterrena con cui entra in contatto. I personaggi dei suoi racconti sono alla ricerca della verità, ma una volta scoperta si ritrovano a confrontarsi con l'orrore cosmico e con la loro stessa impotenza.

Il teorico del complotto non ricerca la verità, si spinge in mezzo ai “mari neri d’infinito” per il conforto che deriva dal sapere che esiste qualcosa di più grande e incontrollabile. Come un personaggio di Lovecraft, questa ricerca porta all’ossessione e alla follia. Ma andiamo con ordine.

Howard Philips Lovecraft nasce a Providence, Rhode Island, nel 1890, città carissima allo scrittore, dalla quale non vorrà mai separarsi per lunghi periodi. Entrambi i genitori soffrono di malattie mentali quando lui è molto piccolo e il giovane Lovecraft si rifugia nella letteratura gotica e nella mitologia, generi che influenzeranno moltissimo le sue opere. Inizia a scrivere racconti brevi per Weird Tales, tra cui Il Richiamo di Cthulhu e La Maschera di Innsmouth. Di carattere schivo, decisamente misantropo e spesso razzista, lo scrittore di Providence non instaura un rapporto positivo con la società del suo tempo, ma i suoi racconti hanno decisamente lasciato un segno indelebile nella letteratura e nell’immaginario comune [2]. Uno dei temi principali delle opere di Lovecraft è la ricerca di una verità proibita, conoscenza che solitamente compromette la salute mentale dello sfortunato personaggio che la raggiunge. L’umano vivrebbe appunto in una beata ignoranza perché non riuscirebbe a sopportare la realtà che si cela al di là del velo di Maya, fatta di mostri e potenze che superano la nostra immaginazione. Questo tema lo si ritrova nel ciclo di miti di Cthulhu e dei Grandi Antichi e si lega a doppio filo al tema del pessimismo cosmico. Gli esseri umani sarebbero quindi insignificanti di fronte a queste divinità antichissime, malvagie, o ancora peggio: semplicemente indifferenti rispetto alle sorti della vita all'interno dell'universo. Il Richiamo di Cthulhu inizia con la morte del prozio del protagonista, un professore di lingue semitiche. Il giovane trova tra gli averi del prozio una statuetta raffigurante Cthulhu: un essere metà umano e metà polpo. Incuriosito inizia ad indagare e scopre che il parente, durante l’ultimo periodo della sua vita, era ossessionato dallo scoprire di più sulla statuetta e sul culto legato allo strano essere. Il climax del racconto viene raggiunto quando il protagonista legge il diario di un marinaio norvegese che ha avuto un incontro con Cthulhu. Il marinaio muore di febbre poco dopo il suo ritorno in patria, non dopo aver tentato di descrivere la sua esperienza con la divinità marina. Il protagonista afferma: "mai più riuscirò a dormire tranquillamente quando penserò all’orrore che striscia incessantemente oltre alla vita, al di là del tempo e dello spazio”. Per questo sostiene che sia andata meglio al marinaio e al prozio e che la stessa morte sia una benedizione in quanto dopo certe verità “perfino il cielo primaverile e i fiori estivi sono veleno”. Ma il pessimismo cosmico non è l’unica risposta di fronte a queste rivelazioni. Si può arrivare a sostenere che il genere del cosmic horror sia così tanto amato perchè tramite la catarsi si può ottenere una sorta di placida beatitudine dall’accettare la propria insignificanza. Questa deresponsabilizzazione è proprio quello che avviene nel caso di chi accetta le teorie del complotto.

Il concetto che nel mondo siano in atto delle cospirazioni, o complotti, non è di per sé difficile da accettare. Cospirazione è un accordo segreto tra più parti, che esercitano il loro potere in maniera segreta per motivi politici ed economici. Eppure, l'espressione teoria del complotto è usata in maniera peggiorativa, per minare la validità di chi sta portando avanti una tesi. Tra l’immaginarsi che nel mondo siano in atto dei complotti e avere una mentalità complottista c’è una differenza causata da fattori sociali, politici e in particolare psicologici, che analizzeremo in questa sessione. Molte evidenze sostengono che atteggiamenti cospiratori siano correlati a sentimenti di mancanza di potere, di controllo, insicurezza e ansia esistenziale [3]. Il teorico del complotto avrebbe quindi bisogno di ottenere una comprensione stabile del mondo e la “teoria” lo aiuterebbe mettendo in relazione un set di eventi correlati. La verità sarebbe quindi secondaria rispetto alla stabilità ottenuta dall’ordinare il caos del mondo. Questo farebbe ottenere anche l’effetto secondario di deresponsabilizzare l’individuo: se esistono poteri che decidono le sorti di intere popolazioni, che cosa può fare un singolo individuo se non cercare almeno di scoprire la verità, così da non farsi manipolare?

Questo è il pessimismo cosmico che pervade sia le storie di Lovecraft che le teorie del complotto. Viene riconosciuta in entrambi casi l’impotenza dell’essere umano. Un altro parallelismo è la ricerca ossessiva della verità, con conseguenze psicologiche devastanti per l’individuo. Paranoia e isolamento sono caratteristiche comuni sia agli abitanti delle storie dello scrittore di Providence che dei complottisti. Mentre nei racconti di Lovecraft, però, si tratta di interessanti temi letterari che ci fanno esplorare a fondo un genere come l’horror e ci permettono di analizzare la psiche di uno degli scrittori più misteriosi e prolifici di tutti i tempi, le paranoie e le ossessioni dei teorici del complotto hanno un impatto più sinistro sulla realtà. Già si è visto come durante le elezioni del 2016 negli Stati Uniti, Donald Trump abbia fatto l’occhiolino ai teorici del complotto per ottenere voti facili da una fetta di popolazione lontana dalle istituzioni. Durante la pandemia recente, invece, è aumentata la sfiducia nei confronti del personale medico e dei vaccini sotto la pretesa dell’essere “critici” e molti torri del 5G sono state distrutte da fanatici delle cospirazioni. Bisogna quindi capire le necessità psicologiche che stanno dietro a questi atti e leggere Lovecraft è un ottimo inizio.

[1]: Dall’inglese: conspiracy theories.
[2]: Basti pensare che quando un prodotto contemporaneo affronta temi comuni alla sua letteratura, in genere si tende a dire che abbia uno stile lovecraftiano. Cosa che pochi altri scrittori hanno raggiunto, ad esempio Kafka (kafkiano) e Machiavelli (machiavellico).
[3]: (Abalakina-Paap, Stephan, Craig, & Gregory, 1999; Pratt 2003, Zarefsky 1984; Whitson & Galinsky, 2008; Leman 2007; van Prooijen, 2016; van Prooijen & Jostmann, 2013; Newheiser, Farias, & Tausch, 2011)