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Come nasce l'essere umano? Da un dono e da un furto, da un atto di amore, quindi, e dal suo tradimento, dal suono poetico del divino e dal favoritismo e dal tradimento del calcolo.

Figlia di Poiesis e Dianoia

Quando il silenzio regnava sul mondo,
sulle materie informi e contorte,
si vide un lampo di vita fecondo.


Zeus il cosmo ordinò con braccio forte:
muto stupore e zitta meraviglia
colpiron divi d’olimpica corte.


Ruppe la pace chi tra dèi consiglia,
Prometeo, antico e astuto santo,
e disse ché mancava a questa figlia:


“Quest’armonia, massimo tuo vanto,
è buia ancora se a sé lasciata!
Oh alto Etneo, cedile il mio canto.”


Ed ecco, la natura è narrata,
lodata in musica e in parole:
‘sì, nacque Musa dal fuoco animata.


E si accese in alto e caldo il Sole
e i raggi corsero verso il suolo,
e accolti timidi ancora da viole,


danzarono al canto d’usignolo.
Pure i venti si unirono alla festa
Infervorando il coro erbaiolo.


Ma ecco che giunse seconda richiesta;
non il titano stavolta aprì bocca,
ma suo figlio ch’uscì dalla foresta.


“Lumi che state su celeste rocca,
voi ringrazio, certo, per questo dono
ma ancor sete il cuor mio strabocca!


Di questo a te, Zeus, chiedo perdono;
da mio padre così sono nato:
a lui solo devo questo tono.”


Il Cronide, furente e adirato,
tuonò rimproveri e maledizioni
finché da Prometeo fu fermato.


“Nuvola Nera che dall’alto tuoni:
ti scongiuro, risparmia mio figlio.
Da me riceverà le punizioni!”


Così Zeus arrestò il suo artiglio,
per rispetto e pietà dell’antico
e pose fine a quello scompiglio.


Ma il titano all’homo era amico;
non fu punito ma ricompensato
col sacro omaggio di morder dal fico.


D’un altro fuoco egli fu abitato:
non più sola, ma doppia è la fiamma
che da quel giorno l’homo ha animato.


A voi il giudizio: fortuna, o dramma?


Dal momento in cui mi sono seduto, a quello in cui ho iniziato a scrivere è trascorsa un’ora. Un’ora per decidere il principio dell’articolo. Mille possibilità nascevano e si suicidavano ad una velocità allarmante. Mille incipit d’effetto, memorabili, si presentavano alla mia mente e per quanto stupendi nel nascere, un istante dopo avevano già perso tutta la loro efficacia e bellezza. Scrivere il famigerato “Principio”, insomma, è tanto difficile quanto necessario.

Ma la mia disperazione non si avvicina minimamente a quella che probabilmente attanagliò il primo essere umano, a cui questo bisogno esistenziale chiese di narrare il principio del tutto.

Differentemente da me, questo essere non ha aggirato il problema. Ha fatto silenzio ed è riuscito a sentire quell’arcana melodia che ancora oggi canta il mondo, scrivendone così la “prima pagina”. Non c’è civiltà senza mito cosmogonico; interrogarsi sulla propria origine è, per l’appunto, la via ancestrale con cui l’essere umano indaga se stesso.

Soffermandoci sulla tradizione greca e su quella giudaico-cristiana, che maggiormente hanno influenzato l’occidente, notiamo nel primato creatore del Verbo, o informatore del Logos, una convergenza. Da una lettura sinottica emerge dunque con evidenza che la realtà, se non propriamente creata dal suono, ne viene animata.

La proprietà esclusiva da parte dell’essere umano di questo fonema divino solleva un ragionevole dubbio sulle modalità attraverso le quali questi ne sia venuto in possesso, e in questo aspetto le Scritture e i poemi dell’Ellade divergono non poco.

Tre sono gli scenari possibili: il dono, la conquista o il furto.

Chiarisco, prima di proseguire, che tutt’oggi non sia chiaro se siamo in grado di ragionare e pensare perché parliamo o viceversa. Interessanti sono, a questo proposito, le teorie della Grammatica Universale di Noam Chomsky e la TCRM (Teoria Computazional-Rappresentazionale del Mentale) di Jerry Fodor, a cui rimando. Alla luce di ciò, in questo scritto, considererò la parola e il pensiero legati indissolubilmente senza pronunciarmi sul tipo di relazione che intercorre tra questi.

Tra i possibili sviluppi, quello della conquista sembra essere, in vero, il meno convincente: immaginando infatti una competizione di qualunque tipo, con la ragione come premio, tra l’essere umano (privo quindi di questa) e ogni altro vivente, non si spiegherebbe come il nostro presunto campione sia riuscito vincitore di suddetta impresa.

Restano dunque le ipotesi del dono e del furto.

La tradizione giudaico-cristiana depone in favore dell'essere umano. Il figlio di Dio avrebbe, infatti, ricevuto in dono la parola essendo stato creato “a Sua immagine e somiglianza” (Gen1, 28-26).

La tradizione greca, al contrario, lo descrive come un ladro, scampato alla punizione grazie ad una soffiata divina.

Ognuno, in base al proprio giudizio e parere, sceglierà quale partito difendere, ma per correttezza vi informo che dati i non pochi secoli trascorsi tale presunto reato sarebbe caduto in prescrizione. Il tempo ha messo una titanica pietra sopra la questione, e questo breve articolo tutto vuole essere, meno che un esercizio archeologico-metafisico. Non chiara, dunque, resta l’origine della voce umana, ma entrambi i casi suggerirebbero che l'umano fosse già qualcosa prima di essere stato toccato dal lume della ragione.

Si potrebbe, certo, controbattere che l’essere umano sia tale proprio in virtù di questo suo lume, e che quindi, prima di questo, egli non fosse altro che una sorta di scimmia al pari degli altri animali. In altri termini: non avrebbe senso parlare di un essere umano prima della ragione in quanto l'essere umano sarebbe divenuto tale solo in sua forza. In tal caso è necessario chiarire che la riflessione che stiamo portando avanti non corre sulla linea della storia: il mito non vuole, quindi, descrivere un’epoca preistorica. I “prima” e i “dopo” in questione sono da leggere sotto una valenza non temporale ma logica. Proseguendo su questa linea argomentativa, però, si finisce con l’identificare la totalità dell'essere umano con il suo pensiero, con la sua ragione, annichilendo, o nella migliore delle ipotesi, considerando come accidentale e secondaria, tutta la parte emotiva e, per così dire, irrazionale. Non sono però disposto a sacrificare tanto, in cambio di una vanagloriosa predominanza del pensiero razionale, rendendo la persona non molto differente da una calcolatrice mal funzionante.

Avendo recintato alla meglio questa infelice deriva, possiamo, con una giusta dose di timore, ardire di immaginare che cosa fossimo prima di quell’intellettivo tocco.

Un puro poeta.

Tanto la mitologia biblica quanto quella ellenica dipingono una creatura armoniosa nell’universo, prima dell’irruente e prepotente entrata in scena del raziocinio, sotto le spoglie del frutto dell’albero della conoscenza o del fuoco prometeico. L’Adamo dell’età dell’oro viveva all’interno dell’ordine cosmico, lo rispettava e ne raccoglieva i frutti generosamente messi a sua disposizione. Animato dalla prima fiamma, egli era una parte in perfetto equilibrio con il tutto: non chiedeva, non si interrogava, non era attanagliato dal dubbio o dall’incertezza. "Poesia”, dal greco ποίησις (poiesis) con il significato di "fare"; il canto dell'essere umano, unito al coro del tutto, si traduceva direttamente con un fare. L’ordine era il ritmo dei suoi versi.

Cosa spinse un essere tanto fortunato a chiedere di più?

Preso atto dell’oscurità di questo passaggio intermedio, l’uomo e la donna si ritrovarono con una seconda fiamma, una fiamma della stessa origine, potremmo dire, ma di un colore diverso.

Divenne una sorta di monolocale con due coinquilini: da una parte il canto armonioso di Poiesis, un ritmo scandito e contornato da linee morbide e flessibili, dall’altra Dianoia con i suoi concatenamenti universali, comprensibile a tutti e fonte del progresso. Descrivere ancora quali caratteristiche appartengano all’una o all’altra risulta essere impossibile. Col susseguirsi delle ere logiche, infatti, non sappiamo più quali tazzine siano della prima affittuaria e quali della seconda. Una usa le stoviglie dell’altra e viceversa, e i piatti si lavano a turno. Motivo per cui troverete tanti versi la cui chiarezza espositiva supera la prosa più lineare, quante righe la cui oscurità fa gola al poeta più intricato. Vi sono rime che descrivono il moto universale dei pianeti e sillogismi che giungono alla parte più profonda dei cuori.

La Musa poetica è scesa a compromessi con il senno, ma non ha perso l’ebrezza con cui è nata. Quella arcaica danza, a volte, si introduce nella ragione e genera Sofia.

Genera quella sensibilità al ritmo della realtà e quel bisogno di comunicarlo. Genera quel desiderio di riscatto dal disordine, quella sete di verità, quell’istinto a comprendere le “oscure pieghe dell’animo umano” come scrive Malebranche, talvolta innalzando il grande Salomone, talvolta trascinando nell’abisso l’Edipo distrutto.


Bibliografia:

W. F. Otto, Le Muse e l’origine divina della parola e del canto, Fazi editore, 2005.
M. Marraffa, A Paternoster, Persone, menti, cervelli, Mondadori, Milano, 2012.
Sacra Bibbia, CEI, Editio Princeps, 2008.
Esiodo, Teogonia, Biblioteca Universale Rizzoli, 1984.
Eschilo, Prometeo incatenato, Biblioteca Universale Rizzoli, 2004.
Sofocle, Edipo re – Edipo a Colono – Antigone, Mondadori, 2016.
N. Malebranche, La ricerca della verità, Laterza, 2007.
E. Kant, Critica della ragion pura, UTET, 2013.