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Se quel giorno mi avessero intervistato

Partecipando a una trasmissione televisiva, incorsi in una spigolosa intervista a sfondo sentimentale. Non avendo alcuna possibilità di esimermi da tale tortura, mi sottoposi al gioco senza considerarne i rischi. Scoprii troppo tardi la natura della trappola.

Se quel giorno mi avessero intervistato

Partecipando a una trasmissione televisiva, incorsi in una spigolosa intervista a sfondo sentimentale. Non avendo alcuna possibilità di esimermi da tale tortura, mi sottoposi al gioco senza considerarne i rischi. Scoprii troppo tardi la natura della trappola: le dichiarazioni sbagliate possono rivelarsi anticipatorie di amari allontanamenti. Ciò che inizialmente sembrava un'innocente intervista si tramutò, infatti, in un lapalissiano errore di valutazione.

3, 2, 1, in onda:

“Mi dica, se dovesse fare una dichiarazione d’amore, a chi si rivolgerebbe?”

“Per risponderle dovrei rivelare l’identità di una persona che ancora nulla sa del segreto che custodisco”, replicai.

“Tralasciando allora le generalità di tale persona - insistette il giornalista -, quali parole userebbe per dichiararsi? Almeno questo può dire”.

“Oh, lei desidera realmente che mi sbottoni e che mi abbandoni a un flusso carico di passionali parole? Ebbene, se questo comanda, non mi sottraggo e ubbidisco”.

Iniziando a intravedersi rischiosamente in me uno spiraglio di coraggio, un sorriso lasciò presagire le mie intenzioni. Così, dopo un breve momento di raccoglimento, proseguii:

“Mi trovo ora a pronunciare sentimenti celati a te e ai più, a manifestare pensieri custoditi con attenzione, a dichiarare quanto di più profondo e di autentico serbo in cuor mio. Mia volontà, sia mai, non è allontanarti o addirittura intimorirti. Anzi: ciò che ora esprimo nasce da un desiderio di sincerità pura, una sincerità che grida all’ascolto. Non mi è facile scoprire carte tanto importanti, così ti chiedo semplicemente di concedermi un momento di libera parola.

“È tempo ormai che, ora sporadicamente ora insistentemente, la tua persona presenzia ai miei pensieri solitari, che la tua figura si proietta nella mia mente assopita, che il tuo volto prende forma nei meandri del mio mondo onirico. Ti penso, ti vedo, ti sogno. Rincaso e vorrei il tuo corpo a me vicino, il tuo profumo guidarmi, la tua voce sussurrarmi vivacemente, il tuo dolce sapore accompagnarmi. Chiudo la porta di casa alle mie spalle e vorrei che la tua mano mi conducesse stretta, che la tua fragranza lasciasse una scia per ritrovarti, che il tuo richiamo risuonasse tra le vie del borgo, che il tuo gusto illuminasse l’intorno. In parole più chiare e distinte desidero dichiarare il mio sentimento per te”.

Ancora non so cosa mi spinse a un gesto tanto folle: forse la speranza - seppur minima - che vi fosse una risposta positiva, forse la necessità di esprimermi a voce alta, forse il desiderio di uscire da questo meccanismo vizioso e unidirezionale.

Questa - va riconosciuto - è una dichiarazione nata sepolta: la persona cui è destinata null’altro saprà darmi se non un triste smarrimento. Alle mie orecchie giungerà solamente una frase di scomoda circostanza e ai miei occhi un fugace sguardo compassionevole. La strada della lontananza verrà istantaneamente intrapresa e alcun punto di nuovo incontro sarà tentato. Un dolore lancinante porterà infine il vuoto. Di questa verità, almeno, il giornalista non farà menzione.