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Punti ciechi

Una breve riflessione su di un estratto di "Storia della follia nell'età classica" di M. Foucalt. La follia è ovunque, nascosta in bella vista.

"Fino alla seconda metà del XV secolo, o ancora un po' oltre, il tema della morte regna da solo. La fine dell'uomo, la fine dei tempi, prendono l'aspetto delle pesti e delle guerre. Questa conclusione e quest'ordine ai quali nessuno sfugge dominano l'esistenza umana [...]. Ed ecco che, negli ultimi anni del secolo, questa grande inquietudine gira su sé stessa; la derisione della follia prende il posto della morte e della sua serità.  Dalla scoperta di quella necessità che fatalmente riduceva l'uomo a niente, si è passati alla contemplazione sprezzante di questo nulla che è l'esistenza stessa. [...]. L'annientamento stesso della morte non è più niente perché era già tutto,  poiché la vita non è essa stessa che fatuità, vane parole, strepitio di sonagli e scettri della foglia. La testa che sarà cranio è già vuota. La follia è l'anticipo della morte".
           Michel Foucalt, Storia della follia nell'età classica,                      pag. 75-76, Bur saggi, 2021

Così si apre quella che è una vera e propria genealogia della malattia mentale, che nell'opera di Foucault parte dal Tardo Medioevo fino ad arrivare alla prima rivoluzione industriale. Ho scelto queste pagine proprio perché segnano un punto di partenza, una crasi, con cui l'uomo dovrà convivere per il resto della sua storia: il riconoscimento del baratro dell'insensato, della sragionevolezza.

Questo conflitto, di fatto, è ben più complesso di quello con il limite invalicabile della morte: con quest'ultima, infatti, la guerra è talmente impari, così già assolutamente certa la sua vittoria, che non ha neppure senso cercare di battervisi. Il tema della follia è ben diverso: esso risiede negli angoli ciechi di ogni nostra azione, in ogni nostro pensiero latente. Essa è sempre in attesa del momento consono per risvegliarsi, per deridere la serietà che tentiamo di dare alla nostra esistenza. La follia è un'anticipazione della morte in questo senso: la morte toglie di senso alla nostra vita mettendole fine, mentre la malattia mentale è una lente che ci permette di notare l'assurdo nelle nostre azioni quotidiane. Ci ridicolizza, quando i giochi sono ancora in atto.

La reazione che Foucault analizza nei secoli successivi al XV, è un elemento tipico dell'uomo. Terrorizzati dall'insensatezza, la esorcizziamo, creiamo istituzioni per salvaguardarci (quelli che poi diventeranno i manicomi), e le conferiamo persino un valore morale e scientifico, in modo da poter essere noi a determinare chi è sano e chi no. E ovviamente il giudice sta sempre dalla parte dei savi. Il fatto che si sia sviluppata una psicopatologia intenzionata a discernere tra chi è folle e chi non lo è, per Foucault non dovrebbe alleviarci. Infatti, questo è solo un ulteriore sistema di controllo, con il quale un potere prestabilito può decidere chi è "giusto" e chi è invece inascoltabile, detestevole. La questione, per come si è radicata nella storia, è ben lontana da un reale tentativo di trattamento della malattia mentale, che rimane un rischio costante e imprevedibile per qualsiasi individuo, ed ha ben più a che fare con la coercizione, argomento caro a tutto l'opus dell'autore.

Quello che l'opera di Foucault e la storia stessa dovrebbero insegnarci è che, per quanto imbrigliato in sistemi psicologici e incatenato da dei camici bianchi, l'assurdo è sempre dietro l'angolo, la follia è sempre oltre ogni categoria linguistica, e sta ridendo di noi.