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#3 Ambienti: Ricreazione scolastica e ruoli di genere

Non aver accesso al centro del cortile significa non poter occupare liberamente lo spazio e fare esperienza di un’ingiustizia. I rapporti di genere non hanno nulla di naturale: le loro origini si possono rintracciare dappertutto, anche nei posti meno interrogati, come il cortile scolastico.

A partire dagli anni ’70 si è iniziato a pensare il genere come un prodotto culturale. “Donne non si nasce, lo si diventa” affermava Simone de Beauvoir negando così ogni forma di determinismo biologico: non c'è alcun dato naturale in virtù del quale si possa giustificare o spiegare ciò che essere donna significhi. In questa maniera la distinzione tra genere e sesso veniva teorizzata: il genere è un prodotto culturale, mentre il sesso è una dato scientifico.

Per quanto questa classificazione possa essere messa in discussione, ciò che qui ci interessa è la presa di coscienza che le espressioni di genere non derivino da un dato biologico, ovvero che non siano determinate dai genitali di cui disponiamo. Il genere è il risultato dell’incorporazione, e della ripetizione di precise norme sociali. Che cosa intendiamo per “norme sociali”? Esse racchiudono tutte le prescrizioni, verbali e non verbali, che strutturano e al contempo producono la vita in società: definiscono ciò che vi è ammesso, ciò che è considerato legittimo e ciò che è relegato al di fuori dai confini del vivibile. Si rivela così il duplice potere della norma, prescrittivo e produttivo: la norma, attraverso le prescrizioni, produce un certo tipo di individuo, di patologie, di caratterizzazioni e di relazioni.

Gli ambiti dell’educazione, del lavoro, della vita domestica e familiare son innervati dalla differenziazione di genere: il sistema di norme che regola tutti questi ambiti è strutturato a partire da un presunto valore differenziale dei sessi. I ruoli di genere si installano progressivamente attraverso la ripetizione delle norme che li prescrivono. La continua esecuzione di tali atti crea l’illusione della loro naturalezza e ne occulta il carattere contingente. Come avviene tale installazione progressiva?

Per rispondere a questa domanda proviamo a voltarci verso l* bambin* e a osservare il modo in cui giocano e si organizzano durante la ricreazione scolastica.

Come mai l* bambin*? Per due motivi: da un lato perché la filosofia si è occupata per lo più dell'uomo maschio bianco adulto lasciando in disparte l* più piccol* (oltre che tutte le categorie che non rispecchiano la definizione standard di uomo); dall’altro perché tutti gli individui che abitano il mondo sono stati bambini, e i modi di funzionare che li determinano hanno le proprie radici nelle esperienze fatte durante l’infanzia.[1]

E come mai la ricreazione scolastica? Il cortile scolastico costituisce un micro-spazio pubblico in cui è possibile vedere su scala ridotta i rapporti di forza che strutturano la vita in società. La ricreazione scolastica ci permette di avere un punto d’accesso privilegiato sulle libere interazioni tra bambin*; e come afferma Edith Maruéjouls, geografa femminista specializzata in questioni di uguaglianza nello spazio urbano, il livello di emancipazione di cui le donne godono nella società può essere rivelato dallo spazio che esse occupano nei momenti di divertimento.

Lo spazio di cui si parla è quello fisico materiale: si tratta di capire come i corpi si muovano nello spazio, come i corpi occupino lo spazio, quale porzione di spazio sia riservato a quale tipo di corpo.
E i momenti in questione sono i momenti in cui l’autorità fa un passo indietro, in cui le norme non stabiliscono cosa fare, lasciando così gli individui liberi di agire. L’autorità può mai veramente restare in silenzio? Stando al duplice valore che abbiamo riconosciuto alla norma la risposta è negativa: la norma produce i soggetti, dunque anche quando essa apparentemente tace è operativa, il suo lavoro produttivo è continuamente in atto.

Torniamo alla nostra osservazione. Il momento dell’intervallo appartiene a* bambin*. Si svolge in un luogo che è loro, e in cui per la prima volta sperimentano l’auto-organizzazione. Tra la campanella che annuncia l’inizio e quella che segna la fine dell’intervallo, all’interno dei confini del cortile scolastico, ha luogo un primo apprendimento sociale: i bambini e le bambine devono organizzarsi tra di loro, negoziare i rispettivi campi d’azione e di movimento. In questo contesto le maestre e i maestri rimangono in disparte a vigilare. Spetta pertanto solo a* bambin* la scelta di come occupare lo spazio, e la gestione dei giochi: chi gioca con chi, e chi gioca dove. Tuttavia il modo in cui tale spazio viene occupato rivela i rapporti di dominazione tra i sessi: la distribuzione in base al genere dei giochi rende visibili gli stereotipi sociali di genere.

Il cortile scolastico e lo spazio pubblico sono caratterizzati da un mutuo rapporto di corrispondenza: i bambini che giocano a pallone nel centro del cortile scolastico oggi, sono gli uomini che domani vivranno la loro centralità nello spazio pubblico come un dato naturale, scontato e legittimo. Allo stesso modo le bambine che si vedono relegate ai bordi del campo da calcio oggi, son le donne che domani si vedranno “naturalmente” un passo indietro rispetto agli uomini. E coloro che non si riconoscono nell'immagine valorizzata imparano oggi l'invisibilizzazione che subiranno domani.

Benché sembri che l* bambin* possano appropriarsi liberamente dello spazio, il modo in cui il cortile è disposto gioca un ruolo cardine nel modo in cui ess* lo occupano e rappresenta una presa di posizione precisa da parte della scuola (e conseguentemente della società) che mina la possibilità di una libera negoziazione. L’assenza dell’autorità esplicita dei maestri e delle maestre non corrisponde a un’assenza totale di prescrizioni e indicazioni. Infatti il modo in cui il cortile è disposto costituisce una posizione autoritaria normativa che prescrive un certo comportamento.

Negli studi condotti da Maruéjouls presso vari istituti scolastici francesi, l’autrice si domanda se bambini e bambine si distribuiscano in maniera eguale sul suolo del cortile. Ciò che osserva è che gli spazi di gioco sono ripartiti in maniera ineguale: essi sono destinati per lo più ai bambini maschi le cui attività sono valorizzate maggiormente dalla collettività. La studiosa constata che spesso il campo da calcio non misto occupa l’80% della superficie del cortile, trovandosi tra l’altro in posizione centrale. La presenza sul suolo di una linea bianca che traccia i confini del campo da calcio ha un significato simbolico preciso che invia un messaggio chiaro: bisogna giocare a calcio, e bisogna farlo in questo luogo, tale luogo è destinato solamente al calcio e non è aperto ad altre possibili forme di negoziazione.

Il cortile scolastico che dovrebbe essere un luogo libero (libero da obblighi esterni), in cui si impara a relazionarsi con gli altri, si rivela, invece, un luogo pervaso di prescrizioni e divieti. Nel momento in cui una pratica è legittimata il gesto è radicale: tale azione è prescritta e altre son vietate.

La questione non è tanto interrogarsi sulla presenza di maschi al di fuori dal campo, ma su chi si trova al centro e perché. Perché è proprio il campo da calcio che è posto al centro? Perché è una pratica connotata come maschile ad essere valorizzata? Perché alle bambine non è riconosciuta la necessità di avere una porzione di cortile da occupare per attività dinamiche come se dovessero svolgere solo attività statiche?

Comunemente si risponde che i bambini si organizzano come vogliono, e che le bambine non occupano lo spazio centrale per loro stessa scelta, ma come potrebbero farlo se proprio al centro è tracciato il confine di un gioco in cui loro non son ben accette?
E i bambini che non vogliono giocare a calcio dove sono? Dimenticati ed esclusi dal sistema.

Aver meno spazio per giocare, o non poter giocare affatto, perché si è una bambina o un bambino non abbastanza conforme, è l’esperienza di un'ingiustizia e l’istallazione di diseguaglianze durevoli.

Se si togliessero i confini tracciati per terra ciò non impedirebbe a* bambin* di organizzare una partita di calcio, al contrario essa potrebbe essere fatta in condizioni di negoziazione diverse, in cui nessuna parte si avverrebbe di un disegno precedente per legittimare la propria volontà a discapito altrui. Non poter accedere allo spazio centrale del cortile, significa accontentarsi dei confini, dei margini, dei lati, significa non poter occupare liberamente lo spazio, e significa imparare a usare lo spazio che ci viene lasciato senza porci domande. E questo ha un effetto le cui conseguenze possono essere ritrovate in ogni angolo della società. Secondo Maruéjouls tale meccanismo è una delle ragioni che da un lato legittimano la presenza maschile nello spazio pubblico, e che dall’altro relegano le figure femminili nello spazio privato.

Questa piccola riflessione non pretende di aver trovato la causa dei rapporti di genere che caratterizzano le società odierne, ma vuole mostrare come tali rapporti non abbiano nulla di naturale. E come le cause possano essere rintracciate in innumerevoli componenti dello spettro che plasma i rapporti sociali.
Le cause, anzi, possono essere rintracciate anche negli elementi che si danno più per scontati e che si tende a non interrogare, come l’arredamento dello spazio. Essi rivelano un contenuto simbolico enorme: le origini dell’installazione dei ruoli di genere nei rapporti sociali sono molteplici.

Tendenzialmente quando si riflette sulla scuola e le differenze di genere ci si riferisce a materie comunemente considerate femminili o maschili. In particolare si parla delle alte aspettative nutrite nei confronti dei bambini nelle materie scientifiche, e dell'eccellenza richiesta alle bambine in quelle umanistiche,
senza prendere in considerazione il momento della ricreazione scolastica.

Tuttavia il modo in cui i corpi occupano lo spazio, in cui certi corpi son valorizzati a discapito di altri, che sono al contrario marginalizzati, è strutturante nella creazione dei rapporti di forza che caratterizzano la società. Se un bambino si sente legittimato ad aver uno spazio centrale, mentre un* altr* impara fin dagli anni scolastici che lo spazio che gli spetta è quello periferico, come possiamo pensare che sia il genere la causa della differenza dei ruoli sociali?

Il genere non è che l’effetto della ripetizione di certe norme, le quali relegano alcuni corpi in una posizione marginale e ne valorizzano altri attribuendogli
una visibilità maggiore
.


  1. Nel corso dell'articolo utilizzerò due registri: il linguaggio inclusivo con l'uso preponderante dell'asterisco, e il linguaggio binario per rispettare le modalità espressive della fonte principale di questo articolo (Édith Maruéjouls). ↩︎

Precisazioni:

Nell’articolo ho usato le categorie di sesso e genere in maniera indistinta facendole scivolare l’una nell’altra. Infatti non penso che la categoria di sesso rinvii a un dato biologico naturale, al contrario anch’esso è il prodotto di un discorso.

Approfondimento:

Judith Butler, Questione di genere: il femminismo e la sovversione dell’identità, capitolo 1 (dove si può trovare anche una spiegazione del duplice valore riconosciuto alla norma, teoria di origine foucaultiana) e capitolo 3 - sottoparagrafo “Un proscritto ascientifico per concludere”.

Edith Maruéjouls, geografa del genere, ha discusso la tesi di dottorato nel 2014 dal titolo “Mixité, égalité et genre dans les espaces du loisir des jeunes. Pertinence d’un paradigme féministe”, “Mixité, uguaglianza e genere negli spazi creativi dei giovani. Pertinenza di un paradigma femminista” (Il concetto di mixité rimanda alla presenza in un gruppo di persone dei due sessi), è fondatrice di L’ARObE, un centro specializzato in questioni di uguaglianza nello spazio pubblico, nei cortili scolastici e nei centri ricreativi. Maruéjouls nei suoi studi parte dal presupposto che nelle società odierna si sia acconsentito a una divisione binaria dei sessi, pertanto il suo approccio resta binario.

Bibliografia:

Maruéjouls, Édith. « La mixité à l'épreuve des loisirs des jeunes dans trois communes de Gironde », Agora débats/jeunesses, vol. 59, no. 3, 2011, pp. 79-91.

Maruéjouls, Édith. Raibaud, Yves. « Filles/garçons: l’offre de loisirs: asymétrie des sexes, décrochage des filles et renforcement des stéréotypes », Ville école intégration, no.167, 2012, pp.86-91. Hal-00658958

Simone de Beauvoir; 1949 Le deuxième Sexe, Tome 1.